«Il riso uccide la paura». Aristotele
A cinque anni dall’uscita di Troppo Napoletano, arriverà al cinema il 23 settembre prossimo il nuovo film di Gianluca Ansanelli, liberamente tratto dal best seller di Pino Imperatore Benvenuti in casa Esposito. Le avventure tragicomiche di una famiglia camorrista, Ed. Giunti 2012 , pagine 268. Portato già a teatro con la regia di Paolo Caiazzo, non si esclude che possa in futuro diventare un’opera lirica o un musical a detta del nuovo regista e dei produttori, i fratelli Cannavale ed Alessandro Siani.
Tonino Esposito (Giovanni Esposito), figlio del celebre boss della camorra del Rione Sanità Don Gennaro (Gennaro Silvestro) è ingenuo, goffo e maldestro . Alla morte del padre i traffici illeciti vengono condotti da Pietro De Luca ‘O Terremoto (Francesco Di Leva) perché Tonino non sa farsi rispettare e di conseguenza non sa farsi odiare da chi dovrebbe temerlo. Addirittura accetta la riduzione del 10% sul pizzo, eufemisticamente chiamato contributo alla sicurezza del quartiere, da parte dei commercianti taglieggiati, pagando di tasca propria la differenza!
Le cose cambiano quando scopre che sua figlia Tina (Noemi Piscopo) ha una simpatia amorosa per il figlio di un magistrato che vuole scovare ed incastrare il pericoloso boss del Rione Sanità. A questo punto la vicenda prende una piega inaspettata tragicomica e Tonino avrà la possibilità di riscattarsi e ritrovare anche l’armonia familiare perduta.
Accanto al protagonista Giovanni Esposito, completano il cast: Peppe Lanzetta (Don Raffaele e Voce Narrante),Salvatore Misticone (Nonno Gaetano), Nunzia Schiano ed Elisabetta Pedrazzi (le due nonne), Antonia Truppo (Patrizia, la moglie di Tonino),Gennaro Guazzo (Genny, l’altro figlio di Tonino).
Noi di Mydreams abbiamo partecipato alla conferenza stampa di presentazione del film che si è tenuta stamani al Cinema Metropolitan di Napoli , alla presenza del regista e del cast.
Ecco come si è espresso Gianluca Ansanelli: «Ridere può essere un ottimo antidoto da usare contro le cose che maggiormente ci spaventano. Questo è quello che succede in Benvenuti in casa Esposito, dove l’arma della risata è utilizzata per esorcizzare uno dei mali più angoscianti del nostro tempo: la camorra. Il personaggio di Tonino Esposito, antieroe comico per eccellenza è goffo, impacciato, ingenuo ed intimamente convinto di essere un duro ma nei fatti, incapace di fare del male a una mosca. Il dilemma sul quale si arrovella è questo: è un cattivo come avrebbe voluto la buonanima di suo padre o è un buono come lo sprona a diventare sua madre? Tonino vorrebbe seguire le orme del padre ma sua figlia Tina , disprezza profondamente la cultura dell’illegalità ed entra in conflitto con il proprio padre. Leggendo il personaggio del libro ne sono rimasto affascinato ed ho cercato di darne una dimensione filmica, arricchendo la trama di elementi narrativi inediti, supportato da un cast di attori eccezionali, primo fra tutti Giovanni Esposito, che finalmente ha ottenuto un ruolo da protagonista rivelando anche qualità canore. In effetti il mio intento non era quello di raccontare l’aspetto criminale della camorra, quanto piuttosto gli esseri umani che ci sono dietro. E proprio come Tonino anche Napoli ha due facce: da una parte c’è la sua anima oscura, fatta di delinquenza ed illegalità e dall’altra la sua parte bella fatta di umanità e calore. La redenzione finale di Tonino Esposito è il messaggio più importante del film ovvero un messaggio di speranza per tutta la città, affinchè possa riscattarsi da un certo tipo di stereotipo criminale e mostrare finalmente la parte migliore di sé».
È stata poi la volta delle domande da parte della stampa .
Complimenti a tutti, regista ed attori, soprattutto per il messaggio che viene proposto di speranza e di riscatto per Napoli. Abbiamo molto apprezzato il siparietto musicale con il brano Latitanza sia. È stato difficile inserirlo nel film? Abbiamo scoperto un Giovanni Esposito cantante.
