Fratellino (pag. 112, pubblicato da Feltrinelli Collana Narratori) è un piccolo grande libro che dovremmo leggere tutti per comprendere appieno il dramma dei migranti.
Viene narrata da Amets Arzallus Antia, giornalista e poeta basco, la storia di Ibrhaim Balde che dalla Guinea, quella con capitale Conakry, arriva nei Paesi Baschi con tutto il suo carico di dolore e di speranza.
Il romanzo è la cronaca lucida ed essenziale di un viaggio drammatico che ci fa capire, senza vittimismo, cosa sono la traversata del deserto, il traffico dei migranti, la prigionia, la tortura, le violenze subite, la fame, la sete, il viaggio in mare tra mille pericoli ed avversità.
Ibrhaim Balde intraprende il viaggio per ritrovare suo fratello Alhassane e lascia nella sua patria l’anziana madre e due sorelle piccole: Fatumata Binda e Rouguiatou. Ma quali sono i motivi che spingono altre persone a lasciare la propiria Terra per avventurarsi in un altro mondo con costumi, abitudini, lingua e paesaggi diversi? Scampare alle guerre volute da governanti prepotenti ed assetati di potere, avere una vita migliore, ricongiungersi con altri membri della famiglia che vivono da anni in Europa, cercare un lavoro onesto e adeguatamente retribuito. Tutti hanno dovuto fare i conti con la paura, le sofferenze, la violenza esercitata dai trafficanti ed anche con la nostra indifferenza vittime di storie che pensiamo di conoscere ma che in realtà non riusciamo neppure ad immaginare.
Da troppo tempo si parla di emergenza migranti e di come sia difficile trovare soluzioni per questo fenomeno che sta assumendo proporzioni ormai fuori controllo. Ci si scaglia contro i migranti senza considerare che la loro presenza sul nostro territorio è un monito , una risorsa, un arricchimento per noi che abbiamo avuto la fortuna di nascere e vivere nella parte giusta del mondo. Solidarietà ed integrazione dunque insieme alla lotta ai trafficanti , la possibile soluzione.
Noi di Mydreams vi trascriviamo la preghiera laica di Erri De Luca che non si appella a un dio ma alle nostre coscienze:
“Mare nostro che non sei nei cieli
ed abbracci i confini dell’isola e del mondo
sia benedetto il tuo sale,
sia benedetto il tuo fondale,
accogli le gremite imbarcazioni
senza una strada sopra le tue onde
i pesactori usciti nella notte,
le loro reti tra le tue creature
che tornano al mattino
con la pesca dei naufraghi salvati.
Mare nostro che non sei nei cieli
all’alba sei colore del frumento
al tramonto dell’uva di vendemmia.
Ti abbiamo seminato di annegati
più di qualunque età delle tempeste.
Mare nostro che non sei nei cieli
tu sei più giusto della terra ferma
pure quando sollevi onde a muraglia
poi le abbassi a tappeto.
Custodisci le vite, le vite cadute
come foglie sul viale,
fai da autunno per loro,
da carezza, da abbraccio, da bacio in fronte,
madre, padre prima di partire”.