Pensi alla musica latina e ti vengono in mente pericolosi tormentoni confezionati a Miami un attimo prima che esploda il gran caldo. E invece quest’anno arriva la dolce voce di Natalia Lafourcade, cantautrice messicana al suo sesto album che con Hasta La Raiz ci riconcilia con le altezze della creatività non chiassosa dei nostri cugini d’oltreoceano. Lafourcade è un’artista che ha scartato una carriera sicura in mondi dance anglofoni per riscoprire dapprima la tradizione colta del suo Paese, e poi un metodo efficace per comporre musica inedita.
Natalia, è la tua prima volta in Italia, ci dici come ti senti a lanciare un prodotto che ha avuto già successo in patria?
«Qui sono appena arrivata con la mia musica, magari mi conoscono per avermi sentito in radio ma non di persona. È molto importante avere la spinta dei fan in patria perché sono fortunata ad avere un sostegno di persone che comprano quello che produco. Con quest’album per la prima volta mi sono data l’opportunità di scavare nelle emozioni e far emergere ciò che era sepolto. Ho ritrovato la mia anima e il mio cuore. Ho ritrovato la mia voce, l’ho lasciata libera di esprimersi e di volare ed è un passo importante per me.»
Quando hai deciso di intraprendere un percorso cantautoriale?
«Qualche anno fa mi sono cimentata con la musica di Agustín Lara, u n compositore poeta e cantautore messicano vissuto nel secolo scorso e volevo reinventarmi. Dentro di me cresceva ogni giorno di più la voglia di tornare a cantare repertorio originale. Ho dovuto attendere il momento giusto, tornare in contatto con me stessa e guardarmi nel profondo, perché più di ogni altra cosa volevo tornare a cantare in modo sincero e puro.»
Dove hai lavorato?
«Los Cabos, Veracruz, Colombia, Cuba e Las Vegas. È grazie all’amore e al dolore causato dalla fine di una storia che sono riuscita a scrivere di nuovo con grande intensità e ispirazione, a fare qualcosa che mi tocca nel profondo e che mi fa venire voglia di tornare sul palco con le mie canzoni e il cuore in mano. “Hasta la raíz” è una canzone mi ricorda la forza che ho dentro di me. Abbiamo tutti la stessa forza, quelle radici che ci sostengono, e anche se il nostro albero diventa grande, loro sono sempre lì. In quest’epoca in cui il mondo va a mille all’ora e tutto cambia nel giro di un attimo, credo sia importante ricordare chi siamo e da dove veniamo. Ovunque andiamo, portiamo con noi la nostra preziosa verità per evitare di rimanere confusi in questo infinito universo. In questa canzone ho ricordato le mie origini e confermato il mio indirizzo, per ribadire da dove vengo e dove vado.»
Nunca es suficiente invece è molto struggente, parla di un amore non corriposto.
«Una sera Daniela Azpiazu, vocalist dei Maria Daniela y su sonido láser, con la quale ho un bel rapporto d’amicizia, è venuta a casa mia. Sebbene fossimo diverse, c’era un elemento che ci identificava: l’amore con i momenti di amarezza che comporta. Così abbiamo deciso di affogare i dispiaceri nel vino e raccontarci le nostre pene d’amore in una canzone che ci avevano chiesto quella settimana. Appena l’abbiamo finita, ci siamo rese conto che dovevamo assolutamente eseguirla e includerla in un album dei Maria Daniela y su sonido láser oppure di Natalia Lafourcade. Ora potrò farla conoscere al mio pubblico, è una canzone semplice, quasi superficiale, ma molto profonda e suggestiva per il senso di dolore che esprime”.»
A cosa punti?
«Voglio riconnettermi con il folk sudamericano, con un atteggiamento di ricerca, voglio parlare alla mia gente, è una sfida con me stessa. La musica stessa sta cambiando, il Messico è diventato il centro più grosso per tutti i paesi di lingua spagnola in cui venire per farsi ascoltare. E io voglio essere ascoltata, aprendomi alle persone.»
Ci sono degli aspetti del tuo lavoro che ti piacciono di più?
«È importante essere consapevoli che la popolarità ti offre considerazione da parte delle persone. Voglio metterla a disposizione di cause benefiche, a volte è successo. Sono convinta che la musica sia arma potente perché sveglia la coscienza di chi la ascolta. Grazie alla mia musica le associazioni benefiche mi hanno chiesto di sostenere cause importanti, anche se non mi sento così avanti nella mia carriera da essere molto influente.»
E cosa ti attrae della scrittura?
«Recuperare la disciplina del comporre. Prima scrivevo tutto con molta disorganizzazione ma era un modo per mantenere le canzoni spontanee. A volte registro delle idee sporadiche sul cellulare poi le riordino e devo imparare agli strumenti le mie stesse canzoni.»
Hai avuto delle esperienze in America, cosa ti ricordi?
«A 17 anni sono stata a Boston prima del primo disco per un corso estivo. Ma non ho mai sentito necessità di scrivere in inglese a dire il vero. In Canada successivamente ho trascorso un anno perché chi mi seguiva mi aveva consigliato di imparare a scrivere canzoni contemporanee e in inglese, ma me ne sono andata, non era la mia strada così come non ero fatta per rimanere nelle band.»
Non collaborerai più con nessuno, quindi?
«Sono contenta di aver raggiunto l’equilibrio con la mia musica. Costantemente perà i miei dischi cambiano e vorrò fare collaborazioni. Dipende un po’ dal sentimento del momento, ora mi attraggono molto Los Cojolites, sono musicisti messicani con molto talento.»