Forse è arrivato il momento di stringere un’alleanza con il divano che siamo abituati a “sfiorare” solo la domenica, e recuperare tutte quelle serie tv che sonnecchiano da mesi nella nostra lista dei “da vedere” di Netflix. Si potrebbe dare la precedenza a quelle serie lunghe, che probabilmente occuperanno interamente le nostre giornate, o iniziarne qualcuna più breve ma capace di farci distrarre.
“Sex Education”: serie britannica di due stagioni, è stata creata da Laurie Nunn e diretta da Kate Herron e Ben Taylor. Ambientata in Inghilterra al liceo di Moordale, racconta di adolescenti che hanno problemi con il sesso e si rivolgono ad Otis, figlio di una sessuologa, che improvvisa una “clinica del sesso” a basso costo e dà consigli senza aver mai fatto pratica. Apparentemente può sembrare un prodotto adolescenziale da snobbare, invece è un ironico spaccato della crisi dei 17 anni e del rapporto con i genitori, il tutto condito da un romanticismo intenso e una soundtrack super contemporanea realizzata da Ezra Furman.
“Glow”: sulla stessa linea, almeno per quanto riguarda l’ironia e la critica pungente, mascherato da dramma glitteroso, è in realtà un viaggio nella femminilità e nella guerra al sessismo, creata da Liz Flahive e Carly Mensch. Ambientato nel 1985, il titolo sta per “Gorgeous Ladies of Wrestling”, e racconta di un gruppo di donne che per vari motivi si ritrovano in un programma di wrestling, dirette dall’ex regista fallito di B-movie Sam Sylvia. Tre stagioni disponibili, è inusuale ed esteticamente interessante, e la ricostruzione storica è così dettagliata che inizia dalle tutine di nylon per finire alle riprese fedelmente anni ’80.
Cambiando totalmente genere, c’è “Mindhunter”: ideata da Joe Penhall e diretta, in parte, dal maestro del thriller David Fincher, racconta di come i due agenti Bill Tench e Holden Ford iniziarono a classificare i serial killer analizzando il loro profilo psico-sociale. Accanto a loro inoltre la professoressa di psicologia Wendy Carr interpretata da Anna Torv, l’apparizione che ricorda Fringe ed è un piacere ritrovare qui.
“Atypical”: creata da Robia Rashid, racconta di Sam, diciottenne autistico che decide di approcciarsi al mondo dei sentimenti, esplorando il suo desiderio di indipendenza, con tutto ciò che ne consegue in termini di ricadute personali e familiari. Tre stagioni dolci e divertenti, per uno show in cui l’elemento
autistico è un’occasione per riflettere tout court sulle relazioni umane.
“Black Mirror”: è una serie tv distopica sul rapporto tra uomo e tecnologia, creata nel 2011 da Charlie Brooker. Cinque stagioni con puntate auto-conclusive e due episodi speciali: uno di Natale con la star di “Mad Men” Jon Hamm e l’altro intitolato “Black Mirror Bandersnatch”, un vero e proprio film interattivo
in cui lo spettatore è messo nella condizione di scegliere il destino al protagonista, influenzando la prosecuzione della trama.