Per Connessioni, incontri letterari organizzati dalle Librerie UBIK, Francesco Piccolo ha presentato il suo ultimo scritto La bella confusione (Ed. Einaudi, pag.272).
Il 1963 è stato un anno cruciale per il cinema che ha visto la nascita di due capolavori: Otto e mezzo di Federico Fellini e Il Gattopardo di Luchino Visconti.
Come un detective scaltro e sagace l’autore ci fa rivivere quell’epoca indimenticabile e soprattutto la rivalità tra i due registi, appena stemperata dal sorriso di una delle attrici più famose ed iconiche del cinema mondiale: Claudia Cardinale.
Come nasce La bella confusione?
«Nel 2014 ero uno degli autori del Festival di Sanremo e decidemmo di invitare quale ospite d’onore Claudia Cardinale. Quando arrivò per le prove la accolsi e ci sedemmo ad un tavolino un po’ appartato nel foyer del Teatro Ariston. Ci mettemmo a chiacchierare e a fumare, cosa proibita. Lei mi raccontò che quando davano in TV la finale del Festival, andava sempre a casa di Visconti e con un gruppo di amici scommettevano su chi avesse vinto la gara. E poi iniziò a parlare della storia dei capelli neri e dei capelli chiari quando girava contemporaneamente Otto e mezzo e Il Gattopardo. Da quel momento ho sentito prepotente la voglia di scrivere su questi due capolavori e della loro genesi che riserva sorprese e coincidenze non trascurabili. E sono venuto a sapere che Fellini e Visconti si detestavano e si facevano i dispetti».
Quali sono le differenze tra questi due capolavori del cinema italiano?
«Alla base ci sono due tipi di scrittura molto diversi se non opposti. Otto e mezzo è un film intimo, personale che racconta di sogni irrealizzati e con un io narrante fragile. Il Gattopardo è un film storico ma che diventa poi quasi autobiografico perché, se riflettiamo bene, Visconti racconta della decadenza della sua famiglia aristocratica».
Oltre a Claudia Cardinale, ritratta sulla copertina del libro in una foto davvero seducente, si parla anche di Sandra Milo che tanta parte ha avuto nella vita di Fellini.
«Mentre scrivevo il libro ho incontrato Sandra in un caffè romano e ho capito che il cinema non è mai stata la sua passione principale, almeno non quanto la vita che le è sempre interessata di più, e soprattutto l’amore. Nel parlare con lei di quelle settimane durante le riprese di Otto e mezzo e poi della relazione d’amore con Fellini, ho la prova che quel che racconta è vero: oggi a lei importa meno di aver fatto il film, le importa di più di aver amato Fellini. Io posso dire che non ho come Sandra il mito dell’amore ma ho il mito del lavoro».
Quale dei suoi libri sente più vicino ai due film citati?
«Non saprei. Forse i temi trattati in Otto e mezzo li sento più vicini e presenti nei miei libri. Da ragazzo sono stato letteralmente ossessionato da questo film e forse proprio per questo ho scritto La bella confusione, il cui titolo mi è stato suggerito da Ennio Flaiano. Approfondendo mi sono reso conto di tante cose e di come anche un’ideologia politica possa determinare le fortune o le sfortune di un film. Parto infatti in questa indagine da Senso di Visconti e da La strada di Fellini che già sono avversari e sostenuti da fazioni diverse. Soltanto Pasolini in quel momento storico, comprenderà la potenza cinematografica de La strada. Allora c’era un maggiore interesse per il cinema e per la cultura. I libri e i film erano al centro del mondo e suscitavano forti dibattiti. Non importava tanto se il film era bello o brutto quanto l’ideologia che esso esprimeva. Oggi si guardano più i temi di un film o di un libro e diamo all’ideologia di fondo un certo valore se ci sono delle ragioni che la giustificano. Faccio un esempio: la vittoria della canzone dell’Ucraina all’Eurofestival. É stato premiato il valore simbolico del brano».
I rapporti tra Fellini e Pasolini sono ben delineati. Che rapporti c’erano invece tra Visconti e Pasolini?
«Pasolini era molto legato a Fellini tanto che collaborò anche a La dolce vita. Pasolini e Visconti avevano le stesse idee politiche ma sia Fellini che Visconti lo scoraggiarono in un certo senso a diventare un regista».
Se avesse la possibilità di rivolgere una domanda a Visconti e una domanda a Fellini, cosa chiederebbe?
«A Visconti quanto c’è di personale ne Il Gattopardo e al secondo perché si è perso per strada Ennio Flaiano».
Lei spesso ha detto che è diventato uno scrittore perché è un accanito lettore. Cosa legge Francesco Piccolo?
«Da ragazzo Sandokan e mio padre mi compravano Incompreso e Senza famiglia, quindi letture struggenti. Quando poi si sono fatta strada i miei interessi diciamo “sociali” mi vergognavo di essere una persona sensibile, volevo diventare più virile, forte e anche un po’ stronzo. Ho vissuto gli anni delle medie come anni difficili per la mia crescita e penso che i professori di scuola media siano degli eroi. Al primo liceo ebbi da leggere Il Gattopardo e da quel momento si è aperto un mondo. Posso dire che questo romanzo mi ha salvato la vita e da allora la lettura per me è diventata fondamentale».
Come si relazionava Claudia Cardinale con Fellini e Visconti?
«Claudia Cardinale ha avuto il privilegio di lavorare con due maestri molto diversi tra loro. Sul set di Visconti regnava il silenzio assoluto e tutto era sotto il suo controllo mentre Fellini lavorava nella confusione più totale. Ciascuno di loro aveva la metà del mondo e Claudia, lavorando con loro due, il mondo intero».