Il grande e giovane pianista Matthew Lee torna sulle scene con il primo disco per una major. Se l’è accaparrato la Decca Black della Universal quando Mirko Gratton è andato a vedere il musicista dal vivo. Da lì il manager non l’ha mollato e oggi Matthew pubblica Piano Man, un divertente e godibile omaggio del musicista alle sue radici musicali (c’è anche una cover di Nancy Sinatra) ma soprattutto alle sonorità anni 60 che contraddistinguono il suo rock’n’roll. Un disco vintage ma anche contemporaneo che l’arista di Pesaro, dopo 1000 concerti in tutto il mondo, vede a buon giudizio, come un nuovo inizio.
Matthew come hai composto la scaletta del disco?
«Volevo metterci il classico ma anche Bruno Mars, perché io non vivo nel passato, ascolto la radio e prendo quello che mi piace. Per questo, con una squadra di ottimi professionisti, sono riuscito a fare qualcosa di moderno che sento nelle mie corde. E devo dire che la mia voglia di suonare dal vivo non è stata stravolta da queste incisioni».
Tu sei un pianista che va guardato, oltre che ascoltato. Vuoi spiegare perché?
«Perché faccio tutti i trucchi scenici per tenere l’audience incollata alla performance. Suono con energia, mi alzo, uso tutto il corpo, ogni giorno devo riaccordare il pianoforte perché lo uso proprio fisicamente. È il mio modo di esibirmi e quando metto qualcosa su YouTube il successo delle views mi dà conforto».
Ora però sei in una grande casa. Come ti senti?
«Avrei inciso finanche un disco al violino pur di entrare alla Universal. Ma il mondo che mi piace è sempre quello e il pubblico non verrà disorientato. Spero ce ne sia di più, anche se già la tv con Renzo Arbore e Gigi Proietti mi ha dato molta popolarità».
Sei molto conosciuto all’estero, ora è il tempo che se ne accorgano anche gli italiani?
«Confesso che quando sono fuori non faccio nulla per mascherarmi da non-italiano, anche perché il nostro carattere subito svela la nostra provenienza. Però ho fatto tanti tour in Inghilterra, per esempio, e lì i manager mi dicevano: noi ti trattiamo da artista inglese. Quindi non temo di fingere qualcosa. La musica che mi piace parte da Little Richard e passa da Jerry Lee Lewis, quindi quello è il mio riferimento».
Cosa ti aspetti da Piano Man?
«Il talent show non era per me e sono arrivato fino a qui facendo quello che mi piace. Voglio far scoprire la mia voglia di anni 60 attualizzati e far capire che ci sono tanti modi di essere un pianista oggi. Vorrei anche far ripensare la musica: bisognerebbe insegnare il rock’n’roll al conservatorio».