Lei è Carmen Lina Ferrante alias Melina, classe ’96 che di suo, anche se giovanissima, vanta una bella carriera densa di collaborazioni, di musica e di teatro. E dunque oggi non ci stupisce nel sentirla approdare ad un suono che dal pop d’autore davvero prende direzioni anche bizzarre, soluzioni e arrangiamenti sfarzosi, eclettici, goliardici in un certo senso. Deforma la normale forma canzone con spirito e personalità restituendoci un risultato davvero interessante. Si intitola “Esiste!” questo suo primo Ep d’esordio e in rete, a suggello di quanto appena detto, ci guardiamo il video ufficiale del singolo “Come hai detto?”. L’identità, l’emancipazione ma soprattutto il riconoscersi. Una priva prova bella davvero.
Benvenuta a Melina che di certo non è con questo primo disco che fa il suo esordio nel mondo della musica. Cosa ti ha spinto invece a pubblicare “Esiste!”?
«In questi anni in cui ho vissuto a Bologna frequentando il conservatorio di canto jazz e studiando con Albert Hera, ho coltivato l’improvvisazione vocale e da lì hanno iniziato a nascere le mie canzoni. Improvvisare è un rito meditativo che faccio con me stessa ogni giorno e da cui spesso vengono fuori delle canzoni intere dall’inizio alla fine. Per questo ho scelto di avviare questo progetto solista: ho voluto iniziare a condividere le mie creazioni, in particolare quelle in italiano e con un testo, cercando di fare degli arrangiamenti particolari che rispecchiassero un po’ i colori e le immagini che vivono nella mia testa. Un qualcosa che ho procastinato per molto tempo e a cui ho voluto dare il via raccogliendo quattro brani importanti in questo Ep, “Esiste!”. Il titolo nasce dal fatto che quando non ero ancora capace di creare la mia musica non credevo fosse davvero possibile realizzarla, nonostante ne avessi già un’idea. Un Ep per iniziare ad esistere al di fuori del mio piccolo mondo».
Bel titolo tra l’altro… oggi esistiamo secondo te o sopravviviamo?
«Penso che la tendenzialmente siamo molto distratti, alle prese con un mondo che ci vuole sempre produttivi in cui internet ci bombarda di idee ed informazioni costantemente. I momenti di pausa, di riflessione, di vuoto, vengono ormai sempre riempiti da uno schermo. Per questo siamo meno attenti alla bellezza della vita ed ai nostri bisogni e spesso tiriamo avanti senza consapevolezza».
E parliamo di teatro che è anche una tua forte radici. Quanto teatro c’è dentro questo lavoro?
«Il teatro è sicuramente qualcosa che fa parte di me, ma non la cosa principale. È un mondo a cui mi sono affacciata con piacere ma che purtroppo non ho avuto modo di approfondire. Recitare è una mia indole rimasta parzialmente inesplorata. Penso che ci sia un lato recitativo nei miei brani, in particolare nel singolo e nel suo video, in cui in un certo senso interpreto una versione caricaturale di me stessa».
E dal vivo quanto teatro ci sarà ad accompagnarti?
«Sicuramente ci sarà un’influenza nella gestione del live, mi piace pensare che in un concerto ad intrattenere non debba essere solo la musica».
E parlando di teatro parliamo di maschere… quante maschere stai combattendo con queste nuove e prime canzoni?
«La maschera principale che ho rivelato essere tale è senz’altro quella della jazzista seria, nell’ambito degli standard del jazz e dei virtuosismi vuoti che spesso predominano in questo ambiente e che snaturano il jazz stesso. Quello che coltivo dentro di me con sincerità e che ho voluto esternare in questo EP è esattamente l’opposto, ovvero contenuti, sperimentazione e semplicità».