Nadia Rinaldi è impegnata in un tour teatrale con “Gente di facili costumi”, commedia di Nino Manfredi e Nino Marino, diretta e interpretata da Walter Croce. La pièce sarà in scena al Teatro Tirso de Molina fino al 26 marzo. Nell’intervista che segue Nadia Rinaldi rivive alcune momenti importanti della sua carriera e della sua vita privata.
“Gente di Facili costumi” è il titolo della commedia che ti vede impegnata in un tour teatrale con Walter Croce…
«Una commedia diventata un cult, che a distanza di 30 anni risulta essere ancora molto attuale. Il mio personaggio è quello di Anna, una donna che esercita la più antica professione del mondo. Rientra a casa alle quattro del mattino, sbatte rumorosamente la porta d’ingresso, apre i rubinetti della vasca da bagno, ascolta la musica ad alto volume. Ugo (Walter Croce), che abita al piano di sotto, uno scrittore, squattrinato sceneggiatore di film intellettuali che non trovano produttori, è stanco di essere svegliato ogni mattina alle quattro, quindi sale a protestare. I due si conoscono e inizia una convivenza inaspettata a seguito dell’appartamento allagato di lui dalla vasca di lei e allo sfratto per morosità. Un uomo e una donna provenienti da realtà diverse s’incontrano e iniziano a sostenersi a vicenda, contro una società che in qualche modo li rifiuta. È una bella storia d’amore, fatta di momenti divertenti, allo stesso tempo drammatici, che fanno riflettere».
È la prima volta che porti in scena questo ruolo. In che modo ti sei avvicinata al personaggio?
«Il personaggio è stato ambientato a Roma, come anche la storia, quindi ho cercato di avvicinarmi ad Anna, andando a rovistare nell’archivio di quei personaggi che hanno lasciato delle tracce, delle impronte molto forti, come ad esempio Monica Vitti, che come sanno tutti è la mia musa ispiratrice. Nonostante Anna sia una prostituta, non è mai volgare. È un po’ come una bambina. Infatti ha un sogno da realizzare, quello di comparsi una giostra. C’è veramente tanta poesia dietro questo personaggio, che considero molto affascinante».
Il tuo esordio teatrale risale al 1988 con “Liola”, spettacolo diretto da Gigi Proietti. Cosa ricordi in particolare di quel periodo?
«Ricordo tutto come se fosse ieri. Entrare a far parte del laboratorio di Proietti è stata una svolta della mia vita. Ero una ragazza semplice, diplomata al liceo artistico con tanti sogni da realizzare. Il teatro, però, ha sempre fatto parte della mia vita. Sia alle medie che alle superiori, ogni volta che c’era una rappresentazione teatrale, venivo sempre coinvolta. Finita la scuola, a 20 anni, mi sono iscritta al laboratorio di Gigi Proietti, poiché volevo in qualche modo formarmi con quella caratteristica comica da lui rappresentata. Da quel momento la mia vita è cambiata. Sapevo quello che volevo fare e quello che avrei fatto».
Molte fiction all’attivo, quanto ti manca la televisione?
«A dire il vero non mi manca. La televisione in qualche modo mi spaventa. Amo il teatro e il cinema e una televisione che purtroppo non c’è più e con la quale sono cresciuta e che ha fatto in modo che mi appassionassi sempre di più al mio mestiere. La televisione che vediamo oggi non ha nulla a che vedere con quella di un tempo. Anche quando mi invitano come ospite ad un programma, mi rendo conto quanto sia cambiata. Sembra quasi un obbligo dover litigare per fare audience. Questa cosa proprio non mi convince. Credo che si possa fare un dibattito anche in maniera elegante, con un bagaglio linguistico appropriato. Quando si parla in televisione devi stare attenta a non mandare messaggi sbagliati, dove l’educazione deve regnare suprema. Purtroppo alla fine sei costretta ad arrabbiarti perché ti ritrovi coinvolto in una discussione, dove è veramente difficile mantenere la calma».
Per quanto riguarda il cinema ci sono progetti in cantiere?
«Il cinema mi fa un po’ soffrire negli ultimi anni perché sono poco richiesta e questo lo dico con molta tranquillità e con grande dolore. Credo di avere la giusta esperienza che possa dare delle garanzie. Si cresce e quindi ci si aspetta che ti vengano affidati dei personaggi di un certo spessore. A volte ti vedono ancora come una ventenne ed hanno paura di affidarti un ruolo più maturo. L’ultimo lavoro bello e interessante che ho fatto per il cinema è “Razzabastarda” di Alessandro Gassmann, in cui interpretavo una madre che aveva perso una figlia. Non finirò mai di ringraziare Alessandro per l’opportunità che mi ha dato. Altro film che ricordo particolarmente è “Non escludo il ritorno” dove interpretavo l’ultima compagna di Franco Califano. Fortunatamente ci sono stati dei ruoli che hanno mostrato un altro aspetto di me, più maturo rispetto alla Nadia Rinaldi di anni fa. Se dovessi tornare a fare un film comico non nego che mi piacerebbe farlo in coppia con Christian De Sica. Tra di noi c’è molto feeling. Ci capiamo senza neanche guardarci. Mi piacerebbe lavorare anche con Brizzi, Massimiliano Bruno, Genovese. In Italia ci sono molti registi bravi e negli ultimi anni si stanno producendo dei film che rispecchiano molto lo stille della classica commedie all’italiana, dove si piange e subito dopo si ride per sdrammatizzare».
Sei anche madre di due figli, cosa ti aspetti per il loro futuro futuro?
«Sono molto spaventata come mamma. Essendo una donna sola mi preoccupa la loro crescita sia per quanto riguarda l’aspetto educativo, sia di progettazione per il loro futuro. Mio figlio Riccardo sta seguendo un po’ le mie orme dei suoi genitori. Ha scritto un testo molto bello insieme a suo padre e adesso sono in scena con questo spettacolo “Lasciami Volare”. È u bravissimo autore, ha fatto anche delle esperienze teatrali, nonostante tutto sono preoccupata e mi arrabbio sempre con lui, poiché credo sia giusto non affrettare i tempi. Deve prima dedicarsi allo studio e vivere queste ultime esperienze come un gioco. Poi c’è mia figlia Francesca che frequenta la terza elementare. Purtroppo per lei non avendo un padre presente è un po’ più doloroso. Credo che i figli abbiano bisogno dell’amore di entrambi i genitori. L’assenza di un genitore può essere giustificata a mio avviso solo dalla morte. Se sono in vita e non si occupano dei propri figli, li ritengo poco responsabili».