La “Medea di Portamedina” di Francesco Mastriani, da intramontabile capolavoro del dramma storico napoletano, riesce a splendere di una luce sorprendentemente attuale e realistica anche quando viene trasportato su un palcoscenico, sotto i riflettori e, nel caso della versione della regista e drammaturga Laura Angiulli, al di sotto di un salotto e di una camera da letto sospesi in aria a creare una scenografia statica ma in bilico, come il periodo storico che fa da sfondo alla vicenda. In scena gli attori Alessandra D’Elia, Pietro Pignatelli, Federica Aiello, Paolo Aguzzi, Agostino Chiummariello, Michele Danubio, Luciano Dell’Aglio, Caterina Pontrandolfo, Caterina Spadaro, Antonio Speranza, Fabiana Spinosa. Dopo la prima nazionale del 26 aprile, il pubblico potrà assistere allo spettacolo ancora fino al 5 maggio.
L’anno è il 1792, quando Coletta Esposito, “figlia ‘da Madonna”, ovvero orfana cresciuta nella Real Casa dell’Annunziata, racconta e al tempo stesso vive la propria vicenda. Ella ha sposato, contro il proprio volere, un uomo anziano, in seguito alla cerimonia del fazzoletto, durante la quale le trovatelle ormai cresciute e in età da marito ricevono in visita gli aspiranti mariti. Questi ultimi, una volta fatta la propria scelta, lanciano un fazzoletto alla prescelta, che al volo deve raccoglierlo per accettare il proprio futuro marito. Coletta, che accetta di partecipare alla cerimonia solo per poter ricevere la dote di mille ducati dalla sua nobile protettrice, lascia l’odiato marito dopo un giorno, per scappare da colui del quale è realmente e furiosamente innamorata: Cipriano Barca. A quest’ultimo la ragazza affida la propria dote, rivelando di essere così folle dell’uomo da volerlo conquistare in qualsiasi modo, anche “comprandolo”. Una notte, tuttavia, due ladri feriscono Cipriano per poter introdursi nella sua dimora e rubare il denaro, assassinando sua madre. In ospedale Coletta può finalmente conoscere l’uomo e i due iniziano a frequentarsi al punto che Cipriano scioglie il fidanzamento con la sua promessa sposa Lucietta e promette a Coletta di sposarla, una volta che lei avrà annullato il suo precedente matrimonio. Nel frattempo, dai due nasce una bella bimba, ma Cipriano si invaghisce della figlia di una vicina, Teresina, e comincia una relazione con quest’ultima. Coletta e Cipriano non si sposeranno mai, in quanto l’uomo decide alla fine di sposare Teresina. Coletta, presa dalla sete di vendetta e dall’odio si presenta in chiesa il giorno delle nozze per lasciare nelle mani di Cipriano il corpicino senza vita della loro bambina e, presa dalla gelosia, uccide Teresina.
La stupenda trasposizione teatrale della regista ha rinnovato il dramma attraverso vari escamotages, come l’utilizzo di voci corali del popolo, atte a chiarire il contesto storico e culturale della vicenda e al tempo stesso a sospendere i momenti di tensione con battute e detti in dialetto napoletano. Piacevole elemento di sorpresa è stata anche la presenza della musica, delicata ma al tempo stesso intensa, coerentemente alle scene con le quali è stata sposata.
Federigo Verdinois, giornalista, scrittore e traduttore, nel 1881 scriveva di Mastriani: «Egli seziona i suoi personaggi. E così seziona anche voi che gli parlate. Vi guarda fisso, con una curiosa insistenza da magnetizzatore, vi osserva, vi scruta, si figura di leggervi dentro. Ed un suo vanto principale è appunto questo di saper interpretare i caratteri della gente, nient’altro che a guardarla in fronte. Il fatto è che anche in questo la sua osservazione è più fantastica che acuta, ha molto più dell’invenzione che dell’analisi minuta e si colorisce di tinte poetiche, bizzarre e spesso cozzanti insieme». Quello che di poetico, bizzarro e spesso cozzante insieme hanno le tinte della narrazione del romanziere ottocentesco è stato trasportato in maniera convincente sul palco della Angiulli, riuscendo a colorare in maniera appagante la Medea napoletana di Mastriani.