Angelo Longoni (classe 1956) è un regista e sceneggiatore italiano. Nato a Milano, si è diplomato alla Civica Scuola d’Arte drammatica Piccolo Teatro. Ha lavorato per alcuni anni come attore, firmato diversi testi, regie teatrali, televisive e cinematografiche e ha pubblicato alcuni romanzi e racconti. È una persona a modo e dal punto di vista lavorativo è impeccabile. Non si ferma mai, spazia dalla tv al cinema, fino al teatro con una semplicità assurda. Lo abbiamo intervistato per l’uscita del suo ultimo lavoro “Modigliani”, spettacolo teatrale che vede in scena uno degli attori più importanti del momento, Marco Bocci.
Finalmente in scena Modigliani. Ci parli di questo progetto?
«Raccontare la vita e l’opera di Amedeo Modigliani oggi, non significa solo rendere omaggio a uno dei pittori più famosi e amati al mondo ma anche rendere omaggio a un periodo storico. Dietro all’autore delle donne dal collo lungo c’è una vita vissuta in uno dei momenti più dinamici, movimentati, e stimolanti della storia del ‘900 europeo. Raccontare Modigliani significa rappresentare anche una delle storie d’amore più famose e commuoventi che abbiano mai riguardato un artista. Quattro personaggi reali ma anche simbolici che scandiscono i diversi periodi della sua arte e della sua vita affettiva. I quattro personaggi femminili attraverso i quali si percorrerà la vita parigina di Amedeo sono: Kiki di Montparnasse, prostituta e modella famosissima nell’ambiente artistico parigino. Quando la conosce Amedeo è appena arrivato nella capitale francese. La figura di Kiki è importante nella vita di Modì perché segna l’incontro con un mondo nuovo e sconosciuto per il giovane livornese. Attraverso Kikiviene in contatto con gli atteggiamenti liberi e disinibiti dell’ambiente artistico e, nella sua testa, l’idea borghese dell’arte viene soppiantata da quella boehmienne. Grazie a Kiki conosce tutti gli artisti dell’epoca: Utrillo, Picasso, Soutine, Brancusi, Rivera. Ed è Kiki però che gli fa amare tutto ciò che lo porterà alla distruzione: hashish, oppio e assenzio: “la fata verde”. Anna Achmatova, poetessa russa, magra, alta, bel viso, capelli neri, occhi da cerbiatta, sposata col poeta Nikolaj Gumilev. Tra di loro nasce un amore spirituale e carnale, profondo e pieno di rispetto reciproco. La Achmatova sarebbe potuta diventare il vero grande amore della vita di Amedeo, la donna perfetta per lui, ma era troppo legata alla sua terra di origine ed era sposata. Anna estrae il meglio da Amedeo, lo fa parlare e riflettere, sa anche contraddirlo, i loro discorsi sull’arte mettono in luce le sue convinzioni. Beatrice Hastings, ricca bella, colta, 5 anni più grande di lui. Divorziata da un pugile. Femminista, progressista. Una giornalista che scriveva da Parigi e inviava le “Impressions of Paris” al quotidiano britannico The New Age. Figura di primo piano nei circoli bohèmien della capitale francese. Con Amedeo Beatrice ha una controversa relazione da conviventi. Lei posa per numerosi suoi dipinti e disegni. Il loro è un grande amore, ma è anche caratterizzato da scenate furibonde. Beatrice ha un forte influsso su Modì ma, insieme, i due fanno scintille, entrambi sono passionali, litigiosi e rancorosi. Beatrice crede nel talento di Amedeo, lo spinge a fare solo il pittore e a lasciar perdere la scultura per la quale Amedeo ha un’autentica passione. Il marmo è pesante ed è difficile da spostare e da scolpire, la polvere che produce fa malissimo ai polmoni e gli causa tosse e crisi respiratorie. Beatrice lo aiuta in tutti modi, gli paga tele e pennelli, lo fa mangiare ma è anche troppo dominante e impositiva e non concepisce che l’arte non abbia uno sbocco commerciale immediato. I due, dopo una tormentata relazione, si scoprono incompatibili. Finalmente nella vita di Amedeo entra la giovanissima Jeanne Hébuterne. Amedeo, vicino a Jeanne, sembra un altro, ma la su salute è minata dalla tubercolosi. Quando Jeanne rimane incinta del secondo figlio, Amedeo muore all’Hospital de la Charitè.»
Come è avvenuta la scelta del cast?
«Il progetto nasce attorno a 3 elementi di partenza: il mio testo, la mia regia e la presenza di Marco Bocci che io già conoscevo. Poi il resto del cast si è composto attraverso provini normalissimi. Ho incontrato una trentina di attrici e ho scelto quelle che avrebbero partecipato allo spettacolo.»
