Il successo delle serie targate Rai andate in onda in questi giorni “Mina Settembre” e “Il commissario Ricciardi” risiede anche nella bravura dei tanti attori che fanno parte del set; Peppe Lanzetta ha preso parte ad entrambe le fiction e le sue interpretazioni hanno fatto breccia nei cuori dei telespettatori ed hanno confermato, ancora una volta, la sua bravura.
Lanzetta, cosa rimane il giorno dopo la messa in onda di queste due fiction?
«Le persone che mi hanno dimostrato un affetto incredibile, che mi hanno seguito con stima: dovrei io ringraziare il pubblico perché in questo momento c’è bisogno di unità, di affetto e ricevere tutti questi attestati di affetto mi ha commosso».
Come definisce questi due set?
«Molto belli, sono stati davvero un’avventura interessante. D’Alatri è un regista talmente perfezionista che, a volte, rischia di sembrare perfino burbero proprio per il suo essere scrupoloso; mi è piaciuta molto la luce da lui scelta per “Il commissario Ricciardi” sospesa, azzurra che riflette quegli anni e mette in luce Guanciale che è un personaggio tenero. Per quanto riguarda “Mina settembre” voglio sottolineare la bravura di Serena Rossi, che molto mi aveva colpito già nella fiction su Mia Martini, e che secondo me è una delle attrici italiane più brave del momento».
Come giudica questo momento, cinematograficamente parlando, che sta vivendo Napoli?
«Bello, si sente una certa vitalità che fa bene a tutti. Abbiamo attraversato, ed ancora oggi è così, un momento catastrofico dove tutti noi dello spettacolo siamo andati in secondo piano, alcuni di noi, me compreso, non hanno ricevuto nessun tipo di aiuti. Vedere questa voglia di rialzarsi, anche da soli, senza Governo, che ogni lavoratore dello spettacolo sta mettendo in questo lavori è commovente».
Questi gli impegni da attore, ma la mente vola verso altro, vero?
«Si chi mi conosce come te sa che io voglio dare risposte concrete ai giovani che hanno bisogno di un riferimento artistico sul territorio, di un padre putativo perché sono smarriti. Ricevo talmente tante telefonate da giovani impauriti da questo presente. Del resto un adulto può fronteggiare uno smarrimento come quello che stiamo vivendo, ma questi giovani sono passati da emozioni forti, al vuoto pneumatico attuale. Ho deciso di lavorare ad un documentario “Oltre il vuoto” in cui questi ragazzi hanno la possibilità di raccontarsi, di fare emergere le loro paure. Il loro senso di smarrimento è tangibile ed è un nostro dovere raccontarlo. Con “Figli del Bronx” mi sono sempre ripromesso di dare voce a chi non ne ha. Ho ritrovato ne “Il commissario Ricciardi” un ragazzo che faceva un laboratorio di scrittura con me a Scampia, ora ha lavorato su un set importante e questo vuol dire fare sognare chi mai avrebbe pensato di poterlo fare. Da sempre la penso così da quando, quaranta anni fa, lasciai il mio lavoro in banca e mai mi sono pentito anzi dico a quelli che sono rimasti ad inseguire i soldi che oggi non hanno niente io invece sono ancora un sognatore e dei miei sogni mi alimento e faccio alimentare gli altri».
A cosa stavi lavorando prima del lockdown?
«Con Jennà Romano avevamo messo in piedi una serie di spettacoli con Daniele degli A67 e Sandro Ruotolo, una cosa esplosiva, ma ci siamo fermati. Jennà per me è un fratello con cui divido un’amicizia sincera, rara tra artisti, e molte idee artistiche. Mi avete visto attore in queste serie ma io amo offrire opportunità ai giovani, per esempio ho dato da scrivere a ragazzi sceneggiature cinematografiche di mie opere come “InferNapoli” o “Lessico napoletano”, spero che potranno essere poi scelte per lavori televisivi così da dare lavoro a tante persone».