Si potrebbe spendere tempo ed energia nel descrivere cosa è stato e continua a essere Miguel Bosè per la cultura popolare di gran parte dei paesi latini. Artista poliedrico e reinventato più volte in 4 decadi, musicista, attore, presentatore e cantante affermato in ogni epoca della sua carriera, con quel tocco di mistero e sapore di sopravvissuto e maledetto che certamente aiuta ad aumentarne il già naturale carisma. Ascoltiamoci il suo nuovo album Amo per inquadrarlo nel 2015: un concentrato di esperienze affascinanti, con picchi di voglia di contemporaneo che non guasta e un occhio a quello che è stato nella memoria collettiva. “Amo”, anticipato in radio dal singolo “Encanto/L’Incanto” è il primo lavoro di inediti dopo Cardio del 2010 e contiene nella speciale versione per il nostro Paese, quattro brani in italiano (“L’Incanto”,”Liberi da ore”, “Amo” e “Brividi”). Ce n’è da farsi spiegare quando lo incontriamo per il lancio italiano del disco.
Quanto ci hai messo per fare questo disco?
«Volevo materiale solido e intriso di tutte le esperienze della mia vita, quindi oltre due anni se ne sono andati per scrivere e registrare a casa. È la prima volta in 10 anni che lavoravo a casa, credo che il disco ne risenta perché mi sono aperto, ho pensato a tutto in prima persona, testi, armonizzazioni, pure il mastering ho seguito per non avere sorprese dopo.»
Con chi hai collaborato?
«A volte mi sono legato troppo alla mediterraneità, quindi oggi lavoro con professionisti che in studio, quando il processo si velocizza, mi aiutano ad avere sapore internazionale. Ho deciso di non produrre da solo e ho chiamato Andrew Frampton che ha lavorato con The Script, Andrés Levin a New york e Brubaker XL, la mia scommessa, un giovane spagnolo che mi hanno missato e sorvegliato le tracce. A volte quando ci si prende molto tempo la musica si allontana dall’idea originaria ma di loro mi sono fidato.»
Ultimamente hai detto che le tue due anime, Miguel e Bosè, si aiutano tra loro. Che vuol dire?
«Che Bosè è quello che fa tutto, Miguel è quello che cucina, che fa una vita noiosa, cittadino comune. Ma è necessario, perché Bosè poi prende il volo e vuole essere sempre avanti ma infantile. Si devono sopportare a vicenda, più che aiutarsi.»
Di cosa volevi parlare in Amo?
«Parlo della conoscenza, sono partito dalla canzone che ha il titolo del disco che è la matrice di tutto. Da quando avevo sette anni mi sono interessato sempre a tutto, la fisica, le invenzioni, la biologia, leggevo davvero tutto, pure l’elenco telefonico. Non dimenticate che negli anni 60 da noi in Spagna c’era la dittatura e le distrazioni erano davvero poche. Quando pensavamo che in Italia avevate Sanremo e lo Zecchino d’Oro per noi era un sogno, da noi era tutto in bianco e nero. E questa sete di conoscenza l’ho ritrovata per Amo.»
Cosa ti è rimasto di più delle tue letture?
«È impossibile dirlo, ci sono centinaia di libri e autori che hanno lasciato traccia dentro me, dai Green e Andersen a Fuentes, Marquez, Vernes o Kafka. Tutto il romanzo europeo del diciannovesimo secolo, per me che ero allievo di un liceo francese, ha una forte influenza in quello che sono oggi.»
Riesci ancora a leggere così tanto?
«Mi fanno ridere le persone che dicono che oggi si legge poco. Ma se ci alziamo e accendiamo pc o telefono entro mezzogiorno abbiamo già letto molto di più che qualche anno fa. Leggiamo tutti troppo, poi altra cosa è l’interesse per i libri. Oggi se non mi colpisce dopo le prime 60 pagine, lascio stare.»
Hai attraversato tutte le evoluzioni dell’industria musicale recente, come ti senti oggi?
«È tutto cambiato e non rivedremo più i soldi e il mercato di un tempo. Non mi spaventa personalmente perché so di aver vissuto quella che verrà ricordata come l’età dell’oro dei dischi, che sono gli anni Ottanta. Mi piace l’evoluzione, non mi sottraggo. E penso anche che oggi molti ragazzi pensano a iniziare a fare pezzi e poi concerti e non hanno altra ambizione. Il talento c’è ancora ma è come se si fosse moltiplicato…»
Beh detto da te che hai partecipato a dei talent show anche in Italia, è indicativo.
«A me serve anche la tv. La richiesta di musica ci sarà sempre, anzi, aumenterà ma penso che comanda l’immediatezza di questi tempi. Se hai la fortuna di azzeccare due singoli di seguito, forse qualcuno ti offrirà un contratto che comunque è lontano da quelli che avevamo noi. Non si cercano cantanti, ma la canzone di successo. Ecco perché dopo essere stato il più suonato di sempre, come Gotye qualche anno fa, rischi pure di scomparire.»
Cosa ti aspetti da Amo?
«Credo sia il più Bosè dei dischi che ho fatto ultimamente. E credo anche che ci sia dentro un’intimità molto magica, che colpisce chi lo ascolta la prima volta. La prima cosa che mi dicono è che è positivo e infantile. E immagino dipenda dal fatto che finalmente ho capito tutti i perché della mia vita e posso spiegarli a chi mi ascolta. Sono riuscito ad arrivare a queste verità, ho digerito e incorporato una serie di esperienze con fierezza.»