Sono le 21 e 10 e il teatro Bellini di Napoli è pieno di gente che aspetta l’inizio di “Mummenschanz”. In sala il pubblico non riesce a stare zitto: tutti hanno qualcosa da dire sullo spettacolo, anche se nessuno dei chiacchieroni lo ha mai visto. Mormorii d’eccitazione, risatine e soprattutto parole, parole e ancora parole riempiono la sala. Poi, quasi all’improvviso, le luci si spengono e davanti al sipario una mano gigante saluta gli spettatori ammutoliti. Ed è così che inizia la magia!
Sul palco si susseguono una serie di sketch fatti di silenzio e ombre, di forme che cambiano e di corpi che si evolvono. Bocche, nasi, occhi, volti, maschere multiformi, tubi … ognuno con la sua storia, ognuno con la sua voglia di comunicare.
A parlare al cuore della gente sono i famosi “oggetti desueti”. I musicisti del silenzio, infatti, hanno deciso di accogliere e riciclare ciò che solitamente tutti noi rifiutiamo. Ed ecco che in due ore di spettacolo si ha modo di ammirare un vero e proprio “ripostiglio del ciarpame” composto da migliaia di oggetti che solitamente buttiamo e che, improvvisamente, risultano eterni e indispensabili.
Descrivere la bellezza di un semplice foglio di carta che parla, o di un tubo che cerca disperatamente di attirare la vostra attenzione e farvi giocare a palla con lui, non è una cosa semplice. La verità è che “Mummenschanz” è uno spettacolo da vedere, o meglio da sentire. Sentire come sentimento, sentire come percezione.
Ogni oggetto fa rumore con la sua semplice presenza e due occhi non sono sufficienti a contenere tanta meraviglia. Floriana Frassetto, cofondatrice della compagnia teatrale, mi aveva detto che in questo spettacolo ognuno ci vede quello che vuole. Io sono convinta che tutti abbiamo visto la stessa cosa, ciò che è cambiato è stata la nostra intensità emotiva. Abbiamo ascoltato le forme, sentito la loro crescita e gioito del loro cambiamento. Alla fine di tutto, forse ci è sembrato di tornare al punto di partenza, ma niente era più uguale a prima.
Abbiamo scoperto che si possono raffigurare le lacrime e le chiacchiere e anche le dichiarazioni d’amore con dei semplici rotoli di carta igienica e che i polipi non vivono solo in fondo al mare. Ci siamo riscaldati con un fuoco dalle fiamme fatte di luci e poi, alla fine, sincronizzato il battito del nostro cuore con quello del cuore gigante che sul palco ha augurato a tutti gli spettatori la buona notte.
Quando lo spettacolo silenzioso è finito, nessuno spettatore ha aggiunto parole inutili: ognuno era perso nei labirinti dei suoi pensieri, fatti di zone d’ombra e figure illuminate.
Solo un bambino, nella sua ingenuità e innocenza ha saputo sintetizzare il miracolo visivo a cui tutti noi abbiamo assistito: «Hai visto papà? Proprio come accade nei sogni!»
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