Quando è apparso sulla scena pop argentina nel 1991, Diego Moreno era parte del gruppo Tawa insieme a Roberto Lagoa e da subito si fece notare per il suo gusto nella scrittura di canzoni radicate nella tradizione ma sufficientemente moderne per entrare nelle radio. Poi la svolta nel 2000, con l’incontro tutto italiano con Fred Bongusto, di cui ha curato gli arrangiamenti do più di 40 canzoni. Da quel momento, Diego è una stella dei due mondi. Ora che ha lanciato un singolo dal titolo “Donde” lo abbiamo raggiunto per conoscerlo meglio.
Sei molto legato all’Italia e alla tradizione italiana del canto. Da cosa nasce questa vicinanza?
«Ho partecipato nel 2008 a un tributo a Massimo Troisi con Enzo Decaro che si chiamava Poeta Massimo. E da lì ho lavorato a musiche napoletane arrangiate con l’orchestra che sono racchiuse in un altro disco, ”TangoScugnizzo” che è stato dichiarato “d’interesse culturale” patrocinato dalla Ambasciata Argentina in Italia. Il mio bisnonno era di Lucca ma non credo che ci sia un legame per questo visto che sono frequentatrore dell’Italia da 20 anni ormai, ho studiato l’italiano e l’italianità.»
Per un argentino è abbastanza comune, giusto?
«Sì, mi sento vicino non solo alla mia discendenza, ma alla musica popolare italiana in generale da nord a sud, anche se tutto parte dalla tradizione partenopea. Una città come Napoli ha un patrimonio enorme e non si può trascurare se vuoi capire bene l’Italia. Però devo dirti che in Argentina ci sono anche molti settentrionali, come i friulani che hanno fondato un’intera città, Resistencia. Pensa, loro che dal nord Italia si insediano in un posto con un clima tropicale…»
Di che parla Donde?
«L’ispirazione nasce da un progetto più ampio che ho preparato con il mio produttore italo-ingese Roy Tarrant per il quale ho fatto già dei lavori legati alla musica sudamericana. A distanza abbiamo pensato di fare un excursus musicale legato alla vita di Che Guevara. La musica serve per pormi delle domande e mai come in questo tempo è incredibilmente attuale la parola “Donde”: dove sono rimasto, dove sono gli ideali quando la speranza sembra morire. Uno smarrimento che vorrei non succedesse mai per i giovani e i nostri figli, poi le risposte ognuno le trova come può.»
Il brano è però allegro nella sua musicalità, come lo descriveresti?
«Ha un ritmo trascinante e immediato e ha delle connotazione folk anche se è pop. Nel video si vede la banda che ci insegue, una visione molto festosa. Ovviamente io sono il padre e ne sono felice.»
Chi è la persona che potrà dare queste risposte?
Il dio ha voluto un santo padre che è davvero il rivoluzionario di questi tempi. Mi fa molto piacere che sia argentino ovviamente. Ma volevo anche sottolineare come l’arte non smetta mai di essere di aiuto nemmeno nei momenti più duri. Penso a Buenos Aires, alla sua vitalità, al teatro all’avaguardia. Ho passato gli anni del disagio economico della mia patria da questo lato del Rio, come diciamo noi. Nei primi anni 2000 ero perlopià in Italia e in Europa, ho vissuto pochi mesi lì. Ricordo che nel 2001, l’anno del default ero con Fred e dicevamo che era difficile riconoscere il paese.
Sei molto legato alla tua terra?
«È una nazione che non può soffrire, è pazzesco pensare che si possa essere in crisi con un paese così ricco materie prime, grande nove volte l’italia, come si fa? È anche un posto che considera la musica come vera fonte di cultura. Quando c’erano i vinili, accanto al marchio della casa di produzione c’era una frase che mi ricordo: El disco es cultura. Oggi una cosa così non la trovi da nessun’altra parte del mondo.»