Giovanni Esposito: «Ringrazio a nome di tutti per i complimenti ricevuti. Io mi vergogno sempre quando devo cantare però il pezzo Latitanza sia, che è stato scritto dal Maestro Enzo Savastano su testi di Valerio Vestoso, è bello, orecchiabile e funzionale alla storia. L’idea è stata lanciata , fortemente voluta e perseguita dal regista che ci ha creduto dal primo momento. Poteva sembrare azzardato fare una cosa del genere invece Ansanelli ha avuto ragione in tutto e per tutto perché quando l’ho visto al montaggio ho capito che era un momento meraviglioso del film , una sorta di frattura divertentissima. Voglio ringraziare anche Gennaro Guadagnuolo che è il nostro coreografo che è presente in sala».
Gianluca Ansanelli: «Nel film c’è tanta roba in più rispetto al libro. Ho dovuto scrivere l’intera parte del personaggio della figlia, quella del suo fidanzatino e del magistrato. Inserire il brano Latitanza sia mi ha consentito di operare una sintesi efficace. Vi esorto ad ascoltare, se non lo avete ancora fatto, i brani di Savastano, in particolare: Una canzone indie e Pomeriggi che sanno di Barbara. Si è lasciato piacevolmente coinvolgere e lo ringraziamo».
Una sequenza del film è stata girata nel Cimitero delle Fontanelle in presenza del teschio del Capitano spagnolo, ricorrendo anche ad effetti speciali. Come commentate questa parte del film?
Gianluca Ansanelli: «Questo episodio è parte integrante del film e in un certo senso pone l’accento sul dialogo di noi vivi con i morti. Si sa che a Napoli c’era l’abitudine di adottare una capuzzella. Ad una di esse la tradizione vuole che si sia dato il nome di ‘O capitano con relativa leggenda e noi abbiamo immaginato che ad essa si rivolga Tonino per trovare consiglio e conforto»:
Giovanni Esposito: «Il Capitano rappresenta un po’ l’anima del padre di Tonino con il quale il mio personaggio non si è mai potuto confrontare nella vita. Penso che in questo mondo ciascuno di noi necessiti di una guida che indichi la via del bene prima che tu possa prendere una cattiva strada. Questo teschio dà a Tonino la pace e gli permette anche di riconquistare la moglie».
Peppe Lanzetta interviene: «Da stamane mi auguro che per Napoli possa scriversi una pagina nuova . La nostra città in questo periodo è diventata un set straordinario. Bisogna recuperare un pò di questo acro-dolce che ha il film per racchiudere la nostra città non solo negli stereotipi ma raccontarla con più spazio, non solo nel bene e nel male, ma “a fisarmonica”, cioè raccontare anche quelle storie centrali come hanno fatto registi del calibro di Loy o Rosi. Napoli è tragica e comica allo stesso tempo. Questa città ci affascina proprio per questo e continua a stupirci. Voglio ringraziare il regista e tutti i miei colleghi con le loro “maschere” da commedia dell’arte . Ringrazio anche i fratelli Cannavale che credono fortemente nel cinema napoletano».
Vedendo il film ci siamo tutti emozionati e commossi . Lo scontro ideologico tra una famiglia positiva ed una negativa fa emergere la figura di Don Pietro e vorremmo che tutte le storie finissero così.
Francesco Di Leva: «Mi sento chiamato in causa e provo a dare una spiegazione del mio personaggio tenendo presente che i clown fanno ridere proprio perché tutto nasce dalla disperazione. Don Pietro rappresenta un grido d’allarme. Io vengo da San Giovanni, una periferia degradata, dove le persone però vogliono essere ascoltate. Il mio personaggio è più simile ad un Gianluca Vacchi che ostenta, che ha i soldi, che compra quadri di cui non comprende il senso. La parte buona della città si ribella e questo ci dà speranza. È di pochi giorni fa la notizia che il figlio di un boss si sia ribellato al padre che era in galera. Io amo Napoli e disprezzo ogni forma di arroganza, di presunzione .Come attore mi piace ridicolizzare questi personaggi agli occhi del pubblico. È superfluo dire che ringrazio tutti , in particolare i miei compagni di lavoro».
Nunzia Schiano conclude con una sottile riflessione: «Anche la cosiddetta famiglia buona ha all’interno delle contraddizioni avendo varie anime. Gli unici che si salvano sono i figli di Tonino, in particolare Tina, con l’istruzione. Gli altri componenti della famiglia sono ignavi. A loro sta bene che Tonino sia uno stipendiato della camorra, non ne comprendono la pericolosità fino in fondo e non operano delle scelte coraggiose».
Benvenuti in casa Esposito è un film da vedere e da far vedere. Con una leggerezza da commedia all’italiana ,apparentemente fiabesca ed infantile, spinge a delle riflessioni con lo scopo fin troppo evidente di togliere fascino alla camorra e ai suoi affiliati.