Presentato alla 79esima Mostra del Cinema di Venezia, il film di Gianni Amelio, Il signore delle formiche, prende spunto da un celebre processo degli anni ‘60.
Il drammaturgo, poeta e mirmecologo Aldo Braibanti morto nel 2014, fu condannato a nove anni di reclusione per aver plagiato cioè sottomesso alla sua volontà, in senso fisico e psicologico, un suo studente maggiorenne. Il giovane fu ricoverato in una casa di cura e sottoposto ad una serie di elettroshock ed iniezioni di insulina affinchè guarisse dall’omosessualità. (Molti in quegli anni ricorrevano a Padre Pio e addirittura agli esorcisti!).
Bisognerà attendere il 1981 affinchè il reato di plagio sia abolito dal codice penale perché ritenuto incostituzionale con la sentenza N°96 (Pubblicazione Gazzetta Ufficiale n° 158 del 10 giugno 1981).
Il signore delle formiche segue le vicende dell’accusa e del processo contro Braibanti che nel film è impersonato da Luigi Lo Cascio attraverso lo sguardo solidale di un giornalista de L’Unità, Ennio Scribani (Elio Germano). Degne di nota sono le posizioni del PCI, il grande partito operaio, influenzato dalle idee oscurantiste del Vaticano e quelle di un’Italia repressiva e ostile verso gli omosessuali.
Il film ben scritto e ben girato si avvale della presenza di due attori molto noti ed amati dal pubblico: Luigi Lo Cascio ed Elio Germano.
Il primo è uno straordinario Braibanti, credibilissimo nel ruolo di un professore che seduce ed ammalia con il solo uso delle parole che diventano citazioni, poesie, riflessioni, osservazioni su tutto quello che costituisce il nostro mondo fatto di emozioni e sentimenti. Il suo personaggio non deve risultare empatico e Lo Cascio fa di tutto perché ciò non avvenga con pause studiate, ruvidezza nei modi, arrabbiature frequenti ed immotivate rivolte ai suoi seguaci nel laboratorio creativo de la Torre, nelle campagne del piacentino.
Elio Germano riesce con il suo sguardo contenuto e solidale a sottolineare l’assurdità di quel clima bigotto e repressivo nell’Italietta del boom economico nonché l’impotenza della carta stampata nel formare un’opinione larga e condivisa su temi di grande attualità.
Il suo personaggio rassomiglia molto di più ad un investigatore privato per la giacca marrone di finta pelle e il cappello che non viene tolto neppure nell’aula del tribunale. È un giornalista atipico, capace di scontrarsi con le direttive di partito rigide ed anacronistiche. A questo proposito è illuminante la scena nella quale Ennio, che sa parlare bene la lingua russa aggiorna una delegazione del PCUS in visita nella capitale sui destini di Braibanti che è accusato di amare un ragazzo. La compagna sovietica non risponde ma il suo volto esprime disgusto.
Ma la vera rivelazione del film è l’ottimo Leonardo Maltese nel ruolo difficilissimo di Ettore Tagliaferri. Degne di nota sono le scene toccanti durante il processo dove Leonardo/Ettore, molto provato, riesce ad esprimere la sua verità che dovrebbe scagionare il professore Braibanti ma che invece lo inchioda alle sue presunte responsabilità con l’aggravante che per l’accusa tale verità è una ulteriore conferma che il giovane è stato plagiato.
Leonardo Maltese che rivedremo nel film di Marco Bellocchio La conversione ha tutte le carte in regola per diventare un attore di cui si parlerà nei prossimi decenni.
Il signore delle formiche è un film da vedere e da far vedere.
Il suo pregio più grande è quello di aver contribuito ad una riflessione matura sui temi legati all’omosessualità , temi ancora per molti aspetti irrisolti e che ancora oggi , a distanza di oltre 50 anni, dividono l’Italia.