Gli umori dell’atletica mondiale sono oggi più vicini alle stalle che non alle stelle, e questo quando ormai pochi mesi ci separano dal magico appuntamento delle olimpiadi brasiliane. Zanzara zika a parte – che comunque continua ad essere un incubo per gli organizzatori, rappresentando un possibile motivo di forfait in massa per gli atleti (e soprattutto per le atlete) delle varie federazioni -, è ancora lo scandalo doping internazionale a tenere banco, in particolare quello che ha travolto la federazione russa, costringendola ad una momentanea (?) sospensione dalle competizioni. La cosa è indubbiamente gravissima e meritevole della sanzione, e oltretutto se l’effetto della squalifica diventasse anche retroattivo, molte medaglie vinte in passato dai russi dovrebbero essere restituite e rimesse in palio. Ma non c’è dubbio che i commenti e le prese di posizione al riguardo da parte delle massime istituzioni sportive e della stampa occidentale, appaiano alquanto pretestuosi e persino un po’ ipocriti. Intanto, essendoci di mezzo la Russia, la vicenda ha subito assunto i toni da guerra fredda (sportiva e non solo), sul tipo: “tutti noi sapevamo da anni che i Russi imbrogliassero alle gare, mentre qui invece noi sgobbavamo duro e giochiamo sempre pulito…”. Inoltre, a ciò si è di recente aggiunta una sfumatura giallo-mistery, molto in tono in effetti con un “clima da Kgb”, con la notizia della morte improvvisa di Nikita Kamayev, ex direttore esecutivo della “Rusada”, l’agenzia antidoping russa, il quale appena due mesi fa si era dimesso dall’incarico proprio in seguito al doping-gate: era in buona salute ma, mentre sciava tranquillo, all’improvviso si è sentito male ed è spirato.
Insomma, la “governance” dello sport mondiale ha di che essere in crisi. Dopo la bufera-corruzione che ha investito il calcio e la FIFA, ora lo scandalo doping invade l’atletica (non solo quella russa, sul banco degli imputati c’è anche tanta Africa) e in fondo lambisce la stessa IAAF, la potente “International Association of Athletics Federations”, tanto che al suo capo, l’autorevole Sebastian Coe, il grande campione britannico del mezzofondo, poi stimato politico conservatore insignito con il titolo di “lord”, si richiede l’improba impresa di riabilitare questo grande sport agli occhi dell’opinione pubblica. E lui ci prova: per ora contrattaccando e lanciando vibranti accuse di “ipocrisia” alle varie multinazionali (Adidas, Nestlé) che minacciano di togliere i loro sponsor alle prossime manifestazioni sportive.