Pupi Avati si riconferma regista straordinario, l’autore di “Un Ragazzo D’oro” porta in scena una storia di grande fascino, che lascia una sensazione, come dire…di sospensione ad ogni sua scena. Il narratore di storie popolari, dei perfetti intrecci, questa volta ci cattura con una pellicola mozzafiato per la sua coinvolgente semplicità.
A farne da prodotto vincente il contributo magistrale degli attori. In prima fila la presenza straordinaria di Sharon Stone che scende in campo con lo sfoggio della sua brillante bravura mista ad una singolare sensualità. In sua compagnia uno degli attori più in vetta dell’ultimo decennio: Riccardo Scamarcio che affianca in modo più che eccellente la Stone. A formarne il trio, un’incisiva Cristiana Capotondi.
Lo snodo della vicenda di “Un ragazzo d’oro” parte dalla storia di un creativo pubblicitario, Davide Bias (Riccardo Scamarcio), figlio di uno sceneggiatore di film di serie b. Davide convive con un sogno, quello della scrittura, poter arrivare a scrivere un prodotto davvero bello, stupefacente.. avvincente. Per contro la sua quotidianità è accompagnata da una presenza insidiosa e costante: l’ansia che lo hanno reso nel tempo dipendente dall’uso di pillole che lui vede come unico palliativo. Accanto a Davide la fidanzata Silvia (Cristiana Capotondi), che versa in una condizione di disperazione, causata dalla consapevolezza della sua incapacità di aiutare il fidanzato a liberarsi dalle opprimenti insicurezze. A condurre la vita di Davide ad una svolta, la morte improvvisa del padre. Il triste evento diventa momento di trasferimento dalla città di Milano a Roma; qui Davide conoscerà Ludovica, una donna sofisticata e tanto bella, nonché amante del suo defunto padre. L’incontro con Ludovica (Sharon Stone), professione editrice, costituirà la chiave di rivalutazione dell’ “io” di Davide. Ludovica mostrerà interesse ad un progetto che il padre aveva in cantiere, quello di scrivere un racconto autobiografico. Sarà il figlio dunque ad accogliere questo proposito, a scrivere il libro come se a farlo fossero il dispiegamento delle idee del padre. Tale percorso rappresenterà per il giovane pubblicitario una condizione di riflessione, un’occasione di riconciliazione con la figura paterna, ma….di certo non una tregua alle sue ansie.