Nesli torna sulle scene con “Vengo in pace”, il nuovo album che chiude idealmente la trilogia anticipata nel 2015 da Andrà tutto bene e nel 2016 con Kill Karma. Il 21 marzo è partito dal Largo Venue di Roma il “Vengo in pace tour 2019”, tour che vedrà Nesli impegnato nei club più prestigiosi d’Italia. Per l’occasione abbiamo scambiato quattro chiacchiere con l’artista.
Il 22 marzo è uscito il tuo nuovo album “Vengo in pace”, che chiude la trilogia iniziata nel 2015 con “Andrà tutto bene” e “Kill Karma”. Un percorso musicale alla ricerca della felicità e di un equilibrio interiore.
«La parola felicità in italiano è un po’ come la parola amore, cioè è un contenitore di tante parole, ma è sbagliata. Sicuramente ho imparato cos’è la serenità e cosa sono i punti di vista. Ho tutti i pianeti nel segno, quindi mi sono svegliato un giorno di questo 2019, con la consapevolezza che avevo mille ragioni per sentirmi sereno e poche per sentirmi triste, quindi probabilmente in tutto questo tempo avevo guardato dal punto di vista sbagliato, guardando solo le ragioni che mi rendevano triste e sottovalutando le tante ragioni che mi rendono sereno. Urano, Saturno e Venere nel mio segno, hanno fatto in modo che io spostassi la visuale su quanto di bello ho, ed è molto. Per tanti anni mi sono lasciato coinvolgere da questo tempo di adesso, in cui contano solo i numeri, falsati, visualizzazioni comprate, tutto è un numero. I numeri obiettivamente li deve fare il ragioniere e centrano poco con me, solo che questo l’ho capito adesso e nel momento in cui l’ho capito mi sono rasserenato».
Ci parli di questo nuovo lavoro?
«”Vengo in pace” è la chiusura di una trilogia che arriva a due anni e mezzo di distanza dal precedente “Kill Karma”. Quindi mi sono preso un po’ più di tempo per pensare alle canzoni, alle parole, al suono, a come farle. Un periodo che a molti giovani artisti potrebbe spaventare, poiché pensano che possano essere dimenticati. Devo dire che ringrazio gli italiani che mi seguono e che questa paura non me l’hanno mai trasmessa, quindi so che posso star fermo anche quattro o cinque anni, ma non perderò il mio pubblico. Non sarò il prima della lista, ma chi se ne frega! Questo è un disco che mi piace, ben riuscito. Lo abbiamo allungato parecchio, non è stato fatto nella bolla di ispirazione come uno può pensare. Però sono contento perché è bello suonare questi nuovi brani, un bel catalogo musicale. Sono orgoglioso di questi tre dischi, di questo percorso, delle canzoni che canto, anche se solo oggi me accorgo, e forse è giusto che sia così».
L’album contiene 11 brani, quale è il messaggio che cerchi di lanciare?
«Il messaggio che voglio lanciare è esattamente descritto nel titolo e nel gesto che faccio con la mano nella foto in copertina che è rivolto alla gente. Il messaggio è “Vengo in pace” e chi mi conosce sa cosa intendo. Per chi non mi conosce l’imprinting che voglio dare è un messaggio pacifico. Io parlo di pace legata al mio mondo. Vengo in pace in un mondo di guerra, in un mondo in cui nessuno si assume la responsabilità dei fatti, delle parole. Viviamo in un mondo dove la fanno da padroni i social, una nuova frontiera che ha creato nuovi modi di comunicare, ma anche nuove patologie. Questa mancanza di responsabilità che si dà alle parole è la mia battaglia personale. La guerra che attribuisco a questo mondo è verbale, fatta di irresponsabilità, non di mancanza di valori, perché è una roba vecchia, ma di mancanza di educazione civica. Con questo non voglio fare il bigotto. Vengo da una scuola di pensiero nei confronti della vita, per cui puoi essere e decidere di essere qualsiasi cosa tu voglia, ma di quella cosa devi assumerti la responsabilità e devi averne consapevolezza. Intere generazioni usano le parole come se fossero noccioline, non rendendosi conto che tutto questo sta generando dell’altro».
Quindi tu non sei a favore dei social?
«Non vorrei apparire come anti-social. Io sono anti-social a chi attribuisce l’utilizzo dei social collegato a un lavoro. Il giornalista non è tenuto ad essere giornalista social. Il social è cazzeggio è l’ultima ruota del carro di una ruota di intrattenimento. Il social per me è l’estensione di una rubrica del telefono».
Ma i social potrebbero essere utili ad accorciare le distanze tra un artista e i propri fan…
«Un modo più veloce per avere un contatto con l’artista significa anche un modo facile, per me è sbagliato perché non può essere facile o veloce, non deve. Perché è frutto di una costruzione di una vita, di una gavetta, di una carriera. Abbreviare quel percorso è del tutto sbagliato. La maggior parte di quello che gira sui social non sono messaggi positivi, quindi qualcosa non è stata spiegata o non è stato capito. Tutto questo modo nuovo di comunicare ha distrutto diversi settori, la fotografia, il cinema, tantissime cose vengono meno perché è più facile e più veloce. Un po’ di tempo fa mi rimproveravano, adesso non lo faccio più, che usassi il mezzo pubblico per un utilizzo privato. Mi dicevano che non potevo contattare le ragazze su instragram. Ma come non posso se è un mezzo che nasce per abbattere un contatto di distanza e soprattutto ne faccio un utilizzo privato? L’idea di renderlo pubblico ha sballato tutto. Ha sballato perché in televisione se presentano un attore dicono: “Ed ecco a voi pinco pallo con 100mila follower”, mentre una volta quando si presentava un artista si elogiava per la sua carriera, per i premi vinti e per quello che aveva fatto. Adesso è una livella di ignoranza e mediocrità».
Il 21 marzo è partito da Roma il tuo nuovo tour.
«La cosa figa è che il tour è iniziato prima dell’uscita dell’album. E questa è una cosa che si faceva anni fa, quando non c’erano i social (ride n.d.r). Abbiamo iniziato a Roma e chiudiamo l’11 aprile all’Alcatraz, toccando i club più importanti delle più belle città d’Italia, quindi invito tutti a venire. La mia è una band veramente rock ‘n’roll, con chitarra, basso e batteria. Con i musicisti suoniamo insieme da quattro anni, quindi si crea davvero una bella sinergia sul palco. Il live è molto importante perché mi ricorda sempre il motivo per cui faccio musica. Se in quel momento ha perso la motivazione o se lo fai da tanto come me, il live ti ricorda perché hai iniziato a farlo e poi la musica live si propaga bene. A me piacciono ancora di più i live all’aperto, infatti d’estate faccio mi esibisco nelle piazze, perché quell’energia che si propaga la sento tantissimo. Il live è la mia dimensione ideale».
Ecco tutte le date del tour (prodotto da Color Sound)
29 marzo- Bologna – Estragon
31 marzo- Torino – Hiroshima Mon Amour
04 aprile- Napoli – Casa della Musica
05 aprile- Bari – Demodè
06 aprile- Catania – Land
11 aprile- Milano – Alcatraz
26 marzo- Bolzano – Teatro Cristallo
28 marzo- Firenze – Flog