La romana Anna Cantagallo, medico e scrittrice di testi teatrali per la divulgazione delle scoperte scientifiche nonché curatrice per la Gremese Editore della collana scientifico-divulgativa La scienza in cucina, ha pubblicato per Castelvecchi il suo primo romanzo: Arazzo familiare, una saga al femminile ricca di colpi di scena ed intriganti segreti.
L’autrice così spiega la genesi dell’opera: «L’obiettivo del romanzo è quello di mettere in luce, attraverso le storie di donne comuni che si interfacciano con eventi eccezionali come le due guerre mondiali e il ’68, quei comportamenti che hanno condotto alla consapevolezza della donna moderna. Ogni conquista, personale e sociale, ha una sua genealogia».
Le vite di Maricò,Marilì e Marigiò (nonna, madre e figlia), si confrontano con la storia del ‘900 segnata da avvenimenti tragici quali i due conflitti mondiali e i moti del ’68. Tali eventi promuovono la crescita personale delle tre donne. Le tre storie procedono autonomamente in un sapiente gioco di piani temporali fino a fondersi nella lettura di un quaderno segreto lasciato dalla madre tra le ricette di cucina. La traccia di sapori antichi è il fil rouge del romanzo. La complessità della trama, nel gioco dei sentimenti e degli eventi narrati, costituisce un’appassionante sfida per il lettore.
Noi di Mydreams abbiamo avuto l’onore ed il piacere di intervistare la scrittrice Anna Cantagallo.
Quando e come è nata la sua vocazione di scrittrice?
«Come scrittrice letteraria ho iniziato tardi. Il mio lavoro professionale non mi permetteva di dedicarmi appieno a questa attività. Comunque, per comprendere come comunicare mi è stata utile l’esperienza di scrittura divulgativa ma, in particolar modo, di quella teatrale. Aristotele nel suo trattato La Poetica ha codificato che l’autore deve aver ben chiaro l’obiettivo, ovvero quale pensiero o idea vuole trasmettere, che verrà “seminato” attraverso le dinamiche emozionali messe in campo tra i personaggi. Questo è stato uno dei punti che ho trattato durante un corso di scrittura teatrale tenuto a giovani operatori sanitari impegnati a migliorare la loro empatia con i pazienti».
C’è stato un autore o un’autrice in particolare che l’hanno segnata profondamente e le cui opere consiglierebbe di leggere a tutti?
«Mi sono imbattuta per caso nel romanzo Nessuno torna indietro, di Alba Des Cepedes, pubblicato nel 1938. In quel libro venivano descritte le vite di otto giovani donne che desideravano, in quel momento storico repressivo, l’autonomia e la libertà di scegliere la propria vita. Uno scritto che coglieva, molto in anticipo rispetto al sentire del tempo, la rivoluzione già in atto nelle donne. L’autrice aveva poi sviluppato il filo condutture dell’emancipazione femminile nei seguenti romanzi, letti con grande attenzione, come Dalla parte di lei e il bellissimo Quaderno segreto, che mi è stato d’ispirazione come artifizio letterario».
Lei esercita la professione di medico e ha curato per Gremese Editore la collana scientifico-divulgativa La scienza in cucina dedicandosi anche alla scrittura di testi teatrali. Quando e perché ha sentito il bisogno di scrivere il romanzo Arazzo familiare?
«Ho iniziato a scrivere Arazzo familiare dopo aver ben maturato il pensiero di cui volevo parlare, ovvero della consapevolezza della donna attuale, nella convinzione che ogni conquista sociale e personale, ha la sua genealogia. Per questo sono andata indietro nel tempo, narrando la vita e le scelte di tre donne del Novecento. Per rendere credibile il contesto dove collocare i personaggi nelle varie epoche, ho dedicato tempo e impegno alla ricerca storica minuziosa. Inoltre, non potevo non ripescare nei ricordi lontani che mi appartengono, osservando le tante foto di famiglia e leggendo lettere scritte con elegante grafia. Le ricette descritte sono quelle delle donne della mia famiglia, contenute nella scatola di legno, come riportato nel romanzo».
