Jennà Romano, cantante, musicista, scrittore, compositore e fondatore dei Letti sfatti, molto attivo in questo periodo con collaborazioni importanti e durature che caratterizzano il suo percorso, artistico, ci parla di questi incontri?
«Penso che ciò che spinge un artista a confrontarsi con altri artisti è quella curiosità simile a quando si mischiano due colori per darne vita a uno nuovo. Io sono stato fortunato ad incontrare dei veri e propri maestri; è successo, per quanto riguarda la musica, con Franco Del Prete che ho incontrato quando ero giovanissimo e lui, come ha sempre fatto con tutti, fu curioso di ascoltare cosa facevo. Poi ho voluto fondere la musica con la letteratura cosa che mi è stata resa possibile con Erri De Luca con cui ho scritto una canzone dal titolo “Questa città”, poi diventata anche un libro con dvd, che mi ha dato la possibilità di esordire nello scrivere dei racconti. Altro incontro importante è stato quello con Peppe Lanzetta con il risultato di un cd che andava a scardinare la forma canzone dal titolo “Non canto, non vedo, non sento” che valse la candidatura come miglior disco del 2017 al Premio Tenco. Poi la collaborazione più strettamente cantautoriale con Tricarico. Con lui abbiamo scritto brani per il suo disco di cui uno cantato anche da Arisa e un altro in cui Francesco Tricarico ha duettato con Francesco De Gregori».
“Maria Maddalena” è un brano bellissimo realizzato con Lucio Dalla, come è nato e che senso ha avuto riproporlo recentemente?
«Scritto da Franco Del Prete e me per un progetto che Franco stava realizzando con gli Ascenn un gruppo da lui fondato negli anni ’80. Poi lo stesso testo fu rielaborato per un disco di Napoli Centrale e fu cantato da James Senese e Lucio Dalla. Lucio si innamorò subito di quel brano e venne a Napoli per cantarlo. Fu un momento bellissimo e Franco capì che solo uno come Lucio, nonostante non napoletano, poteva dare peso a certe parole. Anche Franco era innamorato di quel brano infatti dopo qualche anno il brano fu riproposto anche dal suo gruppo i Sud Express».
Come sono nati i letti sfatti e qual è il vostro concept?
«I Letti Sfatti sono nati dopo che ho preso coraggio a cantare le canzoni che scrivevo di nascosto mentre facevo parte delle prime formazioni esclusivamente come chitarrista. La formazione è mutata molto nel tempo, praticamente della formazione iniziale sono l’unico rimasto. Ora siamo un duo con Mirco Del Gaudio ed io suono vari strumenti a corde compreso una chitarra con cui suono contemporaneamente chitarra e basso. I Letti Sfatti sono la mia idea di realizzare cose che vanno in una direzione che non presuppone qualcosa di definito anche perché come dice un mio amico: lo stile uccide l’arte».
Le periferie sono il fulcro della sua musica, rappresentano una madre- matrigna, linfa e veleno, ci spiega?
«Vivere in provincia mi ha permesso di avere un’identità non dipendente artisticamente dalla città. Quello che produco, sia musicalmente e sia come scrittore, è per forza di cose legato al territorio in cui vivo anche se cerco di non cadere nel meccanismo del microcosmo. Ci sono artisti che funzionano e fanno concerti solo a Napoli e provincia. C’è qualcosa da capire e dei luoghi comuni da sfatare: non è che se si è geneticamente napoletano si ha per forza una marcia in più rispetto al resto dell’universo».
Oltre alla produzione musicale porta avanti anche la scrittura, in che modo?
«É uscito da pochissimi mesi “Il Lanciatore di donne” un libro + album di canzoni. Si tratta di nove racconti e alla fine di ogni racconto c’è una canzone strettamente legata al racconto stesso. C’è un QR code che permette di ascoltare e scaricare la canzone subito dopo aver letto il racconto. Sto lavorando ad uno spettacolo live che vede insieme quattro folli: Sandro Ruotolo, Peppe Lazetta, Daniele Sanzone degli A67 e me. Mi diverte e mi stimola tantissimo il fatto di creare musica come se fosse una colonna sonora di un film che si sta girando su di un palco e poi cantare canzoni che fanno pensare».