Il nuovo Pecci, Centro per l’arte contemporanea, è stato inaugurato a Prato nella sua veste architettonica rinnovata, dopo tre anni d’inattività.
La scommessa che i protagonisti della riapertura (il Comune di Prato, la Regione Toscana, il Consiglio della Fondazione Pecci) hanno più volte palesato è stata quella di andare oltre la sola funzione espositiva e far vivere i 3mila metri quadrati di spazio attraverso una sala cinema, un ristorante, collegamenti rafforzati tra Firenze e Prato ed un biglietto unico che permetta di visitare il Centro Pecci e Palazzo Strozzi.
Fabio Cavallucci, direttore del museo intitolato a Luigi Pecci, ha curato l’evento inaugurale, si tratta di una mostra dal titolo ‘La fine del mondo’ che riunisce 50 opere di artisti internazionali.
“Il titolo – spiega Cavallucci – nasce dalla considerazione che ciò che abbiamo conosciuto finora è obsoleto. L’esposizione non vuol essere, dunque, la rappresentazione di un futuro catastrofico imminente ma insieme presa di coscienza della condizione di incertezza in cui versa il nostro mondo e riflessione sugli scenari che ci circondano”.
Il percorso prevede che il pubblico entri nella nuova avveniristica ala, ‘Sensing the waves’ realizzata dall’architetto olandese Maurice Nio: si tratta di sorta di navicella spaziale dorata che ha raddoppiato gli spazi, e che si trovi di fronte a un’installazione dell’artista svizzero Thomas Hirschhorn, uno sfondamento da cui escono i resti di un’altra dimensione.
I lavori presentati sono molto diversi tra loro, spesso si tratta di opere che si devono attraversare. L’esposizione raccoglie interventi di artisti come Jimmie Durham ed il cubano Carlos Garaicoa, oltre che dei cinesi Qiu Zhijie e Cai Guo-Qiang.