La meravigliosa attrice dei sentimenti, Nunzia Schiano, sarà dal 20 novembre al Nuovo Teatro Sancarluccio di Napoli con lo spettacolo “Femmene”, per la regia di Niko Mucci, una serie di monologhi di donne, scritti da Myriam Lattanzio, intervallati da un piccolo radiodramma, Nostra Signora dei friarielli di Anna Mazza. Uno spettacolo tutto al femminile, fatto di racconti interpretati da una intensa e ironica Nunzia Schiano, con canzoni di Chavela Vargas, Mercedes Sosa, Violeta Parra, Consuelo Velasquèz, dalla diretta voce di Myriam Lattanzio accompagnata da Francesco Ponzo alla chitarra e Roberto Giangrande al contrabbasso.
Conosciuta ai più per il suo ruolo in “Benvenuti al Sud”, interpretava il ruolo della madre di Mattia, Nunzia, Nunzia Schiano più volte ha dimostrato con talentuosa attitudine a impersonare donne emozionali districandosi con naturalezza in personaggi all’apparenza facili da interpretare. Un volto che con le sue anche impercettibili espressioni facciali esprime e trasmette gioia, dolore, che racconta il suo vissuto, e pochi, con disinvoltura e spontaneità riescono a comunicare ciò recitando.
Ci saranno vari ritratti di Femmene in questo spettacolo, secondo quale criterio sono messe insieme tutte queste donne?
«Il tutto si svolge su di una ipotetica fermata di autobus, che potrebbe essere la metropolitana di Scampia o qualsiasi altro posto di periferia. Donne che effettivamente aspettano un autobus o di chi ha vissuto un piccolo dramma su quella fermata.»
Che tipo di donne sono?
«Sono antieroi, donne comuni che raccontano le loro storie in una chiave più leggera, ma che trasmettono con intense emozioni il messaggio in tutta la sua problematica. Dalla ragazza di Scampia che vive questa sua diversità, per essere nata in un posto sfortunato, che deve rimanere tale o la signora che, invece, si mette lì perché deve farsi gli affari degli altri o quella che deve prendere l’autobus per raggiungere il posto di lavoro, ma vorrebbe fare altro, ma non ne ha la possibilità.
Usare il tasto della leggerezza per esprimere anche certi tematiche forse non così leggere. La chiave di lettura più semplice sarebbe stata quella di portare la parte drammatica, che fra più pressa.»
Ogni Femmene da un suo messaggio…
«A ognuna di loro è collegato un messaggio. L’unico monologo più tragico è di un madre che piange suo figlio, un delinquente. Un pianto di una madre non legato al figlio bravo e buono. Anche una madre di un delinquente ha i suoi sentimenti, che, in genere, non si vedono, non fanno testo, perché si piange un antieroe.»
Sarai a teatro anche in altri spettacoli…
«A febbraio prossimo in una commedia con Paolo Caiazzo, ma a dicembre riprendiamo Le Statue movibili, testo di Antonio Petito in napoletano arcaico che si fa sempre meno, quindi, mantenere un occhio alla tradizione non fa male. La regia è di Lello Serao, con la compagnia Libera Scena Ensemble, di cui sono anche socio, con attori di diverse fasce di età, un confronto tra generazioni attoriali. Siamo io e mio marito, Niko Mucci, e Ciro Pellegrino, insomma i giovani più attempati e diversi ragazzi intorno ai 24 anni.»
Ma il pubblico non trova difficoltà a capire un testo in napoletano antico?
«Il mese scorso abbiamo fatto Basile in lingua originale, a Prato, che non hanno capito nulla del testo, però attraverso la recitazione, per giunta era una lettura, nemmeno una rappresentazione che poteva aiutare di più, hanno afferrato i concetti, perché sono stati rapiti da questa musicalità della lingua, e anche quello ha un senso.»
Ha mai scritto per il teatro?
«Io sono autistica da questo punto di vista, ho scelto di fare solo l’attrice, mi affido alla regia, discuto anche, perché un attore che fa pedissequamente quello che gli viene detto, manco funziona.
La regia non intesa come messa in scena, chiunque potrebbe farla, ma è qualcosa di più complesso, che presuppone una visione più ampia, e, quindi, non mi applico, posso suggerire delle cose, ma nient’altro. Mi piace stare in scena, riuscire a portare sia quello che qualcuno ha scritto per me o di già scritto. È un lavoro, che se riesci a farlo bene, è soddisfacente.»
Quindi hai litigato spesso con qualche regista…
«Con l’età di più forse, quando ero ragazza, capivo che dovevo imparare ancora molto, sopportavo e mi stavo zitta. Oggi, se una cosa non mi piace, lo dico nella forma e nella maniera più discreta, perché una volta che ho espresso le mie perplessità, mi sento in pace con me stessa e lavoro anche meglio.»
Continuano i tuoi preziosi camei al cinema…
«Sarò nel primo film da regista di Sergio Assisi, girato questa estate, molto carino, semplice, solare, un po’ come è Sergio, si chiama, “A Napoli non piove mai”, ma non è prevista ancora l’uscita.
Poi ho una piccola parte nel film di Francesco Albanese, “Ci devo pensare”, un piccolo cadeaux. Molto spesso prendo parte a dei cortometraggi, mi fa piacere aiutare i giovani emergenti. Prossimamente uscirà “Con il bene di sempre”, per la regia di Fabio Massa con Lello Radice, che racconta di un lavoratore dei Cantieri di Castellammare che perde il lavoro, ma non lo dice a nessuno, la moglie lo lascia e lui va a vivere con la mamma, interpretata da me.»
Ti abbiamo visto anche in una fiction tv l’inverno scorso…
«Una piccola partecipazione in L’oro di Scampia. Mi piaceva l’idea che dava questo film, una visione più positiva della periferia, che cerca un riscatto attraverso lo sport, e, il ruolo è diventato una cosa marginale, e, poi mi piace Marco Pontecorvo come regista.»
Parlaci dei tuoi esordi…
«Ho cominciato abbastanza giovane, intorno ai 17 anni con la musica, in una compagnia di canto e musica popolare, fine anni ‘70 inizio ‘80, poi man mano è subentrato anche il teatro. Inizialmente solo quello dialettale, poi è avvenuto il passaggio al teatro italiano, grazie a un grande insegnante, Lello Ferrara, a Portici al teatro de’ I Rinnovati, dove ho iniziato a capire che fare teatro è un gioco serio, che ha delle regole che vanno rispettate.»
…e al cinema?
«Ho incominciato subito con un cinema commerciale, quello dei Vanzina, che conosce il mezzo come pochi altri, la sua rapidità nell’esecuzione è dovuta al fatto che lui sa perfettamente quello che vuole e come lo vuole, senza farti perdere tempo. Poi ho lavorato con registi completamente diversi, D’Alatri, Pontecorvo, Garrone, con il quale è stata un’altra avventura, abbiamo girato scene anche settanta volte.»