Pino Le Pera è uno dei maggiori fotografi del teatro contemporaneo, figlio d’arte, inizia giovanissimo la sua carriera di fotografo di scena seguendo le orme del padre Tommaso. Abbiamo intervistato il famoso fotografo per carpire la sua essenza, da chi ha fatto dell’ arte uno stile di vita.
Ci parli delle tue origini?
«Mi chiamo Pino La Pera ho 49 anni, nato il 24 Agosto 1964 D.C. Sono romano di origini calabresi, vivo a Roma e tifo Roma, insomma amo Roma e non mi elogio all’estero di essere romano per gli spaghetti o la pizza come fate tutti voi, ma bensì per avere il 70% del patrimonio artistico sul pianeta. E poi se l’uomo più importante e famoso del mondo ovvero Gesù di Nazareth o meglio colui che secondo me ha inventato le tournèe teatrali che con gli Apostoli andava in giro di città in città per predicare, ha scelto Roma come sede e patria della Cristianità e non Berlino, Parigi, Milano o la sua stessa Nazareth, ci sarà un motivo? Pensate che gli antichi romani quando conquistavano un nuovo territorio, la prima cosa che facevano per segnare quel territorio era quello di costruirci un teatro. Ho lavorato in tutti i teatri d’Italia e con molte compagnie straniere anche fuori, ma che ve devo dì, Roma è Roma.»
Cosa significa per te fotografare?
«Fotografare per me non significa documentare quello che stà accadendo, ma delimitare con l’inquadratura una mia regia attraverso l’immagine di quello che stà accadendo. Io non mi interesso di macchine fotografiche, utilizzo il mezzo per quello che mi serve, per creare le immagini degli spettacoli che fotografo. Anche il Caravaggio dipingeva i suoi quadri con il pennello, ma mica si interessava di pennelli, li utilizzava per dipingere le sue opere. Io mi definisco infatti un non fotografo o meglio un teatro-grafo.»
Come ti sei avvicinato al teatro? Cosa ti affascina di questa magnifica arte?
«In teatro ci sono nato, mio padre si chiama leggermente Tommaso La Pera, sono un figlio d’arte, a pensarci bene anche Gesù era un figlio d’arte, era il figlio di Dio. Cosa mi affascina di questa magnifica arte? Prima di tutto definisco il mio lavoro un mestiere che poi è anche artistico meno male, anzi che fortuna! Io sono prima di tutto uno studioso di teatro, la fotografia in me arriva dopo, interrompo qui il mio pensiero perché vorrei spiegarlo meglio nella prossima domanda quì sotto a proposito del cinema.»
Che rapporto hai col cinema?
«Come vi dicevo sono nato in teatro e prima di tutto mi sono appassionato alla drammaturgia teatrale, ho letto tutti i testi di tutti gli autori, insomma una notevole cultura non indifferente in questo campo, ma la mia prima e vera passione è stata da sempre “IL CINEMA”. Ho frequentato l’Istituto di Stato per la Cinematografia “Roberto Rossellini” dove ho studiato come direttore della fotografia i miei insegnanti sono stati Vittorio Storaro, Luigi De Laurentiis e tanti altri, fra i quali GarrettBrown un operatore cinematografico americano, noto principalmente per essere stato l’inventore della Steadicam.
Tra i primi e più famosi utilizzi della Steadicam ricordiamo le scene dell’allenamento di Rocky e le scene in movimento di Shining.
Insomma mi sento un privilegiato e nonostante fossi il prescelto pupillo dei mie professori, che ho citato sopra, il cinema non l’ho mai voluto fare, forse perché già da allora ero impegnato in teatro. C’è però da dire che conosco il cinema meglio di chiunque altro e su questo non temo davvero rivali. Ed è guardando milioni di films che mi sono avvicinato alla fotografia, pensate che ho cominciato a fotografare senza macchina fotografica, ma con il telecomando della tv mettendo in pausa quando sceglievo io l’inquadratura secondo me da fermare con la pausa. Questo mi ha portato ad uno stile e un gusto personale che ho adottato nelle mie fotografie di scena in teatro. Io infatti fotografo gli spettacoli teatrali con inquadrature cinematografiche.»
Quali sono i tuoi soggetti preferiti?
«Sono un fotografo di scena teatrale e fotografo per scelta oltre che per mestiere spettacoli teatrali, anche gli attori li fotografo soltanto sulla scena e soltanto nel contesto di uno allestimento teatrale, affermo da sempre che gli spettacoli si confezionano come il “PRESEPE”, si costruiscono prima le montagne e poi si mettono i pastori. Se devo citare delle preferenze posso dire che sono un appassionato di tre epoche in particolar modo: Il 600, il 700 e l’800, non amo molto la drammaturgia contemporanea, il moderno lo trovo ovviamente ovvio e poi il mio/nostro mestiere è l’unico mestiere appunto che ti permette di catapultarti in epoche che non abbiamo vissuto, per questo mi piacciono più i classici, le storie di cavalieri, Re, Regine, castelli e mantelli di velluto, spade e pugnali, veleni e incantesimi, avventure, tragedie e intrecci amorosi. Il mio autore preferito è William Shakespeare. I miei studi infatti si basano prevalentemente dai quadri dei pittori del passato, soltanto attraverso i quadri si possono capire le atmosfere delle epoche.»
Copiando il titolo del film di Sorrentino, qual è la tua “Grande Bellezza”?
«Credo che la mia GRANDE BELLEZZA sia quella di conoscere “LA BELLEZZA”.»
Progetti futuri?
«Non ci credo al futuro, il futuro per poterlo toccare deve comunque diventare presente, il futuro è anche fra un minuto, se ci pensate beneprima questo foglio era bianco e adesso invece è pieno di vocali e consonanti, in un attimo il dopo è subito diventato adesso.»