Si chiama Grand Romantic il nuovo album di Nate Ruess in uscita il 16 giugno. Il disco è il debutto solista della voce dei famosissimi FUN. e del protagonista di uno dei duetti più venduti degli ultimi anni (“Just Give Me A Reason” con P!nk, firmata anche come co-autore, oltre 9 milioni di singoli venduti). Nate ha firmato col suo gruppo “Some Nights” (2012, oltre 2.5 milioni di copie vendute nel mondo), con i singoli “We Are Young”, “Some Nights” e “Carry On” che sono entrate nella storia recente del pop mondiale. Con il produttore Jeff Bhasker ha voltato pagina, ha cambiato vita e ha preparato un disco molto personale, incentrato su amore e famiglia.“Nothing Without Love”, il primo singolo è già una dichiarazione di novità. Ne abbiamo parlato con il diretto protagonista.
Uno degli elementi distintivi della tua musica è la tua voce. Come hai approcciato il tuo primo disco solista?
«Dopo mesi di lavoro, nel momento in cui ho deciso di cantare gli ultimi cambiamenti della mia via, stavo finalmente dicendo quello che pensavo, per la prima volta sono a mio agio nella mia pelle. Per questo sto facendo un album solista. Dal momento in cui io e Jeff abbiamo iniziato a registrare “We Are Young”, c’ė sempre stato un legame quasi magico tra di noi, perciò l’ho voluto. Jeff sa come appassionarsi ai brani in un modo in cui io, che sono un artista un po’
autolesionista, mi trovo a dire”wow!”. Lavorando con Jeff ho iniziato ad apprezzare le canzoni che stavo scrivendo.»
Hai avuto con te anche il musicista e produttore Emile Haynie, già con Eminem e Lana Del Rey.
«Ha lavorato alle percussioni praticamente per tutti i brani. Noi tre abbiamo vissuto anni pazzeschi ultimamente, ci siamo avvicinati moltissimo registrando in una casa in affitto a Nichols Canyon a Los Angeles e dobbiamo tanto l’uno all’altro. Cantavo il pezzo a Jeff e lui sapeva immediatamente ogni accordo che volevo ascoltare. In un’altra stanza della casa, Emile lavorava ai beats, aveva questi sample pazzeschi di batteria degli anni Sessanta e Settanta, ed era perfetto per me, tutto quello che desideravo per i miei pezzi era un aggancio che suonasse alla Fleetwood Mac. Ma lui ci aggiunge poi anche un suono hip-hop, e quindi hai il meglio di queste due realtà. E poi c’è anche Josh Klinghoffer, il chitarrista dei Red Hot Chili Peppers, che circa dieci anni fa aveva già collaborato all’album di The Format, la mia vecchia band, e Jeff Tweedy dei Wilco che suona la chitarra nella ballata “Take It Back”.»
E con Beck che è ospite in “I Guess That’s What This World Is Coming To”?
«È andata bene, nel senso che gli avevo chiesto di fare qualcosa per me prima che vincesse i Grammy. Menomale, è rimasto fedele alla promessa e ci siamo visti a casa sua sull’Oceano, un posto meraviglioso. Per me lui è stato sempre un riferimento e la mia musica gli è piaciuta. Per la maggior parte delle canzoni, i temi sono molto personali, in una maniera che neanche io potevo immaginare. Man mano che venivano fuori le canzoni mi sono resto conto che stavo scrivendo un album molto personale e sono contento di aver avuto la partecipazione di uno dei miei idoli, che mi diceva: ma no, va bene così. Il punto è che dopo il duetto con Pink volevo una voce più bassa accanto alla mia.»
Sei cosciente che con quel duetto la tua carriera ha preso una svolta?
Pensa che non volevo nemmeno farlo. È stata un’esperienza davvero entusiasmante anche se io non volevo cantare, stavo dando solo una mano alla stesura del testo. Poi lei mi ha detto: dovresti farlo tu il duetto, e io speravo sempre che arrivasse qualcun altro a farlo fino all’ultimo. Mi sembrava troppo pop, ma poi quando l’ho inciso mi sono reso conto che era una cosa che mi rendeva felice. Quella che sentite nella canzone è la seconda prova cantata che ho fatto.»
Sei famoso per le canzoni d’amore. Grand Romantic si riferisce a te?
«Alla fine mi rendo conto che il romanticismo è l’unica cosa che voglio. Mi fa un po’ ridere, ma aver dedicato tutto un album alla mia fidanzata mi fa capire che mi sto aprendo a una scrittura personale e cercando di assaporare ogni momento bello che mi capita. Non è stato sempre così, mi sono perso grandi felicità perché ero molto frenato nelle emozioni. Anche quando ho vinto un Grammy sono rimasto tranquillo.»
Come è cambiata la tua professione da quando sei artista solista?
«Mi piace molto stare in compagnia di me stesso. Approvo le mie foto, decido le mosse coi manager, mi sento di essere in un momento di sfida. La cosa che non dimentico è l’affetto della mia famiglia, nelle canzoni nuove parlo dei miei genitori con riferimenti diretti o meno in almeno 4 passaggi. I Fun? Non ho avuto tempo di parlare molto con loro negli ultimi mesi, sono stato molto impegnato. Penso che qualche membro della band abbia solo ascoltato dei provini quando le canzoni erano ancora solo abbozzate.»