“Un posto vero” è il titolo del nuovo album di inediti del polistrumentista Max Dedo. Il nuovo lavoro discografico, anticipato dal singolo “Inverno maledetto”, si compone di 11 tracce, attraverso cui il musicista, esprime in musica il suo suono interiore. Una lunga e prestigiosa carriera, quella di Max Dedo, che si compone di numerose collaborazioni, tra cui quella con Max Gazzè, Carmen Consoli, Elio e le Storie tese, Daniele Silvestri. Passando per Nicola Piovani, Arisa, Fabrizio Moro, Cristiano De Andrè. Contaminazioni di bella intensità, che hanno esaltato la formazione dell’artista. Uno sviluppo classico il suo, che si è arricchito nel tempo di eterogenee contaminazioni strumentali con all’attivo due album. Il primo inciso nel 2014 con il nome Dedo & The Megaphones, dal titolo Best Master Vol 1. Il secondo nel 2016, solo come Dedo, dal titolo Cuore Elettroacustico. Oggi è in distribuzione con un nuovo concept, sull’onda delle sonorità pulp malinconiche. Un sound ritmicamente leggero, che descrive i contenuti della vita, intorno a cui ruota un’aura, che vede protagonista la dimensione femminile. Con una interessante chiacchierata, abbiamo conosciuto il filo conduttore, che ha ispirato la composizione di “Un posto vero”.
Nel descrivere “Inverno maledetto” dici: “Un brano che parla del mondo femminile visto come un’opportunità per capire il senso della vita”. Come nasce questa canzone?
«Nasce da un puro momento di melanconia, quella che i brasiliani chiamano “saudade”, una parola quasi intraducibile ma non aliena alla nostra cultura. Nella cultura partenopea si chiama “appocundria”, la si ritrova anche nella poesia e nella musica genovese. Ad esempio, la lirica di De André ne è pervasa: una canzone come “D’ä mê riva” è pura saudade. “Inverno Maledetto” è un brano che nasce da sentimenti di solitudine, dalla nostalgia della mia Sicilia, dei cibi e dei luoghi della mia infanzia».
Il brano ha anticipato il nuovo album “Un posto vero”. Ce ne parli?
«È un lavoro completamente nuovo nella sostanza e nei concetti, non possiede alcun rigore stilistico ed è suonato con la freschezza tipica dei bambini senza però essere infantili. Si tratta di una raccolta di episodi di vita vissuta. Le canzoni sono un unico racconto diviso in più puntate in cui non c’è un solo comune denominatore che fa da collante a tutto».
Quali sono le tematiche degli altri brani?
«Tocco più volte il tema dei migranti che mi sta particolarmente a cuore e racconto molto dei disagi delle persone fuori dal coro, persone che non riescono ad esprimersi, che hanno bisogno di più attenzioni e spazio e che nell’epoca della frenesia risultano schiacciate. Persone più sensibili che si trovano in un’epoca che forse non è giusta per loro. Poi racconto della mia terra, la Sicilia e nelle sonorità riporto il mondo di tanti paesi del Mediterraneo».
La tua carriera vanta prestigiose collaborazioni con numerosi artisti italiani. Da Max Gazzè a Carmen Consoli, passando per Daniele Silvestri e Niccolò Fabi, Nomadi. C’è tra loro una personalità alla quale sei più legato?
«Una in particolare è quella di Max Gazzè con cui lavoro da qualche anno. È una collaborazione artistica molto stimolante e ricca di sorprese».
Come componente dell’orchestra Rai del Festival di Sanremo e di numerosi altri programmi televisivi nazionali, hai accompagnato artisti del calibro di Sting, George Benson, James Taylor, Michael Bublè e Caetano Veloso. Cosa ti hanno lasciato queste esperienze? C’è qualche aneddoto legato a una di queste collaborazioni che ricordi in particolar modo?
«Le esperienze vissute fanno parte di me, di quello che sono oggi come professionista e come artista. Per citare un momento particolare, l’ultima edizione del Festival di Sanremo diretta da Claudio Baglioni è stata di grande valore artistico e di arricchimento per noi musicisti».
Il 5 gennaio “Un posto vero” sarà presentato al pubblico con un concerto presso L’ Auditorium Parco della Musica di Roma. Quando partirà il tour? Quanto è importante la dimensione live?
«Il live è il momento che preferisco di più in assoluto, è il momento in cui mi sento più libero. Il concerto del 5 gennaio all’Auditorium sarà una grande festa ricca di ospiti a sorpresa. Ad accompagnare la mia band ci saranno molti strumenti a fiato e una banda di percussioni brasiliane che arricchiranno gli arrangiamenti dei brani del nuovo album».
Max, pensando al tuo “movimento” nella musica, se tornassi indietro sceglieresti lo stesso “suono interiore”?
«La mia carriera e la vita stessa sono in continua evoluzione e ogni giorno riesco a stupirmi per quello che mi succede, non cambierei nulla. Il mio è un lavoro esaltante in continua mutazione, che rispecchia il mio suono interiore».