Giovedì 9 gennaio ha debuttato al Teatro Elicantropo lo spettacolo Quartett di Heiner Müller (traduzione di Saverio Vertone) per la regia di Carlo Cerciello. La messa in scena già realizzata nel 2000 e vincitrice del Premio Bertolucci al Festival di Sant’Arcangelo del 2001, vede ancora protagonisti Paolo Coletta e Imma Villa. La favola del ‘700, reinterpretata da Müller (definito “il massimo poeta di teatro vivente” dopo Samuel Beckett, è probabilmente il più importante drammaturgo tedesco del XX secolo dopo Bertolt Brecht), si articola all’interno di una scenografia asettica, molto ben ideata da Massimo Avolio e Roberto Crea. Il piccolo spazio si divide in quattro porzioni all’interno delle quali si muovono gli attori che recitano, declamano a tratti in modo molto tradizionale tanto che si viene avvolti da un miscuglio temporale tra la scena futuristica anni’70, i costumi settecenteschi, gli intrighi amorosi che ricordano Le Relazioni Pericolose. Tutto è avvolto dal bianco e dalla chiarezza, forse anche troppo. Una monocromia ben fatta, da vedere per capire il testo e assaporarlo. Sarebbe, però, bastata anche una sola pennellata pollockiana per creare quel pizzico di follia in più che occorreva dare ai due deliziosi personaggi, tragicomiche rappresentazioni dell’essere umano narcisista, egocentrico e inesorabilmente incline al disfacimento. Si replica fino al 2 marzo.
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