Agognato, sognato, desiderato, Angelo Branduardi è finalmente approdato a Napoli con il suo Camminando Camminando tour 2015 ed ha stravolto, affascinato e conquistato profondamente il pubblico dello splendido Teatro Bellini. Un palco scarno ma elegante, con sei grandi lampadari stile ‘800 accesi. Quattro i musicisti che accompagnano il maestro in questo spettacolo, Michele Ascolese (chitarre); Stefano Olivato (basso) e armonica a bocca; Leonardo Pieri (tastiere e fisarmonica) e Davide Ragazzoni (percussioni). Inizia con un bellissimo discorso sulla potenza della musica, e parla di due elementi, uno legato al corpo e l’altro all’anima, che primeggeranno nelle due parti del concerto, «che sembrano nettamente differenti – racconta Branduardi – però perseguono lo stesso scopo e l’uno più l’altro costituiscono l’unione del diavolo e l’acqua santa, anche il musicista è bipolare, per metà lupo e per metà agnello». E conclude il discorso dicendo: «Se la musica provoca visione è liberatoria. È la liberazione dei sensi. È la liberazione dalle cose materiali della vita. È uno sguardo gettato al cielo al di là del muro, quindi è la festa della potenza della libertà, del corpo e dell’anima, e in questo senso io vi auguro e, auguro anche a me e ai musicisti, che festa sia! Divertitevi.»
Ed è stata una meravigliosa festa alla corte del maestro messèr Angelo Branduardi, unicum nella storia della musica italiana, che inizia a cantare Si può fare, (1993), un bellissimo elogio alle molte possibilità che la misteriosa vita ci offre, “si può fare, si può crescere, cambiare e continuare a navigare”.
Seconda canzone, la meravigliosa Gulliver (1980), la cui melodia è ispirata dalla ballata Bretone “Ev Chistr ‘Ta, Laou!”, e racconta dell’incontro tra Gulliver e i Lillipuziani.
Domenica e lunedì (1995), canzone tratta da una poesia di Franco Fortini, poi La serie dei numeri (1976), ripresa di un canto popolare della Bretagna presente nella raccolta Barzhaz Breizh, e, ancora La ragazza e l’eremita (1994), canzone non scritta da Luisa Zappa, moglie di Branduardi, e uno se ne accorge subito. Inizia il siparietto sull’album, L’infinitamente piccolo, sulla vita di san Francesco d’Assisi, con tre canzoni meravigliose, Il cantico delle creature, Il sultano di Babilonia e la prostituta, che nella versione originale dell’album Branduardi canta in duetto con Franco Battiato, e, La predica della Perfetta letizia.
In una mia vecchia intervista, gli chiedo di come sia arrivato alle laude, che poi racconta anche durante lo spettacolo questa sua risposta. «Mi sono state commissionate – risponde Branduardi – come si usava appunto nel ‘700/’800, fatto dal sacro convento di Assisi. Per mesi sono venuti a parlarmi e per mesi io ho detto di no, finché l’ultima volta mi hanno conquistato con una frase geniale, cioè io ho chiesto loro: Ma perché lo chiedete a me che sono un peccatore? E loro hanno risposto: Perché Dio sceglie sempre i peggiori.» Allora mi sono messo a ridere e gli ho risposto: Il peggiore l’avete trovato, il peggio del peggio. E, proseguendo nella mia intervista, gli chiedo perché si ritenesse il peggiore: «Perché sono un peccatore, gli artisti lo sono comunque, trasgrediscono qualche cosa, nel senso che, per produrre qualche cosa di nuovo, bisogna varcare una linea di frontiera, per cui io definisco gli artisti metà lupi e metà agnelli. La musica, fatta dai santi, sarebbe noiosa, infatti, nessun grande musicista è mai divenuto Santo».
E finisce il primo tempo dello spettacolo con due grandi capolavori, Ballo in fa diesis minore (1977), musica che si rifà al ballo friulano Schiarazula Marazula del XV secolo che accompagnava riti esorcistici, pervenutaci grazie alla raccolta del 1578 di Giorgio Mainerio. Mentre il testo è tratto dall’iscrizione sull’affresco della Danza Macabra nella Chiesa di San Vigilio a Pinzolo (TN), realizzata dal pittore bergamasco Simone Baschenis da Averaria tra il 1519 e il 1539. E l’altro capolavoro di successo è La pulce d’acqua (1977).
La seconda parte inizia con una canzone che scrisse all’età di 18 anni, conosciuta dai giovani perché ripresa nella canzone La Fitta Sassaiola Dell’ Ingiuria, da un giovanissimo Caparezza all’inizio della sua carriera, Confessioni di un malandrino, il cui testo è ispirato ad una poesia di Sergej Esenin.
«C’è una bellissima espressione giapponese – racconta Branduardi – che traduce la parola creatività, loro dicono serena malinconia, che è bellissima, perché, è vero, c’è una serenità malinconica, con l’età ho quasi imparato che la musica più bella è quella triste. Molto spesso, continua Branduardi, mi sveglio prima dell’alba e suono dalle 5 alle 9 del mattino nel mio studio. La situazione è indistinta, perché non si capisce se sono sveglio o non lo sono, se sono sogni. È indistinta perché le cose ancora non si vedono, sono avvolte dall’oscurità, poi sorge il sole, e, nel momento in cui tutto si definisce, la malinconia e la serenità spariscono…»
Una seconda parte all’insegna di una musicalità più acustica, con canzoni come la bellissima fiaba La luna (1975), dove la luna sembra avere i sentimenti di una bambina, o Sotto il tiglio (1976), in cui Branduardi riprende un lied medievale tedesco, Unter der Linden di Walther von der Vogelweide, o Il dono del cervo (1976), stupenda canzone di grande significato che racconta del singolare incontro di un nobile con un cervo. Continua con La favola degli aironi (1976), curioso che esegue ancora una canzone tratta dal meraviglioso album Alla fiera dell’est, brano che non ha presentato in questo spettacolo, che forse qualcuno si aspettava. Prosegue in questo suo meraviglioso viaggio musicale con La canzone di Aengus il vagabondo (1986), ancora una canzone tratta da poesie, stavolta quelle di William Butler Yeats.
Poi presenta tre brani estratti dal suo album del 2013, Il rovo e la rosa – Ballate d’amore e di morte, in cui Branduardi fa una ricerca sulle ballate inglesi del periodo elisabettiano, ed esegue Barbrie Allen, Rosa di Galilea e Lord Franklin. Termina la seconda parte dello spettacolo con una “cadenza”, così viene chiamato l’assolo di violino, in cui il grande maestro Branduardi si affida completamente alle corde del suo violino, ed è inutile dire che è un abile violinista magicamente incantatore.
Ma la raffinata eleganza melodica di messèr Branduardi raggiunge il suo culmine nei due bis, con la famosissima Cogli la prima mela, che ha un nuovissimo e incredibile arrangiamento e Cercando l’oro, in cui finalmente coinvolge il pubblico invitandolo a cantare con lui.