Dal 29 novembre è nelle librerie e negli store il nuovo romanzo di Maurizio de Giovanni dal titolo Caminito – Un aprile del Commissario Ricciardi (Ed. Einaudi Collana Stile Libero Bis pag. 269).
È il tredicesimo romanzo dedicato a Ricciardi dopo: Il senso del dolore , La condanna del sangue, Il posto di ognuno, Il giorno dei morti, Per mano mia, Vipera, In fondo al tuo cuore, Anime di vetro, Serenata senza nome, Rondini d’Inverno, Il purgatorio dell’angelo, Il pianto dell’alba.
Questa volta il noto Commissario, con l’aiuto del fido Brigadiere Maione, dovrà fare luce sull’omicidio di due giovani barbaramente assassinati forse per ragioni politiche.
Noi di Mydreams abbiamo seguito via streaming un incontro con l’autore organizzato dalle librerie UBIK per Connessioni.
Sono trascorsi tre anni dall’uscita de Il pianto dell’alba e cinque nella vita del Commissario Ricciardi. In questo nuovo romanzo siamo infatti nel 1939. Cosa ha fatto il protagonista del romanzo in questo lungo lasso di tempo?
Devo rispondere a questa domanda non parlando di Ricciardi ma di me stesso. Avevo deciso di chiudere le vicende legate al Commissario nel 1934 perché dopo questo anno il regime si consolidò, divenne più forte e io non volevo raccontarlo. Poi mi sono capitate due cose molto personali: la morte di mia madre che mi ha procurato un dolore devastante e il mio ricovero in ospedale. Non si è mai preparati alla perdita di una persona cara anche se hai altri affetti quali fratelli, moglie, figli. Ma ho capito che anche con una perdita enorme le persone sopravvivono e non scrivendo più io sottraevo la sopravvivenza ai miei personaggi. Quotidianamente incontravo persone che mi chiedevano di Ricciardi e quando ho rischiato di morire mi ha fatto visita proprio lui che mi ha detto:” Nessuno mi racconterà più”. Uscito dall’ospedale ho chiamato il mio editore e gli ho detto che avrei scritto un altro libro su Ricciardi. Scrivere è molto faticoso, almeno per me, perché si tratta di un’immersione totale nella vita dei miei personaggi e non sapevo se avessi avuto la forza di scrivere date le mie condizioni di salute. Ho intitolato il libro Caminito perché è una canzone bellissima, coinvolgente e tanto amata dai miei genitori.
Il 1939 è un anno molto importante per l’Italia. Come ti sei documentato storicamente?
Per fortuna Valentina e Stefania mi aiutano per quanto riguarda le ricerche storiche. Il ‘39 è un anno cruciale: si consolidano le campagne in Albania e in Africa orientale, si stringe con la Germania il Patto d’acciaio. È un periodo molto complesso che mi fa pensare all’attualità. Quando si scrive bisogna avere uno sguardo contemporaneo senza pensare ai decenni successivi, col senno di poi. Devi raccontare le cose come le vedrebbe una persona che vive in quell’anno, in quell’epoca storica. Il fascismo si era consolidato a tal punto da ricevere il 95% dei consensi e chi aveva votato per quel partito non era né stupido, né ingenuo. Il popolo si era fidato. Ricciardi soffre di una paura cronica resa più acuta dalla nascita di Marta. Prima era più temerario ora sente la sua responsabilità di padre e ha paura di lasciarla sola.
Il sottotitolo di Caminito è: Un aprile del Commissario Ricciardi. Perché proprio aprile?
É il mese della primavera che è ingannevole, truffatrice ma porta con sé le premesse dell’estate. È il mese delle ciliegie che mangiate in grande quantità possono fare male. E poi mi piaceva la corrispondenza di questo mese in Argentina dove è autunno. Ho puntato su questa duplicità: primavera-autunno e solitudine e gelo. Il fascino di queste passeggiate su queste stradine solitarie. Penso di utilizzare nei prossimi romanzi altre due canzoni: Perfidia, che però a ben pensarci non è un tango come Caminito ma un bolero e Volver.
In Caminito è molto sentito il tema della genitorialità.
Sì, è vero. Il mio essere padre supera di gran lunga anche il fatto che io sia uno scrittore. Sento spesso i miei figli e mi godo la loro amicizia. L’essere padre ti cambia la vita in meglio: ti rende più consapevole e ti investe di responsabilità. Nei miei personaggi questo sentimento paterno o materno è molto forte. Ad esempio Bambinella ha un atteggiamento materno soprattutto nei confronti del Brigadiere Maione pur non essendo madre. Nelide ha una devozione per Marta e una determinazione a svolgere il suo ruolo di governante nei confronti di Ricciardi. Maione e sua moglie Lucia hanno un forte amore verso Benedetta pur non essendo una loro figlia.
Nel libro ci sono delle pagine stupende che riguardano Giulio Colombo, il nonno di Marta. Come hai intercettato queste emozioni non essendo ancora nonno?
Uno scrittore deve immedesimarsi nei personaggi che crea. Entrare in Giulio mi ha fatto ritrovare questo sentimento ed è stato facile raccontarlo. Marta gli ricorda tanto la figlia. Inizio a scrivere i miei romanzi nei mesi di ottobre-novembre. Mio figlio un giorno starnutì ed io gli dissi di stare attento alle allergie. Pensavo fosse aprile, il mese del mio romanzo e mio figlio mi guardò con aria stranita. Questo per dire che non solo mi immedesimo nei personaggi ma anche nel periodo temporale dei misi scritti. Penso che sia facile per tutti i lettori immedesimarsi nei miei personaggi, sicuramente è più difficile farlo per quelli negativi tipo pedofili, serial killer o coloro che compiono delitti efferati.
In Caminito c’è anche il tema della ribellione attraverso il personaggio di Bruno Modo.
Questo è il personaggio che ha subito un forte cambiamento rispetto agli altri, da ironico è diventato sarcastico. Modo ha paura. Ha visto l’avanzata del regime e teme per la sua vita e per la perdita della libertà. È convinto che il suo aiuto sia un delatore, una persona che lo denuncerà alle autorità. Ha una sua idea sul duplice delitto ma non è un dissidente.
I tuoi personaggi rispecchiano quelli che poi vediamo in TV?
Lo scrittore vede i suoi personaggi dall’interno e non esternamente. Quante volte ci è capitato di vedere una nostra foto e di non riconoscerci. Abbiamo detto: “Ma questo non sono io!” Di Ricciardi io conosco benissimo i sentimenti e le emozioni ma non ti saprei dire esattamente l’aspetto fisico dei miei personaggi. Mi sono abituato a vedere Lino nei panni di Ricciardi. Egli è molto emotivo, sensibile, ottimo attore ma non ha quella spigolosità che appartiene a Ricciardi. Ma il vero Ricciardi è lui, per tutti. Quando ho presentato poche sere fa Caminito al teatro Diana di Napoli abbiamo letto alcune pagine che riguardavano Nelide e subito è scoppiato un fragoroso applauso da parte del pubblico presente in sala. Questo per dire che ormai Nelide è diventata una maschera ed è nel cuore di tutti i lettori.
Si può iniziare a scoprire il Commissario Ricciardi senza aver letto i romanzi precedenti?
Credo di sì ma sarebbe interessante condurre un’indagine in questo senso.