Dal 1° novembre al 1° dicembre 2019 torna nella Capitale il Roma Jazz Festival con un calendario che prevede 23 concerti fra l’Auditorium Parco della Musica, la Casa del Jazz, il Monk e l’Alcazar.
Realizzata con il contributo del MIBAC – Ministero per i Beni e le Attività Culturali e prodotto da IMF Foundation in co-realizzazione con Fondazione Musica per Roma, la 43esima edizione della kermesse musicale ha come titolo No borders. Migration and integration. Un programma pensato per indagare come oggi la musica jazz, nelle sue ampie articolazioni geografiche e stilistiche, rifletta una irresistibile spinta a combattere vecchie e nuove forme di esclusione.
In linea con il tema, e a completare il programma del festival, l’artista Alfredo Pirri realizzerà un’installazione visitabile dal 1° al 30 novembre che, oltrettutto, ha ispirato il visual del RJF2019. Una struttura dal telaio in ferro e pannelli colorati di plexiglass che dividerà in due la Cavea dell’Auditorium Parco della Musica, epifania del concetto di muro e di confine ma dal senso ribaltato: l’opera di Pirri sarà una barriera luminosa e trasparente, continuamente attraversabile dal pubblico, trasformando il concetto di muro nell’evocazione poetica di un rito di passaggio. Durante il corso del festival, l’installazione sarà elemento attivo di una serie di eventi musicali che la trasformeranno in una vera e propria cassa di risonanza.
Ad aprile la nuova edizione del Roma Jazz Festival 2019 saranno i Radiodervish alle 21 nella Sala Sinopoli dell’Auditorium Parco della Musica e gli attesissimi Kokoroko alle 21.30 al Monk Club, in programma venerdì 1 novembre.
Sabato 2 novembre alle 21 in Sala Sinopoli dell’Auditorium PdM sarà la volta invece della statunitense Dianne Reeves, considerata una delle più importanti interpreti femminili di jazz del nostro tempo al pari di Dee Dee Bridgewater, Cassandra Wilson e Diana Krall.
Dalla innata classe di un’elegante signora afroamericana si passa alla esplosiva energia civile di un batterista messicano, grazie al quale il tema del Roma Jazz Festival 2019 ritorna in modo esplicito e diretto, aprendo una finestra sul jazz al tempo del sovranismo. L’appuntamento è lunedì 4 novembre alle ore 21, sempre all’Auditorium PdM ma questa volta in Sala Petrassi con Antonio Sanchez & Migration.
Martedì 5 novembre, nella Sala Petrassi dell’Auditorium PdM, appuntamento quindi con Linda May Han Oh Quartet: sarà l’occasione per ascoltare dal vivo le composizioni del suo ultimo disco Aventurine, lavoro che conferma ancora una volta l’ampiezza di visione di un’artista capace di tenere insieme classicismo e avanguardia. Special guest della serata l’ensemble tutto al femminile Quartetto Artemisia.
Il giorno seguente, mercoledì 6 novembre (h21, Sala Petrassi) si va “all’incrocio delle correnti, dove il mare è più caldo, i venti scompaginano e qualcosa accade sempre”: il Cross Currents Trio è un “supergruppo” formato da una leggenda del contrabbasso, l’inglese Dave Holland, figura centrale del jazz a partire dalla sua collaborazione con Miles Davis in album seminali come Bitches Brew e poi compositore e leader alla testa di gruppi che hanno scritto la storia della musica afroamericana degli ultimi decenni. Con lui il sassofonista statunitense Chris Potter e il percussionista indiano Zakir Hussein, specialista delle tabla.
Sabato 9 novembre alle ore 21 alla Casa del Jazz sarà la volta della Big Fat Orchestra diretta da Massimo Pirone, ospite speciale Ismaele Mbaye (voce e percussioni).
Lunedì 11 novembre nella Sala Sinopoli dell’Auditorium PdM, il Roma Jazz Festival 2019 tocca una delle sue vette più alte ospitando uno dei veri giganti del jazz di tutti i tempi, Mister Archie Shepp, accompagnato dal suo Quartet.
Mercoledì 13 novembre, alle ore 21 nella Sala Borgna dell’Auditorium PdM, è la volta di Tigran Hamasyan, pronto ad esibirsi in piano solo.
