É finalmente nelle sale Parthenope di Paolo Sorrentino, presentato in concorso al Festival di Cannes con: Celeste Dalla Porta, Stefania Sandrelli, Luisa Ranieri, Isabella Ferrari, Silvio Orlando, Peppe Lanzetta, Gary Oldman, Dario Aita, Lorenzo Gleijeses, Daniele Rienzo.
Il film parte dal 1950 ed arriva ai giorni nostri e racconta la vita di Parthenope Di Sangro (Celeste Della Porta-Stefania Sandrelli), una fanciulla a cui viene dato tale nome per omaggiare Napoli. E il regista Paolo Sorrentino l’accompagna dolcemente fino alla maturità svelando passioni e umori stettamente legati alla città e al suo territorio fatto di pietra lavica compatta e calda, tufo ingiallito come la faccia di San Gennaro, scogli aguzzi e insidiosi illuminati da un sole cocente , mare turchese venato di verde ed azzurro di giorno e scuro di notte come le ombre generate dalla Luna caprese.
Parthenope vibra e si abbandona alle avversità della vita e alla crudeltà del dolore sebbene sia nata nelle acque di Posillipo che per definizione dovrebbero liberarla dagli affanni. Da subito viene amata e adagiata in una carrozza-culla sfarzosa, ricca di ricami e tendaggi di colore rigorosamente azzurro e vezzeggiata da coloro che la circondano.
Il suicidio del fratello Raimondo , i primi tormentati amori adolescenziali, le fatiche dello studio rese meno ansiose dal professore Donato Marotta padre di un figlio disabile, la vicinanza con lo scrittore John Cheever realmente esistito, la frequentazione con le attrice Flora Malva e Greta Cool, l’influenza diabolica del cardinale Tesorone viscido e rattuso la rendono una donna capace di allontanarsi persino da Napoli che ha tanto segnato il suo destino perché era già tutto previsto.
Gli spettatori non possono fare a meno di notare alcune similitudini con la vita del regista oscurata dalla perdita prematura dei suoi genitori, dalla volontà di affermarsi nel campo dello spettacolo, dalla necessità di abbandonare la propria città di origine. Pertanto Paolo Sorrentino può affermare, come Gustave Flaubert: “Parthenope ,c’est moi!” privilegiando per la prima volta una donna come protagonista di un suo film e poi per le ragioni svelate in una lunga intervista rilasciata a Mattia Carzaniga della rivista Rolling Stone di cui trascriviamo questo significativo passaggio: «Dal momento che io considero la bellezza della vita di ciascuno di noi la nostra epica, ma non potendo essere nessuno di noi epico come lo è stato Ulisse, mi è parso più appropriata se fosse appartenuta ad una donna. Mi sembrava che questa selvaggia vitalità dell’epica su un uomo fosse culturalmente più scontata, mentre su una donna più interessante, sfaccettata se non altro perché storicamente la donna combatte per la libertà in maniera più profonda, assidua e faticosa di quanto non lo faccia un uomo».
In Parthenope si sente il profumo del mare, il calore del sole accecante, lo sguardo della giovinezza che cattura i ricordi di una vacanza estiva, le schiene imperlate di sudore, il vento che spettina i lunghi capelli della protagonista, il sapore dei baci e delle carezze rubate, il colore vivido del sangue, le lacrime amare versate e da versare, il socchiudere gli occhi per la troppa luce e per la troppa bellezza, lo scorrere inesorabile del tempo in sintonia con il mito della Sirena Parthenope.
Ogni inquadratura, ogni personaggio presente in Parthenope rappresenta un grido d’amore verso Napoli e i suoi abitanti, compreso lo sfogo dell’attrice Greta Cool dettato proprio dal suo rapporto conflittuale con la città e con coloro che hanno la fortuna o la fortuna di viverci.
Alcune scene, ne siamo certi, resteranno nella storia del cinema italiano non solo per la bellezza con le quali sono state realizzate ma anche per la loro profondità simbolica. Ci riferiamo in particolare alla scena della grande fusione ovvero l’accoppiamento di due timidi ragazzi provenienti da due famiglie camorristiche diverse e l’altra relativa all’incontro di Parthenope con il cardinale vestita con i soli gioielli dal valore inestimabile del Tesoro di San Gennaro.
Paolo Sorrentino saluta gli spettatori con un’ultima frase dissacrante ed ironica : «E comunque Dio non ama il mare. Dio non ama il mare, ricordatevelo. Arrivederci». Noi invece continuiamo ad amarlo a dispetto anche della Ortese perché il mare è sinonimo di apertura, via di fuga e di riscatto. Il naufragar è dolce in questo mare da sempre dimora dalla sirena Parthenope che ancora oggi affascina ed incanta coloro che sanno dove trovarla.