Partiamo dai numeri: 22 anni di carriera, 8 milioni di dischi, 75mila e passa follower su Facebook. Nek non è più il nuovo cantautore italiano ma una vera stella della nostra musica, che entrerà nella storia sicuramente per brani che hanno fatto cantare generazioni, come Laura Non c’è o Sei Solo Tu. Dalla fine degli anni 90 è famosissimo in alcuni stati europei e soprattutto in Sud America dove anche il suo undicesimo album, Filippo Neviani viene pubblicato in versione spagnola, come ormai consuetudine.
Come pensi di dividerti tra le promozioni di tutti i mercati in cui sei pubblicato?
«È questo il bello del mio lavoro, posso contare su tante persone che mi seguono in varie parti del mondo. Credo che in estate avrò bisogno dell’ubiquità! Ma mi piace anche il fatto che il disco in Italia abbia un singolo, Congiunzione Astrale, e in Spagna un altro, La Metà di Niente che in spagnolo diventa La Mitad de Nada. È cantato in duetto con Sergio Palma una stella in Spagna, ed è anche per questo che l’abbiamo scelto per quei territori. Scopro anche cose diverse, come tempi più lunghi per la radio che all’estero ha bisogno di molti mesi prima di assimilare un pezzo.»
In cosa è diverso questo disco che porta il tuo nome di battesimo?
«È una ripartenza, anche in omaggio ai fan che da sempre mi chiamano Filippo. Sicuramente è il disco pià sentito che ho fatto perché le tracce sono state suonate interamente da me. È anche un lavoro dove ho potuto convogliare tutti i sentimenti più forti che ho provato, perché è stato concepito tra la nascita di mia figlia Beatrice e la scomparsa di mio padre a cui è dedicato l’intero album.»
Che rapporto avevi con lui?
«Molto forte, l’amore per la terra e i valori della cultura contadina per esempio. Quando c’era lui ho lavorato molto anche alla nostra produzione agricola in Emilia. Una cosa che ogni tanto faccio ancora per rigenerarmi, anche solo mettendomi lì a guardare la mia terra con spirito malinconico. Ho scritto decine di canzoni pensando a lui e, anche se non lo menziono sempre in tutte.»
Menzioni anche Dio in uno dei testi.
«Sì, in Hey Dio parlo dell’attuale periodo storico. Ho fatto un percorso di fede e ne sono felice. Sono un credente orgoglioso e sereno non so perché da noi c’è ancora l’idea che non si possa parlare tranquillamente di queste questioni. Che male c’è? L’equazione sesso droga e rock n’ roll non è un fattore estetico, si può essere rock anche credendo in Dio, penso a Ligabue che è molto rock coi capelli un po’ bianchi, anche se ora mi pare li abbia tagliati.»
Musicalmente da cosa è ispirato il disco?
«Ho ascoltato molto Virgin Radio, i Red Hot Chili Peppers, Muse, Editors e Kings of Leon. Sono rimasto affascinato dall’ascolto di gruppi con una struttura basso-chitarra-batteria, così ho deciso di non utilizzare tastiere e sequenze, anche se risolvono parecchi problemi armonici. Volevo riprodurre sul disco l’essenzialità e la fisicità dei live, quindi in tutte le canzoni ho sfruttato le potenzialità delle chitarre anche per creare i colori sonori delle tastiere. Per la prima volta ho suonato io tutti gli strumenti, perché nessuno meglio di me poteva mettere in forma canzone ciò che avevo in mente. Ci sono tanti musicisti migliori di me, ma nessuno conosce le mie composizioni meglio di me. Parte della magia di un brano si dissolve quando lo spieghi a un esecutore, perché lui filtra naturalmente le tue indicazioni con la sua sensibilità e il risultato è inevitabilmente diverso da ciò che avevi in mente.»
Con che spirito affronti temi sociali a 41 anni?
«L’egoismo e la fragilità umana sono il tema di “Soltanto te”. La profezia dei Maya sulla fine del mondo ci ha fatto vivere momenti di paura perché non siamo in pace con noi stessi. Abbiamo preso coscienza che al mondo non esistiamo solo noi e dobbiamo comportarci con maggiore altruismo; ma cessato il pericolo siamo tornati alle nostre quotidiane meschinità.»
E perché hai scelto Congiunzione Astrale come primo singolo?
«Parla della forza universale dell’amore. Un sentimento intenso e indissolubile già scritto nelle stelle, perché il nostro destino è vivere insieme questa straordinaria storia d’amore. È un brano che sento molto mio, anche se è stato scritto dalla coppia Camba-Coro, due autori bravissimi con cui ho avuto una bella condivisione di pensieri. L’arrangiamento è più pop rispetto all’anima rock del disco: la strofa ha una melodia articolata e mai banale.»
Parli anche di storie che hai vissuto in prima persona, oltre alle dediche ai tuoi cari?
«L’amicizia è un sentimento che merita il massimo rispetto: verità e schiettezza non devono mai essere calpestate; a maggior ragione quando ci si conosce da vent’anni. In Io No Mai racconto una storia vera: mi schiero dalla parte di un amico ferito perché da un’altra persona non ha ricevuto il giusto riconoscimento della loro amicizia. Non si può consumare la fine di un lungo rapporto con una fredda mail o lettera. L’arrangiamento ha la pulizia sonora di chitarra acustica, basso e batteria; poi nell’inciso la voce si fa più urlata e la chitarra mostra muscoli rock per dare più vigore al mio sfogo.»
Ti sei mai chiesto perché hai tanto successo nei paesi latini?
«La risposta me l’hanno data gli ascoltatori nei primi viaggio che ho fatto lì. Mi dicevano che ho la melodia italiana tipica fusa con l’energia del rock, che è un connubio che loro non avevano sentito prima. I complimenti mi danno sempre forza anche se devo ammettere che non ho mai mollato la mia carriera anche quando le cose non andavano bene. Se c’era un periodo non esaltante non ho mai smesso di credere nella musica e mai pensato di mollare. Lo stesso dicasi per le forti critiche, non mi sono lasciato abbattere.»
Sei un grande fan di Sting, ci racconti l’incontro con questo grande artista?
«Lo conosco dal 1999, abbiamo un’empatia per tutto quello che riguarda la terra, i prodotti biologici. Ci siamo incontrati suonando in privato, lui aveva il liuto e io lo accompagnavo, poi gli ho detto che suonavo anche io professionalmente. Mi piace pensare che ci conosciamo bene, anche se io conosco lui da più tempo!»
Hai attraversato tante fasi del music business, come pensi sia messa la musica nel 2013?
«È tutto cambiato, le case discografiche come sappiamo si sono ridimensionate, io non ho mai lasciato la Warner. Ci sono prodotti che vivono grazie alla tv, e non tutto è un bene. C’è troppa roba che esce e si consuma a una velocità che fino a qualche anno fa era impensabile. Con Tiziano Ferro ho fatto l’assistente coach alla versione spagnola di The Voice. Mi sembra che sia un talent un po’ diverso. Gli altri non li conosco bene.»