Capitano, a volte, felici e inaspettate interazioni tra il Pan e il Blu di Prussia come nel caso di Rosaria Matarese e Andrea Branzi. Rosaria Matarese sarà al Pan, Palazzo delle Arti di Napoli, fino al 10 aprile. Ha insegnato da sempre negli Istituti d’Arte (Avellino, Torre del Greco e Napoli) e tutt’ora insegna nel liceo artistico Suor Orsola Benincasa come docente di Tecniche Artistiche, discipline plastiche e pittoriche, e segue piccoli gruppi di allievi nel suo studio. Agli inizi, giovanissima, agisce in piena sintonia con Linea Sud, gruppo in contatto con le avanguardie più interessanti. Il percorso al museo comincia con i lavori realizzati con tecniche miste e collage realizzati negli anni Sessanta appena terminata l’Accademia delle Belle Arti di Napoli in cui studia con il figurativo Giovanni Brancaccio. Le sue opere sono estremamente materiche e mantengono un figurativo traslato nei cosiddetti “praticabili”, secondo la definizione di Mario Persico, dove c’è di tutto: elementi di collage, disegni, frasi, foto, elementi in legno trovati sulla riva del mare (“Non li cerco, sono loro a chiamarmi, a suggerirmi cosa vogliono diventare. Ed io li aiuto”). Negli ultimi anni, proprio i praticabili sono diventati piccoli, quasi tascabili.
Il Blu di Prussia (Via Filangieri 42 – Napoli), invece, presenta – in collaborazione con Antonia Jannone disegni di architettura Milano – la nuova personale dell’architetto e designer Andrea Branzi, tra i maggiori esponenti del design neomoderno e fondatore, assieme ad altri, del collettivo Archizoom Associati (1964-1974) primo gruppo di avanguardia noto in campo internazionale; e al quale, nel 2016, il dipartimento di design del Centre Pompidou di Parigi dedicherà una personale che trova il fulcro nella serie di sculture-maquette “Dolmen” acquisite nel 2015.
Troviamo FLAT, una “Collezione di modelli di pannelli d’uso, che si collocano cioè tra il quadro dipinto e la consolle; decorati a mano accolgono nicchie e mensole su cui poggiare libri, lampade, vasi, elementi di arredo. I FLAT sono progetti ibridi, di nuova generazione, che contamina l’arredamento domestico con la sacralità dell’arte; due categorie tradizionalmente opposte, che oggi si sovrappongono: pitture tridimensionali e scaffalature d’arte. In un’epoca come la nostra, dove i confini tradizionali delle specializzazioni tendono a sfumare, i FLAT testimoniano che nuove tipologie sono possibili e nuove esperienze funzionali aprono la strada a superfici più espressive destinate a trasformare le nostre superfici decorative in micro-spazi accoglienti e segreti”. MAQUETTE/DOMUS, invece, sono un esperimento di indagine del confine tra design e arte dove oggetti provenienti da diverse categorie ed epoche storiche si fondono in un unico spazio ideale: frammenti di antiquariato, mosaici romani, affreschi pompeiani, cineserie e oggetti disegnati da Branzi stesso sono accostati a libri, computer e prodotti di consumo. Né arredi, né oggetti decorativi, queste opere combinano e condensano, come meditazioni inconsce, immagini, materiali e ricordi frammentari di un uomo che vive tra il consumismo dei giorni correnti e gli alti riferimenti culturali del passato.
Tra le due mostre, una certezza, Marcel Duchamp e i suoi splendidi ready-made, oggetti comuni associati per dare loro dignità artistica, il concetto supera l’opera stessa e la tecnica diventando oggetto di culto per la sola presenza in un luogo istituzionale. Ovviamente, ne è passato di tempo, e il clamore è notevolmente scemato: ormai oggetti semplici, combinazioni e mix di stili non fanno certo più notizia soprattutto in un’epoca come la nostra in cui è d’obbligo sfumare le arti e la vita in generale.
Un percorso che consiglio per vedere dove sono arrivate una parte di queste evoluzioni duchampiane. Ricordo anche che al Pan, possiamo trovare una grande mostra, a cura di Maria Savarese, dal titolo Uomo che cammina in cui, fino al 17 aprile possiamo celebrare Gianni Pisani e i suoi colori di grande e bellissimo impatto. Il primo quadro dell’artista risale all’età di nove anni, inverno 1944, chiuso in bagno e con la complicità della madre. Al marito la donna raccontava che soffriva di mal di pancia e il povero Gianni, perciò passava ore e ore chiuso in bagno. Tutte scuse, naturalmente, in realtà si trattava dell’unico modo per dare al ragazzino la possibilità di sfogare la sua arte senza che il padre si infuriasse.
Tutti e tre gli artisti hanno poi in comune l’età, diciamo che erano giovani negli anni ’70 e possiamo quindi fare un interessante excursus sulla nostra storia artistica, in particolare campana con Matarese e Pisani.