Al Teatro Troisi di Napoli il 28 e 29 marzo 2015, rispettivamente alle 21 e alle 18 sarà in scena lo spettacolo “Occhio alla spia”. La commedia in due atti di John Chapman e Michael Pertwee vedrà sul palco Nicola D’Ortona, Maurizio Rata, Barbara Bonaccorsi, Luciano Scarpati, Mariano Grillo, Eleonora Coppola e Ida De Rosa diretti dal regista Gianni Villani.
In attesa della prima, ho avuto il piacere di intervistare l’attore protagonista Nicola D’Ortona. Una chiacchierata sul futuro e soprattutto sul presente, uno scambio avvenuto al tavolino di un bar. Un incontro semplice, dove Nicola non ha esitato a rispondere a tutte le mie domande seguendo un filo rosso che molto spesso oggi in molti dimenticano: la banale verità.
Prima di parlare dello spettacolo, mi piacerebbe qual è stato il tuo percorso. Quand’è che hai capito che volevi fare l’attore?
«Fin da piccolo ho avuto questa passione, ma in pratica il mio percorso è iniziato solo un paio di anni fa. Ho cominciato sfruttando il mio tempo libero, poi ho confessato a mio padre che credevo con tutto me stesso in quello che stavo facendo e lui mi ha appoggiato nell’inseguire questo mio sogno.»
Bellissimo questo tuo sottolineare fin da subito l’appoggio di tuo padre…
«È la semplice verità: nessun artista da solo ce la fa, i veri artisti o hanno una persona accanto o non sono artisti, sono prodotti. Un artista ha bisogno di supporto perché non pensa alle cose concrete e serve qualcuno che lo faccia al posto suo. Mio padre mi ha detto: “Se credi in te stesso, se pensi che puoi arrivare da qualche parte ci proviamo. Se poi non ce la fai, cambiamo strada: ci sono tante cose che puoi fare”. Il suo sostegno è stato e continua ad essere fondamentale.»
Da qui quindi hai iniziato a studiare e hai anche dopo poco fatto il tuo primo spettacolo…
«Esatto: sono andato a Roma e ho avuto modo di studiare con Massimiliano Milesi, Paola Gassman e Ugo Pagliai. Sono partito da zero, avevo anche la cadenza napoletana e ho dovuto imparare tante cose. Ho anche frequentato l’accademia, ma poi ho preferito un percorso individuale. Il primo spettacolo è stato proprio con Massimiliano Milesi.»
Com’è stata la tua prima volta in scena?
«In tutta sincerità? Bruttissima. Non perché io abbia avuto una brutta esperienza stando sul palco, ma l’essere insicuri mentre ero in scena è stata la cosa più brutta. Ovviamente poi col tempo è stata la prima cosa che ho imparato a padroneggiare sia con la mente che con il corpo. Se una persona si sente sicura può fare tutto, un artista che vuole avere successo deve trasmettere serenità e sicurezza e in primis deve sentirsi quindi sereno e sicuro. Le incertezze portano ai fallimenti e per questo motivo ho lavorato molto sul mio autocontrollo.»
Dopo queste prime esperienze a Roma sei però tornato a Napoli…
«Si e la scelta è stata ben ponderata. A Roma c’è una concorrenza molto sleale: ci sono tantissimi attori che ci provano e non sempre ti danno la possibilità di fare il provino. A Napoli avevo delle conoscenze che mi hanno permesso di iniziare ad emergere un po’ prima rispetto che se fossi rimasto nella capitale e quindi eccomi qui!»
Cosa pensi significhi essere attore?
«Penso che non esista una sola definizione: l’artista è sempre artista e l’attore lo è sul palco e anche nella vita. Non si è attori perché si finge, ma lo si è nell’interpretare la vita stessa.»
Perché hai scelto di cominciare partendo dal teatro e non facendo invece direttamente provini per pellicole cinematografiche?
«In primo luogo credo che il teatro sia alla base di tutto. Ancora però ho lavorato e lavoro come modello e da questa esperienza ho imparato moltissimo. Personalmente stare davanti alla macchina fotografica è più difficile che recitare su di un palco. La macchina cattura ogni tuo dettaglio, lo stesso farebbe una cinepresa con tutti i suoi fotogrammi. Il teatro quindi è stata la scuola per avvicinarmi al cinema: non ero pronto, sarei stato scartato.»
Non hai quindi voluto giocarti la carta di puntare anche alla tua obiettiva bellezza…
«Assolutamente no: avrei rischiato di giocarmi tutto e restare a vita associato al classico “principe azzurro”. La bellezza è un come un fiore no? Appassisce. Sono una gran sognatore, ma cerco anche di capire come raggiungere i sogni. Penso inoltre che un’arma vincente sia l’essere da sempre predisposto al fallimento. Bisogna rischiare nella vita, a qualunque costo. Adesso per esempio, dopo questa prima gavetta c’è in programma di fare un film. Ho conosciuto un produttore molto disponibile e, teoricamente, sono entrato a far parte di questo cast di un film che, tra le altre cose, sarà girato a Napoli.»
Nonostante ci sia molta crisi, da ciò che dici si evince che qualcosa anche qui a Napoli si muove…
«Si muove sempre qualcosa, specialmente quando c’è crisi. L’altro giorno ho scoperto che Robin Williams, così come la maggior parte degli attori di Hollywood erano tutti artisti di strada: è stata per me una rivelazione. Se oggi chiudessero i teatri, se nessuno potesse più andarci sarebbero gli attori ad andare per strada dai loro spettatori!»
E adesso parliamo di “Occhio alla spia” in cui per l’appunto reciti il ruolo del protagonista…
«Un protagonista che si trova sempre nella condizione di dover dire bugie, una spia per l’appunto che non può far altro che mentire e costruire castelli su altri castelli che crollano. Una commedia molto divertente dal tipico humor inglese.»
Per quale motivo, tornando a prima, gli spettatori dovrebbero venire a teatro?
«Per una ragione molto semplice: far sorridere il cuore. Questo spettacolo trasmette energia positiva. Gli spettatori torneranno a casa con la soddisfazione di essere andati a vederlo e io penso che in questo periodo in cui se ne han pochi di motivi per sorridere, questa sia un’occasione imperdibile. Per tutto il resto vi aspetto in teatro!»