Paquito Catanzaro, dopo aver provato a diventare un supereroe, ha scelto la professione di attore. Paquito ha fondato nel 2011 la compagnia teatrale Parole Alate con la quale ha portato in scena numerosi spettacoli in veste di attore ed anche di regista. Ha poi partecipato al romanzo Forza Napoli! di Aldo Putignano (Giulio Perrone 2013) raccontando la leggenda del sacro capello di Diego Armando Maradona. Ora esordisce nel mondo della letteratura con il libro dal titolo ‘Quattrotretre’ edito Homo Scrivens.
‘Quattrotretre’ contiene diciannove storie di calciatori di serie A più quella di un giovane portiere che insegue il suo sogno. Il libro racconta di ‘Palloni d’Oro’ e palloni di cuoio calciati con l’entusiasmo da illustri sconosciuti che diventano re per una notte.
Ecco alcune domande da noi poste all’esordiente giovane scrittore.
Quando è nata l’idea di scrivere Quattotretre?
«L’idea è nata lo scorso inverno. Ho scritto un racconto su uno dei calciatori presenti nel romanzo, Salvatore Soviero, e ho pensato che sarebbe stato divertente aggiungere qualche giocatore a questa ‘squadra del cuore’. Praticamente ogni notte, per settimane, ho lavorato alla stesura dei racconti».
C’è all’interno del tuo libro un personaggio in cui ti identifichi e perché?
«Dante Poletti, il protagonista del romanzo, è quel che avrei sempre voluto essere come calciatore. Tuttavia, pur essendo molto meno dotato di lui sul campo di calcio, condividiamo la concezione del sacrificarsi per realizzare un sogno».
Ci racconti brevemente qualche aneddoto tratto dal tuo libro?
«Ho fatto delle sostituzioni all’interno del romanzo. In fase di editing ho corretto alcuni racconti, lasciando fuori dei calciatori a vantaggio di altri. Quelli sui quali non ho mai avuto dubbi erano Maradona, del quale sono un grandissimo tifoso, Pizzaballa e Zeman, per il quale ho scritto un vero monologo teatrale, immaginando me stesso impegnato a recitarlo sul palco».
Quanto credi che sia importante lo sport ed in particolare il calcio nella società moderna?
«Il calcio è molto importante a livello sociologico. Unisce i popoli, ma spesso li divide in modi che ritengo assurdi. Mi riferisco ai cori razzisti, ai giovani arbitri picchiati dai genitori di piccoli calciatori o alle inchieste sulle partite truccate. Forse si è perso di vista che il calcio, in realtà, è solo un gioco».
Cosa ti aspetti che i tuoi lettori assorbano da questo scritto?
«La mia speranza è che i lettori possano sorridere leggendo il romanzo. È un libro che non ha pretese particolari, se non quella di regalare 90 pagine di intrattenimento».
Hai in prospettiva di scrivere un altro libro sempre sul calcio?
«Senza dubbio, al più presto, tornerò al pc. Attendo l’idea giusta per metter mano a un nuovo romanzo. Se parlerò di calcio? E chi lo sa. Per il momento mi godo questa esperienza nuova e tremendamente divertente».