Al teatro San Ferdinando fino al 20 marzo Pigmalione di G. Bernard Shaw, nella traduzione di Manlio Santanelli con la regia di Benedetto Sicca. Una scena di strada: piove e molte persone cercano di ripararsi con gli ombrelli. In un lato della strada una giovane seduta per terra che vende fiori. Accanto a lei un giovane l’accompagna. Qualcuno le dà un soldo, ad un tratto un uomo le dice “attenta signorina quell’uomo ha trascritto tutto quello che avete detto finora”. E’ il professor Puoti, uno studioso di linguistica che in un taccuino aveva annotato tutte le sue colorite frasi. Più tardi la scena si sposta a casa del professore che aveva incontrato dopo tanto tempo il suo amico il colonnello Maffei che ritroviamo in casa sua. Ad un certo punto arriva la giovane fioraia Luisa, che annuncia:
“Sono qui per imparare a parlare bene, come deve parlare una persona perbene che vuole lavorare in un negozio di fiori”. Parte la negoziazione sul costo delle lezioni e si raggiunge un accordo. Lei resterà in quella casa per sei mesi e lui ne farà finalmente una persona perbene e a modo, insegnandole tutto quello che si deve sapere sulle buone maniere e sull’uso dell’Italiano, facendo una scommessa con Maffei, che ci sarebbe riuscito e nessuno nella buona società avrebbe scoperto che origini in realtà avesse. Arriva nel frattempo, in maniera misteriosa, (non viene svelato come abbia fatto a trovare la casa del professore) il padre della ragazza, un manovale o un netturbino, ma in realtà intento a guadagnarsi da vivere in maniera poco chiara, e chiede soldi al professore in cambio della figlia. Lui ritornerà a trovarla due volte al mese per sapere come sta. Intanto Luisa diventa sempre più bella e di classe, arriva il giorno del ricevimento e la scommessa del professore può dirsi vinta: al ricevimento la ragazza viene scambiata per una persona di nobili origini o forse una principessa. La storia però rimane aperta: Luisa chiede al professore il perché lui non l’abbia mai trattata col dovuto rispetto, ma sempre con modi sprezzanti a differenza di quanto faceva Maffei che la chiamava “la signorina Diodato”; lui le chiede se voleva che si innamorasse di lei, ma lui è solo uno scapolo incallito, che non potrà mai amare nessuna. Luisa da tutta questa storia ne esce provata: ora non è più la fioraia di una volta, aveva un impiego che le permetteva di essere indipendente, ma vive in una crisi di identità: ha ormai imparato a parlare e comportarsi con buone maniere, ma resterà sempre la ragazza di umili origini che era. Anche se cerca una via di riscatto quella di diventare insegnante a sua volta. Altro personaggio chiave che si presta alla lettura della vicenda è il padre di Luisa: anche lui sottratto alla povertà è rimasto però soggiogato dagli ingranaggi della società borghese e vive anche lui la crisi della figlia: ora ha perso tutte le libertà che la sua condizione di precario gli dava.
Scritta nel 1912 e andata in scena per la prima volta nel 1913,questa commedia dal titolo Pigmalione di George Bernard Shaw, che dagli ambienti londinesi si sposta in quelli napoletani, è arricchita da una serie di invenzioni linguistiche nella traduzione di Manlio Santanelli, ed è come afferma il regista una nuova opportunità per raccontare le avventure del dott. Higgins, che in questa versione si chiama Puoti, e di Luisa ( Lisa Dolittle ), già resi noti dalla trasposizione cinematografica dell’opera teatrale.
Se la regia appare quantomeno statica, le interpretazioni degli attori sono tutte buone. Riesce comunque nel suo intento di far venir fuori quella critica alla società borghese del tempo attraverso tutti i personaggi.