Le tre protagoniste Maricò, Marilì e Marigiò (nonna, madre e figlia) si confrontano con la storia del ‘900. Quale di queste tre figure femminili è più vicina alla sua personalità?
«Ho dedicato molta attenzione nello sfaccettare la personalità delle tre donne con lo scopo di esaltarne la diversità, espressione del periodo storico dove le ho collocate. Ciascuna farà delle scelte che, nel bene e nel male, saranno diverse da quelle attese rispetto al senso comune. Per questo motivo, confesso che sento a me più vicina la prima donna della saga: Maricò, la nonna, la prima a fare un passo importante per la consapevolezza femminile. Per aiutare la famiglia, Maricò è mandata dal padre giovanissima a fare la dama di compagnia a una nobile sua coetanea; poi, al matrimonio di questa, ad affiancare il medico del paese come infermiera, professione appena istituita. Nei primi anni del Novecento non era comune che una giovane di buona famiglia lavorasse; Maricò lo fa per dovere. Tuttavia, quando rimarrà vedova e senza mezzi economici, preferisce rinunciare alla proposta di matrimonio di un antico spasimante. Rifiutare una vita senza problemi, vicino a uomo amato in passato, è una scelta di grande coraggio, sostenuta dalla consapevolezza che, con il suo lavoro, potrà farcela a mantenere se stessa e sua figlia».
Qual è il fil rouge che lega queste tre donne molto diverse tra loro?
«Nel romanzo sono descritte delle ricette di cucina che appartengono alla tradizione familiare. Le tre donne le tramandano nel tempo, consapevoli dell’importanza di mantenere questo legame culturale e affettivo. Chi cucina con esperienza e amore, immagina il piacere di chi gusterà i piatti avvolto nel calore sprigionato dal benessere gustativo e dal senso di accudimento».
Crede nella solidarietà femminile?
«Assolutamente sì. Le donne unite possono fare molto nei momenti di difficoltà. Nel romanzo ho descritto un episodio esemplare che riguarda la seconda donna, Marilì, avvenuto nel 1945, nel periodo prossimo alla Liberazione. Le sue amiche, sfollate come lei in un paesino della Tuscia, mostrano una capacità di aiuto straordinario, mettendo in atto fantasia e coraggio, perché lei possa ricongiungersi alla figlia».
Quali avvenimenti del secolo scorso ritiene fondamentali per comprendere le vicende storiche attuali e che hanno dato una spinta maggiore alla parità uomo-donna?
«Le due guerre mondiali hanno creato le condizioni in cui forzatamente le donne sono state chiamate a uscire fuori di casa. Durante la Grande Guerra, le donne hanno sostituito gli uomini, impegnati al fronte, in alcuni lavori, diventando conduttrici di tram, postine o operaie al tornio, dimostrando di essere in grado di fare tali lavori. Durante la Seconda guerra mondiale, le donne hanno fatto di più, impegnandosi fino a rischiare la vita come staffette partigiane o nelle spedizioni nei campi per racimolare viveri per la famiglia. Durante il ’68, la donna si è messa in discussione con i compagni nelle lotte studentesche, protestando e occupando, e poi con se stessa nel confronto con le altre donne. Se questo riguarda il passato, credo che oggi dobbiamo guardare alle donne che stanno brillando come eccellenze in tanti campi, in precedenza di predominio maschile. Donne che solcano i cieli come pilote o astronaute, donne direttrici di prestigiosi istituti di ricerca, donne manager, donne medico e così via. Tuttavia, queste donne sono ancora numericamente troppo poche perché si possa parlare di vera parità. Mancano donne ai vertici della politica, come donne con vero potere decisionale».
La copertina del libro è molto particolare. Può dirci chi l’ha realizzata e qual è il suo significato simbolico, senza svelare i colpi di scena e gli intriganti segreti del romanzo in modo da tenere viva la curiosità del lettore?
«La copertina è stata concordata con la redazione perché ben rappresenta la svolta favolistica del colpo di scena finale. Nella premessa viene presentato un personaggio del mito che tesse un arazzo, simbolo dell’intreccio delle vite delle tre protagoniste. L’immagine e la premessa sono in sintonia».