Per la regia, che tipo di soluzioni hai trovato? Ci può parlare anche dell’apparato scenografico e della scelta della musica?
«Per raccontare la vita e l’arte di un pittore non si può non utilizzare un impianto scenografico che punti sull’immagine e sul colore. Ho voluto utilizzare proiezioni che invadessero totalmente la scena di colori e immagini. Volevo creare un impatto visivo forte e pieno di colori. Gli stessi quadri di Modigliani appaiono giganti, scomposti e in movimento. Il teatro, al contrario del cinema, ha un’impostazione scenica fissa, non c’è il primo piano o il dettaglio. Con le proiezioni ho risolto il problema mettendo lo spettatore nella possibilità di entrare nella pittura di Modigliani. Le musiche di Sakamoto hanno la capacità assoluta di smuovere in me l’emotività, uniscono la poesia, la delicatezza e la potenza. Ho scelto Sakamoto nella speranza che le sue musiche ottenessero anche nello spettatore le razioni che suscitano in me.»
Secondo lei esiste oggi un personaggio come Modigliani, capace di donare se stesso, la propria vita, la propria arte, fino alla morte e che sia in grado di combattere per i propri ideali e per la propria libertà?
«Purtroppo queste persone, quelle che sacrificano la propria vita in nome dell’arte, sono nell’ombra, sono sconosciuti, non vengono riconosciuti. È storia recente, due attori si sono tolti la vita poche settimane fa. E molti altri artisti sono costretti a vivere nell’indigenza e nelle difficoltà perché viene preclusa loro la possibilità di lavorare. È un momento storico molto duro, in un’economia a pezzi i primi settori a soffrirne sono quelli dell’arte e della cultura. Facciamo parte di un ambiente che è il primo ad essere sacrificato in nome dei tagli indiscriminati. Avviene anche nella sanità, nella scuola figuriamoci se non avviene in un campo che non interessa a nessuno dei nostri politici. Le arti sono sempre più un fatto che riguarda un’aristocrazia salottiera, lavora chi appartiene a gruppi di potere o consorterie. È il principio della mafia o della massoneria, identico: ci si aiuta in virtù di un’appartenenza. Gli altri sono fuori.»
Marco Bocci è un attore noto a tutti per le sue interpretazioni al cinema e in televisione. Come ti sei trovato a lavorare con lui sia dal punto di vista teatrale che da quello umano?
«Credo di parlare in modo reciproco. Abbiamo avuto un rapporto sereno e solido. Ci troviamo quasi sempre d’accordo sulle scelte interpretative. Lui è una persona generosa, un attore pieno di energia, educato al teatro, sensibile e profondo. Questo spettacolo è molto faticoso per lui che è sempre in scena, sia vocalmente che fisicamente. Non si risparmia mai e anche con le sue compagne di lavoro è pieno di attenzioni ed è sempre paziente.»
Dove collocheresti questo spettacolo all’ interno del tuo percorso artistico? Hai mai provato a suddividere la tua vita in capitoli?
«Credo nel potenziale del teatro di incidere sulla società. Divido il mio lavoro in due: critica della società attraverso il racconto impietoso dei nostri difetti e richiamo alla nostra storia e alla nostra cultura. Le mie commedie da una parte, sia quelle cinematografiche che quelle teatrali e anche i film televisivi. Dall’altra alcune esperienze biografiche: Caravaggio, Modigliani, Mitri. Cerco sempre di pensare che ogni storia che racconto debba essere innanzi tutto spettacolo. Anche le storie più importanti e tragiche devono avere una parte di intrattenimento e autentico senso dello spettacolo. Il complimento più bello che mi è stato fatto per Modigliani è che lo spettacolo è fruibile da tutti, anche da chi non è un esperto di storia dell’arte. In questo è molto democratico perché può essere comunque emozionante a più livelli di lettura.»
Oltre a “Modigliani” ci sono altri progetti?
«Ho in mente parecchi progetti ma mi scontro sempre con la problematica della loro fattibilità economica. Ho tre film in cantiere ma manca sempre una parte del budget per chiuderli. Spero che almeno un paio si chiudano nei prossimi mesi. Poi c’è il teatro che è il mio primo amore. L’anno prossimo andranno in giro per l’Italia i due spettacoli di quest’anno: L’amore migliora la vita e Modigliani. Poi dovrei fare una commedia nuova con la compagnia di L’amore migliora la vita. Ho altre due regie che sto definendo in questi giorni. Poi metteranno in scena un mio testo ma non con la mia regia: Ostaggi. Questo spettacolo debutterà al festival di Borgio Verezzi. E poi sto lavorando a un testo su un personaggio che affascina molto, il cattivo per eccellenza, l’uomo più odiato e vituperato della storia dell’umanità: Giuda.»