Dal 22 agosto è nelle sale cinematografiche l’atteso film del regista giapponese Hirokazu Kore’eda dal titolo L’innocenza che ha meritato la Palma d’oro per la sceneggiatura al Festival di Cannes 2023 firmata da Yuji Sakamoto. La colonna sonora è di Ryuichi Sakamoto, recentemente scomparso e premio Oscar nel 1988 per L’ultimo imperatore di Bernardo Bertolucci. Particolarmente belle ed intense due composizioni per pianoforte: Monster 1 e 2. Il film è a lui dedicato.
In una intervista rilasciata a Lorenza Negri per Vanity Fair (n°34), Hirokazu Kore’eda ha spiegato che Mostro è il titolo originale del film perché è così che la società considera chi non è normale sottolineando il fatto che nel suo lavoro gli adulti costringono i bambini a comportarsi nei modi che ritengono accettabili mentre lui desiderava che gli spettatori empatizzassero con i due protagonisti. E alla domanda del come mai la storia è narrata da tre prospettive diverse il regista ha risposto così: «Volevo che il pubblico avesse il punto di vista di tre personaggi, così che potesse schierarsi prima di scoprire la verità. Per il suo insegnante Minato è un bullo, per la sua mamma è una vittima, per il compagno di classe Yori è un angelo custode. Quando scopriamo che Minato proteggeva Yori, realizziamo quanto facilmente affibbiamo l’etichetta di mostro».
Le vicende narrate prendono avvio da un incendio di un Hostess bar che illumina a giorno la piccola cittadina di Suwa nella provincia di Nagano, in Giappone. I primi due personaggi che compaiono sono una giovane madre vedova Saori (Sakura Ando) e suo figlio Minato (Soya Kurokawa). Da qualche giorno il ragazzo si comporta in modo strano e la madre crede che sia vittima di episodi di bullismo non solo da parte dei compagni ma anche del nuovo maestro Hori (Eita Nagayama). Saori pertanto si reca a scuola e chiede un incontro con la preside dell’istituto e gli insegnanti. I loro comportamenti sebbene ossequiosi, non fanno altro che confermare i suoi sospetti tanto che lei minaccia di iscrivere suo figlio in un’altra scuola. Tuttavia quando il punto di vista si sposta su Hori, il maestro, lo spettatore deduce che Minato non è colui che viene bullizzato dai compagni ma un altro alunno di nome Yori (Yota Hiiragi), orfano di madre e con un padre violento. Ma ancora una volta tutto non è come sembra. L’attenzione ora viene spostata sul reale rapporto tra Minato e Yori e la scoperta della loro sessualità.
L’innocenza è un film potente e poetico che segue le tematiche care a Hirokazu Kore’eda quali: le contraddizioni e i tabù della società nipponica, le famiglie allargate, le adozioni, la memoria, i lutti. Basterebbe soltanto la parte finale del film per classificarlo come un capolavoro del cinema giapponese degli ultimi anni anche se qualche critico vi ha riscontrato delle affinità con Close del regista belga Lukas Dhont del 2022.
La particolare ed originale narrazione stratificata per analizzare i confini del bene e del male nonché il mettere in primo piano il candore e le pulsioni di due ragazzini che catturano da subito le simpatie degli spettatori, la recitazione senza sbavature soprattutto da parte dei due piccoli attori protagonisti, veri e propri enfants prodiges, la sospensione temporanea di qualsiasi giudizio sostenuto dalle proprie esperienze personali e dai condizionamenti e dai pregiudizi sociali fanno de L’innocenza un film da vedere.
Ci ha sorpresi constatare che anche in Giappone la famiglia e la scuola, preposte all’educazione delle nuove generazioni, ancora oggi non si interroghino seriamente sui reali bisogni dei ragazzi e non si adoperino per uno sviluppo armonico della personalità che includa i concetti d’identità e sessualità.