Orso Giallo è il titolo del nuovo lavoro discografico dei Vallanzaska, band milanese formatasi nel 1991 in qualità di cover band, fino a raggiungere un’identità propria, con il lancio, nel 1994, del primo disco autoprodotto: Otto etti di ottagoni netti. I Vallanzaska sono: Davide Romagnoni alla voce, Lucio Contini alla chitarra, Christian Perrotta alla tastiera, Luca Specchio al sassofono, Andrea Vagnoni al basso, Francesco Piras alla tromba e Davide Bini alla batteria. Il gruppo inizia a divulgare un sound apprezzatissimo, proseguendo nel 1998 con l’uscita di Cheope, per l’etichetta indipendente Face Records e distribuito da Sony. Nel 2001 sarà la volta di Ancora una fetta. Nel 2011 festeggiano i 20 anni a di carriera con l’album The Best Spaghetti Ska. Da lì, nel 2014 l’uscita di Thegenerazione. Una carriera in piena ascesa che li vede protagonisti di un tour di successo, fino ad arrivare ad Orso Giallo, per la casa discografica Maninalto.
Nel vostro lavoro discografico la leggerezza incontra temi sociali. Quello della politica, Trump, passando per l’Isis. Da cosa siete stati ispirati?
«I Vallanzaska sono un gruppo che attinge dal mondo reale, dalla cronaca nera e non. Non siamo freddi cronisti, ci mettiamo anche un po’ di emozione. Da qui, l’ispirazione per le storie che decidiamo di raccontare. Hai nominato già due elementi attuali che scottano. Come potevamo non affrontarli? D’altronde anche noi siamo sentimentali, nel senso che certi avvenimenti muovono le nostre emozioni. E le raccontiamo nelle canzoni».
In una dichiarazione avete definito l’Orso Giallo come un lavoro maturo. Possiamo altresì riconoscerne una linea di continuità con il vostro esordio?
«Una linea di continuità c’è. Molto nei testi, nello stile meno. Non è quindi un disco prettamente ska, genere che coinvolge quasi metà delle 14 nuove canzoni. Come possiamo fare qualcosa di nuovo? Che ci coinvolge? Ci siamo chiesti. Come vorremmo che suonasse un disco di una band che ha dedicato 26 anni al genere? Così! Diciamo, maturo. Anche staccandoci un po’. Per maturità intendiamo l’intraprendere con estrema curiosità altri generi a seconda di quello che ci chiede ogni singola canzone nella sua fase compositiva e di arrangiamento. Uscendo dalla gabbia dell’essere un gruppo ska. Abbiamo fatto un gruppo diverso, molto vario».
Quattordici tracce in cui esprimete un “svolta stilistica”. Ci potete spiegare in che modo vi muovete?
«Come ti dicevo ogni singola canzone è stata pensata per quello che è . Ci sta bene il dub? Ci abbiamo messo il dub. Donald Trump è funky. In ska gira meno. E vai con il funky. E poi il jazz, reggae, rock, ballad, acustica e pop. Ogni volta che una canzone richiede un genere, seguiamo l’istinto, anche per rendere ogni messaggio, ad esempio l’amore in “Butterfly”, coerente con la musica. Abbiamo usato molto i nostri mac per preparare tutti i provini, dopodichè con il fonico Michele Gas, siamo entrati in studio».
Una curiosità. L’Orso giallo è il titolo del disco. Il vostro nome d’are Vallanzaska. Entrambi estrosi e curiosi. Da dove nasce l’ispirazione?
«Da dove nasca l’ispirazione, non saprei bene. Forse è la storia personale di ciascuno di noi che modella e dà forma ai contenuti e ai nostri prodotti che sono si, le nostre canzoni, ma anche un modo di raccontare la realtà. Orso giallo è un verso di “Soia”, canzone manifesto contenuta nel nuovo lavoro. C’è chi ride, chi piange, chi urla. L’Orso giallo è strano, curioso, un po’ come il nostro disco».
È in pieno svolgimento il nuovo tour. Cosa bolle in pentola?
«Siamo in tour nei club in tutta Italia. Il 6 dicembre saremo all’Alcatraz di Milano. Prevediamo di continuare il tour fino all’autunno del 2018. Seguite il costante aggiornamento del calendario sulla pagina FB Vallanzaska».