A circa tre anni di distanza da “Canzoni al crocicchio” torna con il suo quarto lavoro Gerardo Balestrieri. Si intitola “Quizàs” ed è il secondo disco dell’anno al premio Tenco 2013 per la sezione interpreti.
Trent’anni di concerti vengono così racchiusi in 18 tracce in cui troviamo brani cantati in ben sei lingue, incorniciate da una ricerca sonora che va dal western all’immaginario multietnico, dallo swing al blues.
Diciotto tracce che racchiudono una storia, che sia quella di Balestrieri o la nostra poco importa: “Quizàs” stesso è la storia.
Memoria personale e collettiva, musica popolare e cantautorale si intrecciano e ritrovano grazie a ventisette melodie diverse eppure così unite tra loro. La nota finale di ogni traccia sembra semplicemente aspettare l’incipit di ogni nuovo brano. Ed ecco come, inspiegabilmente, ascoltare tutto d’un fiato queste reinterpretazioni ci fa ritrovare al centro di una magia senza trucchi da scoprire.
Balestrieri rivela ciò che solitamente riteniamo ovvio e che invece tanto ovvio non è. La sua musica rievoca i nostri ricordi più nascosti, ci conduce per territori inesplorati che avevamo paura a percorrere da soli.
Complici di questo incredibile interprete sono i grandi maestri: da Conte, De Andrè, Carosone fino ad arrivare a Waits e Gardel. Nessun brano è lasciato a caso e questo lo si capisce dall’ascolto della meravigliosa “Alle prese con una verde milonga”.
Il segreto di quest’album può, secondo me, racchiudersi in una semplice parola: contaminazione.
Al giorno d’oggi siamo bombardati da brani già sentiti, da melodie che rievocano altre melodie, da parole che danno vita ad altre parole. In questo caos musicale, emotivo, in questo disordine di memorie e suoni si fa spazio “Quizàs”. Un disco di cui tutti conoscono almeno venti tracce, un lavoro in cui ogni traccia torna ad essere un pezzo nuovo da scoprire.
Ascoltare questo cd, che lo si faccia in macchina o con le cuffie da studio poco importa, vuol dire dedicare del tempo alla riflessione e al viaggio.
Balestrieri si diverte a condurre anche l’ascoltatore più distratto da Buenos Aires ai Quartieri Spagnoli di Napoli, da Los Angeles alla famosa “Via dei Matti”. Il cantautore sussurra all’orecchio dei più attenti i segreti nascosti della sua opera e stupisce per la miriade di citazioni cinematografiche e musicali presenti in quelle che apparentemente sembrano “semplici note”.
Ogni brano rasenta l’assoluta perfezione: c’è spazio solo per le emozioni.
L’incanto non svanisce nemmeno durante il tempo d’attesa tra una traccia e l’altra: anche il silenzio diviene espressione sonora.
Un lavoro brillante, un disco che ricorda a tutti non solo da quale ricchezza musicale proveniamo, ma anche e soprattutto quanta ancora ne abbiamo da scoprire.
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