Ha sempre avuto una scrittura anomala, Nesli, il cantautore che a Sanremo ha presentato lo scorso febbraio “Andrà Tutto Bene”. Lo dice lui, a sei mesi da quell’esperienza che gli ha cambiato la vita e la carriera. E lo dice lanciano il libro e il cd live che hanno lo stesso titolo, un passo che gli farà fare il salto nel club dei cantautori “di spessore”. Vediamo come.
Perché hai deciso di dare alle stampe ora un libro sulla tua vita?
Me lo chiedevano da tempo e io l’ho preso e stoppato per molte volte. Volevo che fosse una storia raccontata come un romanzo. E mi serviva anche una struttura narrativa come volevo io, cioè che partisse da un momento scatenante e che non fosse solo una cronologia di quello che ho vissuto.
Come è andata?
Scrivere le canzoni è un’esperienza sempre divertente, il libro non lo è sempre stato. Ma perché ho deciso di metterci dentro cose che non ho detto prima, l’ho fatto per cimentarmi con una scrittura diversa, anche se nelle canzoni parlo comunque di me, ma con più sintesi. Il capitolo sulla famiglia, sulla mia vita di provincia da ragazzo è ovviamente quello che tocca di più, anche quando lo rileggo ora.
Come hai approcciato il progetto?
Volevo che uscisse adesso che ho anche un cd che racconta live l’incredibile anno che ho avuto. Prima non sarebbe stato possibile perché non avevo fatto tour importanti. Per questo vorrei che fosse letto pensando alla musica, anzi, ascoltando alcuni brani. Ci ho messo dentro anche delle strofe di canzoni che forse un giorno usciranno. Non ci ho dormito per molte notti, pensando: ma questo l’ho messo?
Che tipo di artista vuoi diventare?
Sono figlio del pregiudizio, sono convinto che la mia gavetta sia stata accompagnata da questo sentimento. Poi ho capito che non era un nemico e ho dovuto spiegarlo e ho avuto la fortuna di fare Sanremo. Vorrei che la gente pensasse finalmente a me come uno che sa scrivere. Il libro aiuterà a spiegare quello che ho spiegato male in passato. La mia vita non è separata dalla mia musica.
È questo il tuo modo per analizzare te stesso come artista?
La mente ricorda sempre quello che ci piace. Il processo è stato interessante, il primo titolo del libro doveva essere “Il bene genera sempre bene” ed è da questo punto che sono partito. Sono un darkettone ottimista e quindi questa attitudine si riflette sia nelle canzoni che nel romanzo.
Hai mai avuto panico da foglio bianco?
Solo quando facevo rap, perché dovevo mettere in fila molte parole e a volte non ce la facevo, forse dipendeva anche dal mio essere svogliato. In quelle vesti non mi sono mai visto molto per questo adesso faccio musica che mi piace. Anche se non sono un virtuoso del canto, le canzoni d’amore mi piacciono ed è lontanissimo tutto ciò dal mondo del rap da cui provengo.
Quindi sei il primo che dice esplicitamente di non fare più rap..
Io penso che siano due mondi separati e non voglio più ascoltare gli americani per capire come si fa. Scrivo quello che mi piace.