Claudio Di Palma firma “SportOpera” un segmento del Napoli Teatro Festival Italia 2017 nato con l’intento di recuperare l’originale relazione tra arte e sport; un ricco programma che utilizza molti spazi dell’Accademia di Belle Arti di Napoli che conferma così la sua natura di fucina di talenti e di arte in genere. All’interno del programma sono previsti di pomeriggio degli incontri con personaggi del mondo della cultura che parlano di sport. In particolare “Per un atto di fede” è l’incontro che ha tenuto Maurizio De Giovanni, che firma anche un vero e proprio spettacolo dallo stesso titolo, tratto dal suo libro “il resto della settimana”, interpretato da Paolo Cresta. Chi conosce lo scrittore sa anche del suo amore per il Napoli, la squadra di calcio, ma quello che non si piò immaginare è che questo amore è una vera e propria fede che lo ha portato a conoscere tutto sulla squadra. Con il suo spirito di osservazione, con la sua ironia De Giovanni ha raccontato l’episodio che caratterizza un momento di svolta nella storia della SSCN: quello da lui stesso definito come “la presa di Torino”, cioè la memorabile vittoria del Napoli sulla Juventus del 1987, il mitico, leggendario Juventus – Napoli 1-3. Un momento ulteriore per apprezzare lo scrittore che nelle vesti di narratore ha deliziato il pubblico presente.
Sempre nello stesso pomeriggio basta fare pochi passi per entrare in una strana atmosfera. Le stanze della scenografia trasformare in antri fantastici pronti ad accogliere “Eptathlon” la performance installazione che racconta sette storie di donne, sette storie di sport; lo spettacolo si ispira all’Eptathlon, una competizione tutta al femminile dell’atletica leggera open, in cui le atlete affrontano sette discipline tra corsa e lancio: il calcolo di particolari coefficienti determina la classifica finale. Da questa ragione di confronto, in sette tappe, nasce questo lavoro che è la proposizione di sette condizioni del corpo di sette donne che in modo diretto o traslato si relazionano allo sport. Il pubblico viene guidato lungo un percorso diviso in sette stanze dove, grazie a splendide scenografie, essenziali ma di grande impatto, si svolgono le storie. Tutte molto differenti tra di loro anche perché in alcune si recita, in altre si danza, in altre ci sono azioni e parole, ma tutte unite dall’essere storie di donne legate allo sport. La preparazione al tuffo, la voglia di non fare passi falsi e cadere nel non conosciuto è Shammy, il momento “raccontato” ( in realtà è danzato) da Sara Lupoli, Apnea è il ritorno alla prima volta che abbiamo respirato, un monologo di grande impatto visivo reso molto bene da Alessandra Asuni; Ciclosofia è lo strepitoso monologo con Sabrina Scuccimarra eccezionale interprete che racconta le profonde differenze nell’approccio alla vita e al tempo tra i ciclisti e gli automobilisti con ironia e divertimento. Ci voleva una donna per dare un senso nuovo all’alpinismo, inteso non più come una sfida sul quanto si scala, ma come concezione di vita; il merito è di Nives Meroi protagonista del monologo L’illusione degli 8000 interpretato da Manuela Mandracchia. Concludono il percorso “Soltanto seconda” che racconta di Helene Mayer con Fabrizia Sacchi. Il delirio della mente umana è Penelope=Una con Autilia Ranieri e il bel Nastro dei ricordi con Nadia Baldi.
Bella l’idea che è alla base del lavoro, brave le interpreti, il pubblico segue con interesse (nonostante il fortissimo caldo) e s’immerge appieno nei sette petali del fiore “sport”, trovando in esso l’arte nelle sue infinite declinazioni.