All’incontro nel museo della Scienza di Milano, i Negramaro si sono presentati come artisti a tutto tondo, con tanto di proiezioni e installazioni del loro nuovo lavoro, La Rivoluzione Sta Arrivando.
Un disco di fattura precisa, minuziosa, dove il minimalismo rock ha spazzato via le complicanze elettroniche in virtù di una autoproduzione che passa quasi per gloriosa, visto che tutti e sei i componenti della band salentina si sono impegnati assieme per «Fare un disco che rappresentasse tutto quello che siamo stati negli ultimi 15 anni», dice Ermanno Carlà, il bassista. Che è anche autore del concept grafico del disco, «un concetto che ruota intorno alla poetica dei testi che si base sui sentimenti e le emozioni umane, dalla nascita alla fine».
Il diario di bordo che si nasconde dietro il booklet lega il passato e futuro all’interno della maschera sorridente su sfondo blu che Giuliano Sangiorgi, il leader della band, descrive come «Un segno che sbandiera l’intento rivoluzionario, ma non siamo i pirati che arrivano e distruggono, vuole essere piuttosto una maschera teschio che racchiude la vita, la morte e l’ironia che raccontiamo nelle canzoni». Ci sono anche dei graffi nel logo, che i musicisti dicono «riflettono i segni del tempo che non vogliamo nascondere. Cresciamo anche noi, ma massimo rispetto per chi ricorre al lifting», scherzano involontariamente.
La spinta all’autoproduzione gliel’ha data in primis Caterina Caselli, che li segue da sempre per la Sugar, la sua etichetta. Ovviamente, l’uscita del disco del gruppo pugliese è uno degli eventi dell’anno e i protagonisti un po’ la sentono questa responsabilità: «Sono finiti i tempi del gatto e la volpe che vogliono manipolarti – dicono dell’industria discografica – e anche se ci sono dei produttori in giro che sfornano hit radiofoniche azzeccate, a noi non è stata fatta nessuna pressione. Anzi, la signora Caselli ci ha ispirato anche con la grafica, ci ha detto che lo sfondo del logo doveva essere blu, che rispecchia il profondo, il mare, il blues che si sente nelle canzoni…».
“La rivoluzione sta arrivando Tour 2015” le date
Non è una virata dark, quindi, nemmeno esteticamente: «Piuttosto ci siamo riappropriati di un certo rap che è stato sempre il punto di partenza dei nostri pezzi più forti, infatti con noi nell’airplay radiofonico italiano è entrato di diritto il rock ma anche questa matrice rap che mi porto dietro da quando ho acquistato il mio primo disco, Don’t Believe The Hype dei Public Enemy», racconta Sangiorgi. In effetti da lì, tardi anni 80 a Run DMC e Walk THis Way, il passo è stato breve.
«Quella è stata la rivelazione, la musica ha iniziato a parlarmi con quel disco, le emozioni e gli orizzonti che ti apre sono immensi. Per questo non crediamo di essere presuntuosi quando intitoliamo il disco con una frase così impegnativa, perché il periodo che stiamo vivendo, noi e voi, è rivoluzionario. Niente sarà più come prima, per me la rivoluzione è prendere atto che ci sono i valori della vita da cui non ci si può allontanare, come l’aiuto a chi ne ha bisogno, l’accoglienza. Sembra un passo indietro, ma è molto moderno».
Sangiorgi è al limite della commozione quando ripensa alle immagine dei migranti morti sulle nostre coste e alle perdite che alcuni membri della band hanno avuto tra i famigliari, in questi ultimi anni. «L’esperienza ci ha reso sensibili e l’abbiamo riversata in alcune tematiche del disco. Anche il concetto stesso di musica, che per noi è un sogno, ha reso questo disco il nostro disco importante. Lasciate all’arte l’arte del sogno, già la realtà è così triste, non si può parlare sempre di quello».
Aiutati da Mauro Pagani per le registrazioni orchestrali fatte a Milano, e dai fonici dello studio di registrazione blues per eccellenza di Nashville dove hanno terminato il disco, i Negramaro si sono anche guardati un po’ indietro come band di amici, dal punto di vista emotivo. «La sera prima di andare in sala a incidere, mi sono messo a pensare all’ultima canzone da scrivere – dice Giuliano – che è L’Amore Qui Non Passa. È la canzone che ci ha riuniti e azzerati in un certo senso, io sono niente senza di loro. La nostra storia, sei ragazzi salentini che partono assieme e fanno quello che abbiamo fatto noi, non credo abbia eguali in Italia. Anche se dovesse finire domani, resterebbe unica».