Dopo S’ignora di Fabio M. Franceschelli, lo scorso 25 giugno, sempre per la rassegna Teatratlantide è andato in scena Postumi tra le Avventure di Pinocchio di e con Manuela Schiano, musiche originali Luca Capozzi, suono/luci Federico Iavicoli. Lo spettacolo nasce dalla volontà di riscattare l’immagine consolidata del Pinocchio “collodiano”, mostrando il profilo scabro e nudo dell’uomo-automa che riflette sulla rappresentazione di se stesso. Un po’ ci si sente trasportati indietro nel tempo, quando a farla da padrone erano i termini quali, cultura, libertà, onestà intellettuale, in spazi di assoluta anarchia, fucina di grandi artisti, attori, registi, le cosiddette cantine romane, ma da un altro lato, ci si sente sempre più lontani e abbandonati. Oggi, fare l’attore, quello serio, non è più un gioco da ragazzi, è una scelta che implica una vita dura, una vita senza certezze, una vita sregolata, ma che in realtà è piena di regole interne, codici, che rendono quello dell’attore, il più bel mestiere mai visto al mondo. Manuela Schiano, da anni ormai, adatta in luoghi dell’infinito e realizza con mezzi incerti, un teatro che aspira a soluzioni scenografiche e tecnologiche decisamente diverse dalla logica. La rivolta poetica, l’insurrezione di Manuela è la battaglia di una donna sola, interprete della tragedia quotidiana dell’esistenza, contro l’approssimazione, la trascuratezza, rivolta contro la società. S’intuisce il teatro come momento di vita veramente vissuta, apice dell’esistenza, perdita di sé, dell’inutile e del disutile: riduzione del complesso scenico alla sua essenza. “Il teatro toglie la vigliaccheria del vivere”, così diceva Leo De Berardinis, e così la Schiano porta avanti il suo concetto di arte meta-teatrale. La parola scritta non è più detta, letta, ma si trasforma in suono, fenomeno acustico e, così facendo, la trascina nelle nostre vite in musica. Resuscita la poesia, di cui oggi come non mai avvertiamo l’intimo bisogno e l’incredibile necessità.
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