Sfashion è il titolo del nuovo film diretto da Mauro John Capece, in distribuzione nelle sale cinematografiche. Il regista, premiato più volte per i suoi film presso numerose rassegne nazionali ed internazionali, con questa nuova pellicola porta sul grande schermo la crisi economica in Italia. Cresciuto in una famiglia di imprenditori e commercianti, Mauro John Capece – con la preziosa collaborazione di Corinna Coroneo, che nel film vediamo anche in veste di protagonista – dirige un film degno di lode, affrontando la tematica della crisi sotto l’aspetto umano. Guardando Sfashion si percepisce lo stato d’animo della protagonista e dei personaggi che ruotano intorno alla storia. La frustrazione, il senso di abbandono e lo sconforto lasciano spazio al riscatto finale, alla rivincita personale. Il regista lancia nel finale del film un messaggio profondo e bene preciso, che bisogna affrontare le avversità della vita a testa alta. La protagonista del film è Evelyn, una donna aziendalista, elegante e colta, un’imprenditrice che porta avanti una storica azienda di moda ereditata dal nonno. Evelyn, nei suoi fantastici sogni, parla spesso con il nonno e a lui si ispira completamente: è come se il nonno le donasse sicurezza dall’aldilà. La donna ha un mentore oltre che amico fidato, Bartolomeo, esperto contabile e responsabile amministrativo. L’azienda è in piena bufera finanziaria a causa della crisi e della pressione fiscale esagerata. Evelyn è giunta persino a vivere all’interno dell’azienda pur di salvarla. La crisi si ripercuote fortemente nella vita affettiva e familiare della protagonista. Le giornate di Evelyn sono costantemente scandite da istanze di fallimento e il malcontento degli operai. Ad aggravare irreparabilmente i conti dell’azienda sarà Mr. Cunningham, importante cliente americano, il quale chiede uno sconto sulle forniture. L’imprenditrice si arrende solo con la morte di Bartolomeo, stroncato da un infarto. Evelyn, dopo i funerali, non trova più la forza di lottare. Il personale inizia a scioperare e la situazione precipita. Ma la vita prosegue ed Evelyn va incontro dignitosamente al suo destino.
Intervista al regista Mauro John Capece e all’attrice protagonista Corinna Coroneo
Mauro John Capece:
Cresciuto in una famiglia di imprenditori e commercianti conosci bene la realtà delle imprese. Quando hai deciso di realizzare quest’opera?
«Tre anni fa, prima che la crisi diventasse così grave, mi è capitato di andare in un’azienda di moda, dove era c’era soltanto la segretaria, telai vuoti e tanta tristezza. Tornato a casa, pensai molto a quello che avevo visto. Durante la notte ho sognato l’imprenditore che in faceva la via crucis. Il giorno dopo ho telefonato a Corinna Coroneo, con cui scrivo film ed è anche la protagonista di “Sfashion” e le ho raccontato la mia idea e il sogno. Le dinamiche della crisi le consociamo bene, ecco perché ho voluto evidenziare la parte emotiva che c’è quando una persona, un’azienda va in fallimento. A tutti noi è capitato di avere un parente che ha fatto banca rotta in Italia. Inizialmente si comincia da una brutta notizia, poi se ne aggiungo altre strada facendo, fino a che non arriva il giorno che devi fermarti».
Il finale del film ti era chiaro fin dall’inizio oppure l’hai deciso in corso d’opera?
«Il finale è stata la prima cosa che abbiamo realizzato e scelto come teaser iniziale del film, che tra l’altro ha convinto il nostro produttore Giuseppe Lepore a finanziare il progetto. Credo che il finale rispecchia quella che era la nostra idea inziale, di dare un senso di positività, in cui Evelyn, la protagonista sceglie di uscire con eleganza dall’azienda, di rimanere se stessa nonostante il fallimento. Lei non cede alle cineserie, decide di realizzare l’abito perfetto. Smette di piangere e affronta la vita per quello che è realmente. È u finale che dà molta apertura. In questi tempi di crisi è fondamentale rimanere se stessi. Non è detto che proseguire nella lotta è l’unica scelta giusta da fare».
In che modo sarà distribuito? Sarà presentato anche alla scuole?
«Sarà distribuito nelle sale cinematografiche, presentato ai festival e in seguito anche andrà in onda anche in televisione. Spero che sia un film che resti nel tempo. Non amo realizzare film solo per la fatturazione e vivere. Mi piace che i miei film creino un percorso nella cinematografia».
Quando è durata la lavorazione del film dalla fase di progettazione alla realizzazione del film completo?
«È durata un anno e mezzo. Io e Corinna abbiamo iniziato a scrivere il film e poi abbiamo seguito tutte le fasi della produzione. Poi le si è occupata di recitare ed io di dirigere. Stiamo cercando di fare un percorso alla francese, alla Truffaut, in cui i registi, gli attori e sceneggiatori cercavano di lavorare per uno scopo comune».
Quale tra le scene che hai girato del film ti piaciuta particolarmente?
«Sinceramente un po’ tutte. Sul set si avvertiva una certa sacralità, un’intensità diversa rispetto agli altri film che ho diretto».
Corinna Coroneo:
In “Sfashion” ti vediamo sia in veste di sceneggiatrice che in quella di attrice protagonista. Ci parli un po’della tua esperienza in questo film e del tuo personaggio?
«Sicuramente è stata molto bella la genesi di questo film. Conosco bene quello che si prova anche se per ragioni diverse, quando ci si trova a vivere la chiusura di un’azienda di famiglia. Mio nonno aveva un panificio, e alla sua morte è venuto a mancare anche una staticità familiare, con tutto il turbine emotivo che la situazione aveva creato. Sulla base di questa mia esperienza, anche in fase di scrittura ho provato a mettere di quello che io a livello emotivo avevo vissuto. In fase di sceneggiatura io e Mauro ci siamo documentati molto su quelle che effettivamente passano in Italia gli imprenditori e le imprenditrici in crisi. La nostra attenzione si è basata su un’imprenditrice toscana che vedendosi isolata da ogni forma di aiuto, era arrivata a mettere in vendita il proprio fegato e il proprio rene. Di conseguenza ho cercato di portare questo nell’interpretazione di Evelyn. Mi piace definire il mio personaggio come una ballerina che parte da una piccola notizia negativa che col passar del tempo diventa sempre più grossa. Subentrano dei problemi che non riguardano solo l’aspetto lavorativo, ma anche privato, come la fine del suo matrimonio, il senso di colpa costante nei confronti del nonno, una figura eccezionale nella sua vita, il fondatore dell’azienda. Evelyn balla in questo flusso temporale che la porta verso la fine del film ad una sorta di accettazione di quella che è la sua situazione, e lo fa con grande dignità, con grande forza d’animo e consapevole del fatto che chiusa quella porta e accettata quella situazione, si può comunque continuare a vivere, magari in altro modo. Questo è un aspetto fondamentale del film a mio parere».
Qual è stata invece per te la scena più forte che hai dovuto interpretare?
«Quella che ho sentito di più dal punto di vista emotivo, semplicemente perché c’è stata una forte immedesimazione in base a quella che è la mia esperienza personale è la scena del funerale del nonno di Evelyn. Mi sono calata all’interno di questo personaggio con grande umiltà e in questa scena come anche nelle altre ero un tutt’uno con il mio personaggio».