Peter Greenaway è a Napoli in occasione della presentazione del suo ultimo film Goltzius & The Pelican Company (2012) e ieri – 7 ottobre – il Gala del Cinema e della Fiction, giunto alla VII edizione, gli ha consegnato l’Excellence Award all’interno del sempre più organizzato Teatro Bellini.
Il film, presentato alla settima edizione del Festival Internazionale del Film di Roma nella sezione Cinema XXI, ha molti attori italiani (tra cui Giulio Berruti e Pippo Delbono) in onore al nostro cinema che, a detta del regista, è stato da noi maltrattato e che ormai è defunto come, d’altronde, tutto il cinema.
Il cinema, quindi, è davvero morto? Sicuramente, trovare nuovi spazi diventa essenziale per la sua sopravvivenza tanto che musei (il film è stato già proiettato a Parigi nel Louvre e a Londra presso la National Gallery) e teatri stanno aprendo al cinema e a nuovi allestimenti. Il Teatro Bellini di Napoli (Via Conte di Ruvo, 14) parte proprio da Goltzius programmandolo da martedì 7 a domenica 12 ottobre alle 21 (domenica alle 17:30).
Il film è distribuito da due realtà giovani milanesi Lo Scrittoio e Maremosso che si occupano proprio di produzione, distribuzione e promozione di cinema e prodotti culturali di qualità e che hanno intuito, per Greenaway, un modo inedito e nuovo di progettualità distributiva fatta non solo di Festival ma, appunto, di spazi diversi i quali diventano parte integrante del progetto stesso. Spazi, quindi, polifunzionali per un’opera multidisciplinare in cui si mescolano più arti possibili tra cui, in primis, le arti figurative con grafica, architettura e pittura ma anche la retorica e la didattica. Non è un cinema canonico con una storia lineare basata su qualche libro. Il regista, anzi, vorrebbe che si tagliasse questo cordone ombelicale (quanti rifacimenti ancora dovremo vedere di Austen?) per giungere ad una totale libertà e ad un cinema di idee e di immagini.
In principio non era il Verbo bensì l’Immagine! Harry Potter e Il Signore degli Anelli, in effetti, non sono altro che storie illustrate ed è come se il cinema rimanesse indietro rispetto a se stesso, al suo linguaggio e alla sua evoluzione un po’ come la fotografia in relazione all’eterna diatriba con la pittura e, quindi, al discorso di realtà e rappresentazione della stessa. Un assolutismo testuale a discapito delle immagini. Certo, con i nuovi media e con la possibilità effettiva di abbattere la distribuzione sempre più complicata – immaginiamo alla velocità in cui possiamo mandare un video anche creato da noi – avverrà una scarnificazione che ridurrà l’opera cinematografica alla totale essenza lontana anni luce, però, dai film di Greenaway e da questo in particolare.
Goltzius & The Pelican Company è stupendamente barocco, pieno di sesso e morte che, come afferma il regista, sono i due temi sui quali ruota la trama e la maggior parte dei film in circolazione. “Sesso e Morte, le due uniche cose di cui il cinema può parlare, il resto è negoziabile”. Un’opera letteralmente colossale che integra in modo perfetto più linguaggi mescolando sapientemente racconto, nuove tecnologie, cinema e il sempreverde teatro.
Trama.
L’olandese Hendrik Goltzius, è stato realmente uno dei primi incisori di stampe erotiche del tardo Cinquecento. E’ alla ricerca di un finanziatore per riuscire a realizzare il suo progetto: un libro d’illustrazioni di alcune tra le più controverse storie del Vecchio Testamento. Il margravio (titolo nobiliare corrispondente a quello di marchese) di Alsazia è disposto a donare la cifra richiesta, ma solo se Goltzius e la sua compagnia, The Pelican Company, lo convinceranno mettendo in scena dal vivo gli episodi biblici legati ai vizi capitali. La rappresentazione, quanto mai realistica, dei racconti legati ai tabù dell’incesto, dell’adulterio, della pedofilia, della prostituzione e della necrofilia, innescherà dinamiche inattese nella corte alsaziana e all’interno della stessa compagnia in un turbinio di sangue e sesso che neanche Shakespeare.