I Talèh, estrosa e singolare band siciliana di canto popolare, rientra in circolo con Mistera, il nuovo lavoro discografico, a sei anni di silenzio da Ratapuntu, album di eclatante riconoscimento. Mistera viene anticipato dal singolo “Scunciuru” e si compone di undici tracce: Mistera Intro, Mistera, BedduNostru Signuri, I Cientu Puzza, Patruna o Loucu, Caricaricci, A’ Nciuria, Quannu, U Signuruzzu Truvatu, Rimmi Pueta, Scunciuru il singolo d’anticipo, come indicato poc’anzi. Mistera, in uscita oggi, lunedì 15 giugno, sarà presentato alla stampa mercoledì 17, e venerdì 19 in concerto presso il Teatro di Donnafugata, nella località di Ragusa Ibla. Con questo nuovo progetto i Talèh confermano la passione fuori da ogni schema che producono in musica, quella popolare, che si esprime attraverso ballate a suon di ritmi variegati, quella che canta le radici di un luogo, non solo quello della Sicilia, ancor più dell’Iblea, con attenzione assai dedicata. In occasione del lancio dell’Ep, abbiamo dunque scelto di incontrare la verve appassionata dei Talèh in un curioso scambio di “battute”.
Mistera fiorisce a sei anni da Ratapuntu, il precedente lavoro discografico. In questo spazio temporale quale riscoperta ascoltiamo nelle note di Mistera?
«In questi anni è cresciuta sicuramente da parte nostra e in maniera naturale, l’attenzione per il nostro territorio, e non sto parlando di quello siciliano in generale, ma degli iblei, probabilmente un effetto della glocalizzazione di questi ultimi anni. Ci siamo addentrati in storie e leggende della nostra terra che sono state una scoperta vera e propria anche per noi: il nostro vaso di Pandora che in realtà è stato appena aperto e che continua a essere una infinita sorgente di ispirazione.»
Anche in questo nuovo lavoro si proclama un distacco da ogni etichetta, qual è il messaggio che lanciate con la vostra musica?
«Da produttore ho sempre anteposto l’aspetto antropologico del progetto Talèh a quello musicale. Ci piace pensare presuntuosamente che Mistera possa essere considerato, tra 100 anni, un vero e proprio contributo sonoro allo straordinario patrimonio artistico della tradizione popolare iblea. Non a caso la dedica del disco recita “Ai nostri nonni e ai nostri nipoti”.»
Undici brani in lingua tipicamente sicula…avete mai pensato che il fascino accattivante del vostro stile potesse esprimere anche un ostacolo all’orecchio di chi ascolta?
«In parte penso di aver già risposto a questa domanda in quella precedente. Non è un problema che ci poniamo. Le etichette non ci interessano e poi, così come il disco precedente, la musicalità dei brani ha conquistato ascoltatori di tutto il mondo senza ricorrere al classico zumpa zumpa con cui ahimè viene spesso etichettata la musica popolare. E questa è una grande soddisfazione.»
A me ha colpito la partenza ritmica e l’evoluzione in stile pienamente ballata di A’ Nciuria; qual è, se c’è per voi, un pezzo che prediligete tra gli undici che compongono Mistera?
«Credo che ognuno abbia la sua preferenza, io penso che il brano più rappresentativo e che riassuma in qualche modo sia il tema del disco che l’evoluzione dei Talèh sia Scunciuru (ppiccù nun vò corna), il nostro singolo. C’è dentro praticamente tutto, il Mistero, la musicalità, il rito, il ritmo, l’assoluta minuziosità dell’arrangiamento vocale che è da sempre la peculiarità della band.»
Un prodotto discografico ricco di note, suoni e parole dal tocco vivacemente colorato..pronte ad esaltare il legame con le vostre origini, la terra siciliana, l’infinita allegria delle danze popolari. Come è nata la passione per la musica..questa musica: Quando vi siete riconosciuti in un momento di ascesa?
«Talèh progettualmente esistono da vent’anni, ma solo da dieci (da quando abbiamo deciso di esistere discograficamente) ci dedichiamo con più attenzione alla ricerca e all’innovazione. E’ solo un caso che adesso ci sia questo ritorno alla musica dialettale, noi l’avremmo fatto comunque, e ad ogni modo non ci interessa affermarci o ottenere riconoscimenti, lo facciamo per arricchire il repertorio popolare, questo per noi dovrebbe essere il senso di questo tipo di musica.
La gente crede che Nasca Patasca (il singolo di Ratapuntu) sia un brano della tradizione popolare. Questo è il più grande successo che potevamo aspettarci.»
Scunciuru è il pezzo che anticipa l’uscita dell’intero album, il singolo, insieme a tutti gli altri, in che modo sono stati scritti? C’è un motivo ispiratore che li accomuna, oppure possiamo esaltarne in ciascuno un singolo leitmotiv?
«L’ispirazione è comune in quasi tutti i brani, ci si riferisce sempre a un rito, un racconto o una leggenda di cui si è sentito parlare sin da piccoli ma che non si conosce nei particolari ( e questo ne alimenta la fascinosità) Un modo alternativo di raccontare la storia, cantandola. Con disinvoltura in parte tentiamo di alleggerire e a tratti dissacrare l’inquietudine legata a un fenomeno occulto, parlando di aspetti legati magari all’umanità dei protagonisti di questi racconti. Come ne “ I 100 puzza”, ad esempio, che trae spunto da una leggenda legata a questa contrada nella periferia del ragusano, e parla di 100 demoni capricciosi e permalosi che mai avrebbero avuto modo di esistere se non per la goffaggine di un giovane (vero protagonista) che incurante lascia aperta la tabacchiera in cui lo zio li custodisce.»
Il 19 giugno Mistera sarà presentato presso il Teatro Donnafugata di Ragusa, in occasione della conferenza…le vostre attese e aspettative?
«In realtà da anni c’è grande attesa per questo lavoro, inscindibilmente legato a Ragusa ma soprattutto ai suoi abitanti, che in questi anni hanno dimostrato grande attenzione per le proprie origini e per il nostro modo di fargliele conoscere. E noi non chiediamo altro, per il resto andiamo avanti comunque, adesso ci stiamo prendendo gusto.»
Una curiosità: Talèh il vostro pseudonimo nasce dal riferimento ad un elemento di tradizione popolare della maestosa Sicilia?
«La scelta del nome “Talèh” è ispirata a due diverse significazioni: da un lato, in dialetto, l’espressione “talè” vuol dire “guarda!” e sta, letteralmente, a indicare la volontà di attirare l’attenzione su qualcosa o qualcuno; dall’altro, nella musica del trecento, “tàlea” era la ripetizione di una struttura ritmica, ovvero, la prima, rudimentale forma della moderna isoritmia, la base della musica popolare. Nella mitologia greca, Talia era anche la musa protettrice della commedia, e questo ci dice qualcosa di alcune (non di tutte) delle nostre tematiche predilette.»