Non so spiegare l’atmosfera che si respirava al Tin per la prima dello spettacolo “Mater Camorra e i suoi figli” adattamento da Brecht di Gianni Sallustro e Nicla Tirozzi anche protagonisti dello spettacolo, una produzione della Talentum Production, in collaborazione con l’Accademia Vesuviana del Teatro e Cinema. La città ha vissuto giorni in sospensione aspettando notizie della piccola Noemi, che è diventata il simbolo della lotta degli innocenti contro il male e la dedica di questo spettacolo a Gaetano Montanino, riconosciuto “vittima del dovere” a dieci anni dalla sua morte, fa volare subito la mente. Finirà mai tutto questo? Ma intanto la vita va avanti ed il teatro serve proprio a raccontare e a far ricordare anche chi è stato l’anima di questo lavoro: Michel del Grosso.
Come spesso accade nelle sue regie Sallustro lavora sugli attori con attenzione maniacale e loro funzionano alla perfezione; in scena la trasposizione in napoletano, con tante idee originali del regista, di “Madre Courage” di Brecht che è stato studiato in uno stage dedicato al suo teatro epico.
Alla prima il numeroso pubblico è stato travolto da un carico emozionale incredibile: Il pubblico al suo ingresso viene accolto dagli attori -animali quasi come se ci si immergesse in un circo: gli attori-animali durante lo spettacolo abbracciano gli astanti, li coccolano ma poi piano piano grazie all’uso sapiente e diabolico degli istinti dell’essere umano si trasformano in bestie e il pubblico rimane ipnotizzato da tanta crudeltà. L’ansia sale, il pubblico resta tramortito e partecipa con vivo interesse all’azione scenica. Non è la prima volta che Sallustro affronta questo lavoro ma in questa versione è riuscito ad entrare nelle pieghe più nascoste del testo ed ha fatto lavorare gli attori ottenendo un ottimo risultato.
“Per me – dice il regista – è fondamentale rappresentare la forza e potenza delle donne che in tempo di guerra, oltre a decidere di poter combattere in prima linea, sopportano un sovrappiù di violenza: gli stupri, la prostituzione coatta oppure la riduzione alla funzione di cura ed assistenza. Anna Fierling, la celebre vivandiera di Brecht, diventa “Anna ‘a squarciona”, mentre i suoi tre figli, Eilif, Schweizerkas e Kattrin la muta, vengono ribattezzati Rafele, Tonino e Catarina”.
Il linguaggio con cui si esprimono gli attori è un insieme dei vari dialetti campani. La “Guerra dei Trent’anni” viene attualizzata nello scontro perenne fra i clan. I costumi ricoperti di soldi macchiati di sangue: il denaro, unico interesse dei camorristi. L’unico elemento scenografico è un carro che, sui quattro lati, è composto da quattro sculture che riproducono le capuane Matres Matutae che, come sfingi, custodiscono l’enigma della vita.
Con Nicla Tirozzi e Gianni Sallustro l’intero cast regala emozioni.