«L’ho definito l’album dell’immaturità perché mi sembra che io stia facendo un percorso inverso, abbandonando la terra ferma dei clichè e delle canzoni immediate, quelle che canticchi e ascolti, un attimo dopo». È così che Matteo Passante descrive, Il Grande Stupore, nuovo disco in uscita. Pubblicato con MusicRaiser, prodotto artisticamente da Lele Battista e suonato con la fedele Malorchestra. Matteo Passante lancia un concept composto da tre parole chiave: osare, coraggio e rischiare. Con il terzo album in corsa dopo Welcome to Love (2014) e Signora clessidra e lo sposo bambino (2010), Matteo Passante, divulga con Il Grande Stupore, un augurio verso tutti quelli che non sanno più che cos’è la meraviglia. Undici tracce pronte a diffondere un algoritmo rinnovato, che parte da una nuova sinergia con la Malorchestra, alias Diego Scilla alle tastiere, Marco Vismara alle chitarre e arrangiamenti, Luca Moroni al basso e contrabasso, Raffaele Pellino alla batteria. Un lavoro discografico che unisce i temi della storia, con quelli della quotidianità, fino a toccare vicende umane, descritte in modo puro ed essenziale. Abbiamo intervistato l’artista Matteo Passante.
Il Grande Stupore è l’album da te definito dell’immaturità. Ci spieghi il filo conduttore di questo contenuto?
«Qualcuno ha detto che un uomo può avere due volte vent’anni, senza averne quaranta. Questo è un po’ il concetto che c’è dietro la mia affermazione. Ogni volta che mi avvicino ai venti, che sia la prima o la seconda volta, ho la bella sensazione che tutto sia per ricominciare. Anche il gusto musicale».
Quando Matteo Passante capisce che tra maturità ed immaturità, la strada da perseguire fosse quella della musica?
«In realtà non c’è mai stato un momento in cui ho scelto. La musica è stata una compagna di viaggio per questi 39 anni. Mi ha sopportato anche se non la comprendevo sempre. Mi ha supportato quando sulla bilancia i rimpianti erano superiori ai rimorsi. La musica si è fatta scegliere come una bella moglie».
Il grande stupore descrive uno spaccato sociale. Cosa rappresenta per te questo nuovo lavoro?
«Tante fotografie scattate all’interno di un condominio. Tutti entrano dallo stesso portone, ma ognuno ha il suo piano, ha la sua storia. Felice oppure triste che sia, che ascolti musica dance o Sergio Endrigo, le musiche si mescolano. Quell’androne è il mio album, il nostro album».
Undici pezzi ricchi di intensità e spunti. Ce n’è uno tra tutti che senti particolarmente?
«Ogni giorno ne sento mio uno diverso, dipende dall’umore. Per tornare all’immagine di prima, quella del palazzo, ho amici per ogni piano. Li frequento tutti, non ho saputo mai scegliere».
Come e quando nascono i brani?
«Ovunque. Anche in macchina mentre mi dirigo in Raffineria, il posto in cui trascorro l’80% del mio tempo. Ma anche nelle metro, sui tram, per strada. Qualcuno o qualcosa si fa notare e parte una musichetta in testa, partono delle parole».
Dopo il successo di partenza de Il grande stupore, quali sono le aspettative in riserbo?
«Mi riserbo di non avere aspettative. Sui treni bisogna salirci, non aspettarli. Quando arrivano è già tutto finito. Io voglio portare l’album in giro, ovunque capiti, che sia con la band al completo, voce e chitarra, a cappella. Devo tempo e rispetto a quest’arte».