Il Cortile Centrale della Reggia di Capodimonte ha ospitato per il Napoli Teatro Festival Italia, lo spettacolo La vita davanti a sé con protagonista il grande Silvio Orlando che ha dato voce a Momò in una prova attoriale intensa e coinvolgente. Egli è riuscito a portare lo spettatore nelle pagine del libro con una leggerezza non di mestiere ma di sentimenti restituendoci tutta la complessità di un personaggio molto sfaccettato. Orlando è Momò a dispetto dell’età, Orlando è Momo ed il suo dramma, Orlando è Momò con la sua lucidità da adulto nel porsi domande e nell’impossibilità di vivere senza qualcuno da amare. Sarebbe stato facile indulgere al pietismo e alle lacrime dei personaggi di Dickens mettendo in scena la storia di un orfanello, abbandonato a se stesso in una corte dei miracoli. Silvio Orlando ne fa un bambino/adulto consapevole delle difficoltà della vita e bisognoso di affetto ma già grande nei pensieri e nelle azioni anche quando vende il cagnolino Silver e getta i soldi in un tombino pentito di quel gesto o si fabbrica un amico immaginario con un manico di un ombrello. Se non fosse consapevole dei suoi comportamenti sarebbe già stato spedito in un orfanotrofio gestito dai servizi sociali. Il suo testardo attaccamento a Madame Rosa è commovente nella sua semplicità. È l’unica persona che lo ha sfamato, lo ha accudito e che lo tratta da uomo. Assistendo allo spettacolo abbiamo ricordato anche l’infanzia di Edith Piaf che trascorse molto tempo in una casa di tolleranza circondata da persone di varia umanità come Momò e nata nello stesso quartiere Belville.
La vita davanti a sé ha la potenza dei grandi romanzi che hanno la capacità di prestarsi a diverse interpretazioni e Silvio Orlando ne coglie tutte le sfumature e l’attualità di un autentico capolavoro.
Accanto a lui sul palco, valenti musicisti: Roby Avena (fisarmonica), Simone Campa (direttore musicale-chitarra battente-percussioni), Leonardo Enrico Baion (clarinetto-sax), Cheikh Fall (kora-djembe) che con le loro armonie etniche hanno sottolineato i momenti salienti della rappresentazione che si è conclusa con un brano al quale ha partecipato lo stesso Silvio Orlando in qualità di flautista, rivelando buone doti musicali.
Le scene di Roberto Crea e le luci di Valerio Peroni hanno contribuito a decretare il successo dello spettacolo che ha riscosso molti e sentiti applausi da parte del pubblico.
La vita davanti a sé è tratto dall’omonimo romanzo di Roman Gary, scrittore lituano naturalizzato francese, morto suicida nel 1980. Pubblicato nel 1975 da Mercure de France con i diritti teatrali della prestigiosa Casa Editrice Gallimard e con lo pseudonimo di Emile Ajar, ottenne il Premio Goncourt nello stesso anno malgrado Gary avesse già vinto tale riconoscimento vent’anni prima con il romanzo Le radici del cielo, evento unico nel panorama letterario francese.
Il romanzo è stato più volte adattato per il cinema e il teatro. Nel 1977 è stato infatti trasposto nell’omonimo film per la regia di Moshè Mizrahi con una immensa Simone Signoret Casco d’oro nel ruolo di Madame Rosa e Samy Ben-Youb in quello di Momò. Il film vinse l’Oscar come miglior film straniero nel 1978.
Prossimamente su Netflix ne vedremo un’altra versione sceneggiata da Ugo Chiti e Edoardo Ponti che ne cura anche la regia con: Sophia Loren, Ibrahima Gueye, Renato Carpentieri e Massimiliano Rossi. Dal set blindatissimo si è solo appurato per il momento che le vicende si svolgono a Bari e la nostra Sophia dal fascino mediterraneo è stata notevolmente imbruttita con un trucco sapiente per interpretare al meglio Madame Rosa.
La vita davanti a sé narra la storia di Mohammed, soprannominato Momò, un ragazzino arabo che viene allevato e cresciuto da Madame Rosa in un appartamento al sesto piano di una palazzina fatiscente nel quartiere di Belleville a Parigi. La donna, una vecchia mondana ebrea scampata ai campi di concentramento, si occupa di crescere i figli delle prostitute che per legge non possono tenerli con sé e riceve mensilmente un mandato di pagamento per il loro mantenimento.
Momò è sveglio, intraprendente ed assetato di affetto. Davanti ai suoi occhi attenti e meravigliati sfilano personaggi di varia umanità: trans, drogati, bambini abbandonati dai genitori come il piccolo Moise, il magnaccia Monsieur N’Da Amèdèe, il dottor Katz che cura Madame Rosa e minaccia di portarla in ospedale, Nadine una doppiatrice di film che potrebbe essere per Momò una madre perfetta, Madame Lola ex boxeur senegalese divenuto prostituta richiestissima nelle banlieux parigine.
Un giorno bussa alla porta un omino di nome Kadir Youssef che è appena uscito dal manicomio criminale dove è stato rinchiuso per molti anni con l’accusa di omicidio. Si tratta del padre di Momò che vuole riaverlo con sé. Madame Rosa si oppone e l’uomo muore per una crisi cardiaca. Intanto la salute della donna peggiora e Momò non vuole lasciare la sua benefattrice che stanca e malata di lì a poco morirà tra le sue braccia. Lui la veglierà per giorni interi dopo averla cosparsa di profumo e truccata un’ultima volta.