Il chitarrista Cory Wong giovedì 14 novembre alle ore 21.30 farà tremare le mura del Monk Club di good vibes, come promettono i titoli del suo ultimo album uscito da pochissimo Motivational Music for the Syncopated Soul e del precedente The Optimist. Il giorno seguente, nuova deviazione fuori dalle sale della casa madre del Roma Jazz Festival: alle 21.30 di venerdì 15 novembre all’Alcazar arriva il sassofonista Donny McCaslin, noto anche fuori i confini del jazz per la sua partecipazione a Blackstar, album canto del cigno di David Bowie.
Sabato 16 novembre sarà la volta di Elina Duni, in programma alle 21 alla Casa del Jazz con un concerto in solitaria per voce, pianoforte e chitarra.
E dopo Archie Shepp, un’altra leggenda vivente del jazz e non solo. L’appuntamento con Abdullah Ibrahim è domenica 17 novembre alla Sala Sinopoli dell’Auditorium PdM, ore 21.
Si passa in Sala Borgna il giorno seguente, lunedì 18 novembre, per assistere al concerto del chitarrista, pianista e compositore statunitense Ralph Towner, figura che incarna perfettamente l’ideale di musicista in grado di padroneggiare i diversi linguaggi della musica classica, del jazz, delle musiche popolari, e di saperli fondere in una sintesi avanzata al servizio di una espressività in grado di aderire allo spirito dei tempi.
Beat voodoo, rock haitiano, blues americano. È questa la miscela esplosiva che viene fuori da Siltane, l’ultimo album della cantante Moonlight Benjamin, definita dalla stampa la Nina Hagen di Haiti, sul palco dell’Alcazar giovedì 21 novembre alle ore 21.30.
Si ritorna al Monk la sera successiva, venerdì 22 novembre, per l’incontro a dir poco affascinante fra Gary Bartz, un pioniere del genere fusion, e i Maisha, band esponente della nuova scena londinese.
La terza settimana del Roma Jazz Festival si chiude sabato 23 novembre alla Casa del Jazz, ore 21, con Federica Michisanti Horn Trio, una delle musiciste che si stanno imponendo nella scena del jazz italiano come contrabbassiste, compositrici e leader di propri gruppi e progetti. Una vera e propria onda che sta ridefinendo il profilo di questa musica.
A fianco di altri grandi nomi internazionali, è fortissima la presenza italiana nell’ultima settimana del Roma Jazz Festival. Si parte mercoledì 27 novembre nella Sala Borgna dell’Auditorium PdM (ore 21) con il Leonard Bernstein Tribute a opera del sassofonista Gabriele Coen, il musicista italiano che più ha indagato e lavorato sul rapporto tra jazz e musica ebraica in tutte le sue forme e reciproche acquisizioni. Si rimane in Sala Borgna anche il giorno seguente, giovedì 28 novembre, con Il Jazz visto dalla Luna di Luigi Cinque e la sua Hypertext O’rchestra che vanta come componenti, fra gli altri, la cantante Petra Magoni, il pianista Antonello Salis e il percussionista Alfio Antico. Special guest della serata Adam Ben Ezra al contrabasso e voce.
Fra i momenti più attesi di tutto il festival c’è sicuramente il concerto di Carmen Souza venerdì 29 novembre alle 21 nella Sala Borgna dell’Auditorium PdM per presentare il suo ultimo disco in uscita nel mese di ottobre.
Il penultimo concerto della 43° edizione del RJF è affidato al sassofono di Roberto Ottaviano che sabato 3 novembre in Auditorium PdM – Sala Borgna, presenta Eternal Love, la sua ultima produzione discografica.
Domenica 1° dicembre il festival si chiude con il concerto Mare Nostrum, ensemble composto da musicisti che non hanno bisogno di presentazioni: Paolo Fresu, tromba e flicorno, Richard Galliano, fisarmonica e accordina, Jan Lundgren, pianoforte. In Sala Sinopoli dell’Auditorium PdM, ore 21. Il viaggio del Roma Jazz Festival termina così dov’era cominciato, richiamando con il nome dell’ensemble quel Mediterraneo che è ricordo e promessa di una convivenza fertile.
Infine, in occasione del festival, ripartono in Auditorium Parco della Musica le Lezioni di Jazz curate da Stefano Zenni. Giunte alla loro ottava edizione, si confermano l’occasione per approfondire il jazz e le sue figure più significative, i capolavori memorabili, gli strumenti, le connessioni con i grandi temi della cultura. Il ciclo di 10 lezioni avrà inizio il 10 novembre con un incontro perfettamente in linea con il tema del RJF2019: storia e analisi del capolavoro di Charles Mingus Meditations on integration.