Un intreccio tra classicità e comicità…un contenuto di modernità insieme alla tradizione. Al Teatro Sannazzaro di Napoli torna a rivivere la grande commedia. In scena dal 30 Gennaio, Miseria e Nobiltà, un capolavoro scarpettiano in tre atti che Benedetto Casillo presenta in una riproposizione che lui stesso ha definito “asciutta”. Quindici gli attori protagonisti della tradizione partenopea che riportano in auge la magistrale rappresentazione teatrale: Marco Lanzuise (nella veste di Vincenzo e del cliente), Ingrid Sansone (Bettina), Enza Barra (Gemma), Angelo Murano (march. Ottavio Favetti), Giuseppe Fiscariello (Biase), Gennaro Morrone (Gaetano Semmolone), Luca Gallone (Eugenio Favetti), Davide Lengo (Peppeniello), Ettore Massa (Luigino Bellezza Mia), Luciano Piccolo (Gioacchino Castello), Patrizia Capuano (Luisella), Manila Aiello (Pupella), Maria Del Monte (Concetta), Matteo Salsano (Pasquale) Benedetto Casillo (che si muoverà nella doppia presenza di attore, oltre che di regista, interpretando immancabilmente Felice). Tutto pronto per un’imperdibile occasione che il cast regalerà al pubblico appassionato ed in attesa di assistere alla “commedia delle commedie” abbiamo incontrato Benedetto Casillo in una piacevole chiacchierata.
Benedetto lei porta in scena un capolavoro scarpettiano, quali sono gli elementi su cui si fonda il rifacimento di questa magistrale commedia?
«Non lo definirei un vero e proprio rifacimento, ho cercato piuttosto di rispettare le epoche e i costumi, snellendo il linguaggio per renderlo maggiormente riconoscibile nel contesto in cui lo andiamo a riproporre…decisamente più fluido, più svelto, una riproposizione dunque in chiave moderna. Il contenuto volutamente resta lo stesso; Ad esempio ho scelto di riportare le stesse parole, anche quelle “antiche”, quasi “astruse” direi, di modo da suscitare la curiosità delle persone. Certamente si tratta di una rappresentazione che “veste” tanto il mio modo di recitare, una tecnica teatrale essenziale, non sbrodolata, libera dalle tipiche “carrettelle” di una volta.»
Una commedia che incarna l’intreccio tra tradizione e classicità. Nella sua Miseria e Nobiltà, quanto resta di questo nodo e soprattutto quali sono le aspettative?
«La prima aspettativa è quella di scongiurare ogni confronto (che sarebbe perso in partenza) in quanto sappiamo che Miseria e Nobiltà è tra i titoli più famosi che incontriamo nel mondo teatrale, in modo particolare grazie alla versione cinematografica di Totò, sebbene esista un’altra versione di uguale valore inneggiata da Edoardo De Filippo. In questa versione, porto in scena una rappresentazione libera da ogni imitazione o altra forma di “scimmiettatura”, con l’intento unicamente di omaggiare, ricordare e riproporre in maniera adattata al mio stile. Si tratta di un testo che riecheggia il ritratto di una società in bianco e nero oggi pienamente trasformata ed ognuno può esplorarla nella chiave che meglio ritiene rappresentabile, lasciando al pubblico ogni forma di interpretazione, di curiosità, di sensazione. Nella versione che porto in scena, ad esempio, ci sarà una riverenza iniziale che non è presente nel testo originale bensì nella versione cinematografica poc’anzi menzionata….il resto poi…strada facendo.»
Una domanda che potrà apparire banale…nel corso della sua carriera, lei si è mai ispirato a Totò che riconosciamo altresì in qualità di principale protagonista di Miseria e Nobiltà?
«Assolutamente no. Ancor di più nella ripresa di Miseria e Nobiltà dove la mia presenza è completamente singolare direi e asciutta riproporrei, se non fredda, laddove l’obiettivo diventa essenzialmente quello di far ridere con un ritorno alla semplicità, con un distacco da tutto il circuito di effetti speciali a cui la televisione moderna ci sta abituando. E’ un po’ un modo per recuperare ogni forma di stupore che stiamo dimenticando, facendo rivivere il bambino che è in ognuno di noi, riscoprendo il sentimento di ingenuità, una parola che a me piace tanto!»
Benedetto,una carriera la sua, poliedrica e variopinta, da cabarettista ad attore, autore di testi teatrali e di pellicole cinematografiche. Il suo legame con Luciano De Crescenzo che ricordiamo con sottile attenzione.
«Si tratta di un rapporto prima di tutto, di intensa amicizia…all’epoca frequentavamo entrambi una cantina, in zona Mergellina, proprio di fronte alla stazione, si chiamava Vini&Cucina e tutt’oggi esiste. Un luogo frequentato generalmente da operai del posto che con sistematicità si fermavano lì. Ed io puntualmente mi incrociavo con Luciano e così nel tempo, lo scambio di “chiacchiere” diventò sempre più “fitto” e dall’amicizia, nacque poi la collaborazione artistica che mi resero protagonista di alcune delle sue cinematografie tra cui, il celebre Così Parlò Bellavista, Il Mistero di Bellavista. Odiernamente continua ad esserci un grande affetto ed enorme stima che mi lega a Luciano con il quale mi sento con regolarità. »
Lei nasce con Renato Rutigliano, con il duo I Sadici Piangenti. Di quel momento storico-artistico, c’è un ricordo intimo che conserva?
«Innanzitutto il ricordo di Renato, un gran signore del teatro, una mente effervescente, disegnatore, fumettista, una persona davvero straordinaria. Oltre ciò ricordo che quello era il periodo di grande fervore artistico, gli anni ’70 sono stati ricchi di tanto fermento artistico.»
Miseria e Nobiltà: di Benedetto Casillo, con Benedetto Casillo. Quanto porterà in sala di Casillo attore, quanto trasferirà al pubblico di Casillo uomo.
«Non riesco a scindere il Casillo attore dal Casillo uomo ed il messaggio che lancio e quello che più mi appartiene: rispetto e emozione, insieme, inscindibili. »