Dall’incontro tra Pietro Botte e Davide d’Alò nascono I Posteggiatori Tristi; da questo incontro nasce un progetto che attinge al repertorio della canzone comica napoletana d’epoca e lo rinnova sia musicalmente sia dal punto di vista interpretativo. Tra pochi giorni debutta “Frankenstein ‘O mostro” il loro nuovo spettacolo, in scena al teatro Bellini.
Ci parlate di questo nuovo lavoro?
«Innanzitutto diciamo che questo spettacolo è proprio ‘o mostr’, come usano dire i giovani d’oggi. Trattasi per la precisione del mostro di Frankenstein, un grandissimo classico della letteratura e della cinematografia, che per l’occasione è stato abilmente manomesso della nostra drammaturga e regista Sara Sole Notarbartolo. Insieme a lei e a Valentina Curatoli e Rosario Giglio, abbiamo messo su il musical del Frankenstein. Uno spettacolo di genere che mette insieme il gusto gotico e noir, propri dell’opera di Mary Shelley – come ben si vede dalle scene di Peppe Cerillo, dai costumi di Pina Sorrentino e dal trucco di Donatella Podano – con la “triste” comicità partenopea di noi Posteggiatori».
Come sono nati i posteggiatori tristi?
«Dall’amore per la musica e per l’antica e nobile arte della posteggia. La posteggia è un luogo di sperimentazione eccezionale per un artista, sia egli un musicista o un attore, per via del rapporto così diretto e ravvicinato con un pubblico casuale, un grande, irrinunciabile laboratorio di strada. La posteggia può essere molto più difficile e scomoda di un’esibizione su un grande palco teatrale, ma può dare anche grandissime soddisfazioni. Nella nostra vicenda artistica tutto è nato dalla posteggia: i video su youtube, l’affetto straordinario del pubblico sui social e dal vivo, la partecipazione ai programmi tv, gli spettacoli teatrali, le tournée musicali all’estero».
Avete dei modelli artistici di riferimento?
«Abbiamo dei forti riferimenti nella tradizione napoletana, in primis gli autori Pisano e Cioffi, con le loro macchiette, ma anche Renato Carosone, Raffaele Viviani, E. A. Mario. A questi affianchiamo il riferimento alla grande clownerie di George Karl, Buster Keaton, Charlie Chaplin. Mischiamo il tutto con un po’ di tango, opera buffa, rock, pop, jazz e aggiungiamo una spruzzatina di Soda Sciarappa gusto vintage (il fantomatico sponsor del gruppo n.d.a)».
Che rapporto avere con i social network?
«Un rapporto di odio e amore. Sono una grande risorsa per comunicare direttamente con il pubblico, per alimentare un immaginario, un linguaggio che ti identifica. Dall’altro lato possono essere una grande scocciatura, dovresti mantenerti sempre connesso e attivo perché funzionino bene. E noi siamo ragazzi d’altri tempi, si sa, più sconnessi che connessi».
Come nasce un vostro spettacolo?
«Da un’idea, da una canzone, a volte da una piccola storia immaginata per i nostri personaggi o a volte da una semplice necessità. Non c’è una regola, ma c’è un modo per farlo che è collettivo. Lavoriamo come un Compagnia, la “Compagnia Sciarappa” (dal nome dello sponsor Soda Sciarappa, n.d.a.). Il musical Frankenstein ‘O Mostro è quello che più rappresenta il nostro modo di operare, ognuno di noi ha messo una parte di sé per creare un unico corpo musical-teatrale».
Avete uno stile molto particolare, oltre che musicale, anche promozionale. Avete inventato una serie di figura con e lo sponsor, perché avete scelto questa linea?
«Inventato? Lei ci vuol forse rovinare? Se il Commendator Sciarappa scopre che qualcuno ha messo in dubbio la Sua esistenza, noi qua dobbiamo chiudere baracca e burattini. Mi scuso col Commendatore che ci sta leggendo sicuramente e preciso che lo sponsor, la premiata ditta Soda Sciarappa, esiste eccome! E produce le migliori bibite analcoliche sul mercato italiano ed estero. Gli spettatori che verranno a vedere il nostro musical Frankenstein ‘O Mostro, scopriranno tante cose sull’origine della Soda Sciarappa&Co, questa multinazionale delle bibite frizzanti dal passato un po’ oscuro ma dal presente radioso!».
Avete fatto un cd attraverso la vecchia colletta, che risposta avete avuto?
«Il nostro primo disco “E Nulla Cambierà” è stato prodotto nel 2014 grazie al crowdfunding, che noi abbiamo ribattezzato come “posteggia digitale”. Abbiamo avuto un’ottima risposta, superando in poco tempo l’obiettivo che ci eravamo dati. La realizzazione del disco è stata arricchita, in un secondo momento, dalla coproduzione della MAD Entertainment di Luciano Stella, in particolare con la produzione esecutiva di Antonio Fresa e Luigi Scialdone. Inoltre è stato fondamentale il contributo di ben 25 artisti che ci hanno regalato la loro sensibilità e professionalità, contribuendo gratuitamente al progetto ed arricchendo immensamente il nostro lavoro».
Quanto è difficile essere artisti oggi?
«Non più difficile che essere giornalisti, insegnanti, architetti, avvocati…e potrei andare avanti ad libitum. La precarietà, un tempo riservata agli artisti, oggi si è purtroppo stabilmente estesa a molti settori. Comunque giocano tanti fattori a determinare le singole vicende: la forza della vocazione, il talento, il contesto, la fortuna…ci sono anche artisti che accedono ad un mondo di privilegio economico e sociale eccezionale. Insomma, forse è difficile essere artisti, ma è sempre meglio che “alzare la cardarella”, come dicono i giovani d’oggi».